Luigi Benevelli
Prime note al d.d.l. 2584 Sen. Danieli ed altri
"Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica"
Lon. Burani Procaccini, come noto, non ha rinunciato a portare avanti la proposta di revisione della legge 180 e pare intenzionata comunque a battersi con vigore per le proprie tesi. Tuttavia la sua iniziativa non ha raccolto il sostegno pieno nemmeno della maggioranza parlamentare di centro destra, una situazione che ha portato allo stallo attuale dei lavori nella XII Commissione Affari Sociali della Camera.
Il sen. Danieli (AN) insieme ad altri colleghi appartenenti ai gruppi di Forza Italia, Lega, UDC ha presentato il 13 novembre 2003 una proposta dal titolo Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica che appare per molti aspetti significativa, non solo in sé, ma anche rispetto a molte delle posizioni assunte dai parlamentari del Polo alla Camera.
Il titolo parla di assistenza psichiatrica e non di "salute mentale". La scelta non è casuale come dimostra l'articolato.
La relazione introduttiva è di notevole interesse perché si rifà al filone della cultura dei diritti umani e cita il Codice di Norimberga (1946), la Costituzione della Repubblica Italiana, la Dichiarazione universale dei diritti delluomo (1948),la Convenzione europea di Strasburgo per la protezione dei diritti delluomo e della dignità dellessere umano nelle applicazioni della biologia e della medicina (1996) e il parere del Comitato per la Bioetica su Psichiatria e salute mentale del novembre 2000. Parliamo di una dottrina che, come sappiamo, non appartiene certamente al bagaglio dellon. Burani.
Il sen. Danieli proclama la necessità di superare il paternalismo nel rapporto medico/paziente, non mette in discussione gli articoli 33, 34 e 35 della legge 833/78, dà valore al p.o. nazionale Tutela della salute mentale 1998-2000, riconosce la piena potestà alle Regioni, porta grande attenzione al tema della tutela della salute mentale delle popolazioni di immigrati, soprattutto quelli, pare di capire, provenienti dal sud del pianeta.
Nellarticolato, non è assegnato alcun ruolo al Ministero della sanità e nemmeno all'Agenzia di coordinamento delle politiche sanitarie regionali. Questo può contraddire il fatto che il p.o. nazionale 1998-2000 sia assunto come documento di riferimento nazionale. Se si aggiunge che non si parla di risorse finanziarie dedicate, risulta che il tema del "diritto alla salute mentale" rischia di finire col perdere la dimensione di un problema di valore e interesse nazionale (ed europeo).
L'articolo 1, comma 3 configura un' Agenzia regionale che si occupa di "prevenzione, programmazione socio-sanitaria, realizzazione, coordinamento, monitoraggio delle attività di DSM, neuropsichiatria infantile, psichiatria, psicologia (pare di intendere "clinica"), dipendenze" con base nell'assessorato alla sanità, ma integrata dalle competenze dell' assessorato al lavoro. Una tale indicazione non può evidentemente essere vincolante per tutte le regioni, ma ripropone qui (come nel recentissimo piano della regione Lombardia) la questione della pienezza della titolarità ( e della responsabilità quindi) del DSM nelle attività per la salute mentale. In un contesto operativo di tipo aziendalistico, come quello della sanità italiana, situazioni di sovrapposizione fra assessorati ed istituzioni, rischiano di essere confusive, di favorire il rimpallo delle competenze e delle responsabilità, a tutto danno degli utenti e delle famiglie.
Larticolo 2, comma 1 garantisce la copertura dei costi delle attività di prevenzione da parte del "Servizio sanitario nazionale" (che quindi pare si voglia continui ad esistere).
L'articolo 3, al comma 1, attribuisce al DSM le competenze dei servizi per la gestione delle "doppie diagnosi" (dipendenze patologiche e disabilità). La scelta è discutibile perché de-responsabilizza i SERT e i servizi per i portatori di handicap andando a "psichiatrizzare" la gestione di problemi che sono anche, ma non solo, psichiatrici. Il comma 3 estende le competenze del DSM alla medicina psicosomatica ed alle medicine complementari. Il comma 4 prescrive l'attivazione di servizi per l'emergenza:
ܧ presso i DEA, la gestione dell' ASO e dell' osservazione (durata 24 ore)
ܧ con equipes mobili per l'intervento domiciliare e nelle aree metropolitane.
Il comma 7 consente il tso al domicilio; il comma 11 istituisce il tso prolungato, senza consenso della persona della durata di 6 mesi promosso dallo psichiatra del DSM e sottoposto all'autorità del giudice tutelare. Il tso prolungato può essere sostituito dal "contratto terapeutico vincolante" ( comma 12) fra paziente, famigliari, psichiatra "cui spetta lo sviluppo del programma terapeutico-riabilitativo". Il DSM è responsabile dei trattamenti e, addirittura, dell'adesione agli stessi!. Con le norme di cui ai commi 11 e 12, per il paziente non collaborante e per i suoi curanti ( e questo indipendentemente dalle loro singole ragioni), , si configura una condizione caratterizzata da una pesante perdita dei diritti da parte del primo e uno spropositato aumento delle responsabilità per i secondi. Insomma, si prevede di coartare le situazioni affinché "non succeda niente": non è nominato, ma qui ci sta tutto il ritorno del fantasma della presunzione di pericolosità sociale".
Ragionevole appare, allo stato delle cose, a legislazione invariata, la proposta all'articolo 6 per l'assistenza psichiatrica in carcere e OPG, anche se è da notare la scomparsa del termine " salute mentale".
In conclusione, la proposta dei senatori del centro destra , pur confermando gli articoli 33, 34 e 35 della 833/78, inserisce norme che possono configurare una condizione "speciale" per i pazienti di competenza psichiatrica. Essa opera una integrazione della legislazione vigente sui problemi della gestione dell' emergenza/urgenza e di quelli del paziente "resistente-renitente ai trattamenti" che viene deprivato dallo psichiatra dei suoi diritti per lunghi tratti della sua vita, con l'avallo del giudice tutelare.
Colpisce l'interpretazione restrittiva, da parte del centro-destra, degli istituti della legge 9/2004 sullamministratore di sostegno che sono ritenuti inapplicabili almeno per una parte dei pazienti psichiatrici.
Luigi Benevelli
Mantova, 4 maggio 2004
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Carlo Gozio, psichiatra e psicoterapeuta, lavora a Brescia ed è responsabile del Centro Residenziale Terapeutico e del Centro Diurno degli Spedali Civili di Brescia.
Cura per conto dell'Associazione Laura Saiani Consolati il sito www.psichiatriabrescia.it.
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