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Il rapporto con i servizi

Il primo dato èquello relativo alle forme di sostegno economico: il 34,1% dei pazientipercepisce l'indennità di accompagnamento, una quota che si riduceal 22,6% fra i residenti al Sud, e che arriva a un massimo del 67,7% frai pazienti più gravi. Fra coloro che non percepiscono alcun contributoeconomico, la maggioranza (52,5%) ha fatto domanda ed è in attesa,ma una quota consistente, il 30,8%, o non l'ha presentata affatto, o gliè stata respinta (il 14,7% del campione). Sono, naturalmente, soprattuttoi pazienti meno gravi che rinunciano alla richiesta (il 57,6%) informatiche al loro stadio non è possibile ottenerla.

Sotto il profilo dell'accessoe dell'utilizzo dei servizi, nel loro insieme, i dati descrivono un quadrodell'assistenza al malato di AIzheimer deludente e persino preoccupante.Pochissimi sono gli utenti che frequentano un centro diurno, il 7,6%, conuna punta minima dell' 1,4% fra i residenti al Sud, e per la maggioranzadi coloro che ne usufruiscono (63,8%) si tratta di un servizio pnvato apagamento con un costo medio mensile piuttosto elevato (oltre 600.000 lire).

I pazienti che hannoottenuto un servizio di assistenza domiciliare integrata sono ancorameno (appena il 6,1% dei soggetti), anche se in questo caso il numerodi fruitori aumenta fra i familiari dei pazienti più gravi (16,1%).Il servizio, poi, appare ancora di portata ridotta: in media 7,4 ore settimanalidistribuite nell'arco di circa 4 giorni.

Anche il ricoveroin strutture sanitarie e/o assistenziali risulta un fenomeno moltolimitato. Si tratta, essenzialmente, di ricoveri in strutture acarattere sanitario a totale carico del Sistema sanitario nazionale, valea dire ospedali, cui si è rivolto, nell'arco dell'ultimo anno, il19,8% dei pazienti, soprattutto i più gravi, fra i quali la frequenzadei ricoveri sale al 30,8%, per un totale, in media, di circa 19/20 giornidi degenza. La motivazione del ricovero è legata principalmentealle patologie associate (37,8% dei casi) o all'espletamento di procedurediagnostiche nella fase iniziale di comparsa dei sintomi (18,6%).

Il ricovero in strutturesocio-assistenziali (case di riposo), siano esse a pagamento, gratuiteo parzialmente convenzionate, costituisce un fenomeno quantitativamenteirrilevante. In questi casi, seppure limitati (si tratta di un totale di22 casi), alla base del ricovero ci sono, invece, prevalentemente le esigenzedi sollievo temporaneo della famiglia dai compiti di assistenza (nel 63,6%dei casi) o i disturbi comportamentali del paziente che pongono al caregivere alla sua famiglia grossi problemi (22,7%). Per queste ragioni i periodidi degenza in queste strutture sono più lunghi che nel casodell'ospedale e, nel corso dell'ultimo anno, sono stati in media di quasi54 giorni.

A fronte di un ricorsoai ricoveri decisamente limitato, la totalità dei pazienti ha usufruito,nel corso dell'ultimo anno, di prestazioni sanitarie: assistenza medicanell'88,8% dei casi, farmaci (84%), esami di laboratorio (61%). Per quantoriguarda invece i servizi di natura 'non sanitaria', complessivamente oltreil 30% degli intervistati utilizza collaboratrici familiari a pagamentoe il 13,8% ha ricevuto assistenza da personale sociale (assistenza domiciliareo intervento dell'assistente sociale).

Fra i caregiverintervistati nell'indagine, che essendo iscritti ad associazioni di familiaricostituiscono un campione patticolarmente sensibilizzato alle problematichedella malattia e informato sulle possibilità di intervento, il 48,6%si rivolge a un centro medico in grado di affrontare i problemi posti dallamalattia di Alzheimer presso il quale si reca con una frequenza piuttostoassidua: nella maggioranza dei casi (51,4%) mensile. Sono soprattutto ipazienti ai primi stadi di malattia che utilizzano questi centri (il 61,2%dei malati lievi contro il più esiguo 29,7% dei più gravi)evidentemente motivati dall'esigenza di una diagnosi precisa e di informazionichiare sulla malattia, sugli interventi più adeguati e sulle possibiliterapie.

L'importanza che rivestela possibilità di usufruire dell'assistenza di un centro specialisticoè chiaramente testimoniata dal fatto che nella quasi totalitàdei casi (88,9%) gli utenti di questi servizi se ne dichiarano completamentesoddisfatti anche se per alcuni la lontananza di questi centri dall'abitazione(distanza che è, mediamente, di oltre 60 chilometri e che talvoltasupera i 90 chilometri) rappresenta un comprensibile motivo di lamentela.

Un'attenzione a partemerita il tema dell' informazione. Dall'indagine emerge che il78,2% dei caregiver intervistati ritiene del tutto (42,1%) o quasi deltutto (36,1%) insufficienti le informazioni di cui dispone sulla malattiae la situazione risulta ancora peggiore per quanto riguarda gli interventipossibili di cui si dichiara sufficientemente informato appena il 6,6%del campione. E' al Centro Italia che la situazione appare più drammatica,mentre al Nord-ovest ne emerge una relativamente migliore.

Rispetto alle fonti,è emerso che il medico specialista risulta la piùcitata fonte informativa (48,1% del campione), cui fanno seguito le associazionidi familiari di malati e i mass media (rispettivamente richiamatedal 16,9% e dal 16,1% degli intervistati), mentre i medici di famigliahanno rappresentato una fonte informativa solo per il 7;2% dei familiari.

Tuttavia, la rilevanzaattribuita a tale figura professionale e il desiderio che essa rappresentiun punto di riferimento centrale per l'informazione e per l' orientamento,anche per la sua maggiore accessibilità, è desumibile daldato sulle fonti informative che i caregiver indicano come auspicabili,nel cui ambito il medico di famiglia è citato dal 21,4% dei caregiver,a fronte del 37,7% e del 22,4% che citano rispettivamente lo specialistae le associazioni di familiari di malati.



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