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Per una strategia di interventointegrato

In un'ipotetica graduatoria,le case di riposo per non autosufficienti e i ricoveri ospedalieri si troverebberoagli ultimi posti: la forte propensione fra i familiari intervistatia prendersi cura personalmente e in famiglia del paziente èconfermata dal fatto che appena il 5,9% e un ancora più esiguo 5,7%degli intervistati li considera servizi utili per l'assistenza.

Viceversa, la tendenzaè quella di indicare in misura prevalente servizi e prestazioniche possono fornire sostegno al paziente che vive in famiglia, rendendopossibile il suo permanere presso la propria abitazione, ma in condizioniche non risultino poi penalizzanti sia per il malato che per chi se nefa carico (come di fatto oggi avviene).

In particolare sono indicati in ordinedi preferenza:

- centrimedici specifici per la malattia di Alzheimer e centri diurni (30,7%);

- disponibilità di farmaci (36,2%);

- assistenza con l'intervento di collaboratorifamiliari (25,8%);

- assistenza domiciliare sanitaria(22,1%);

- aiuto sotto formadi contributi economici o sgravi fiscali (20,1%);

- associazioni di familiari di malati(18,3%);

- sostegno da parte di personale competente(17,4%).

Anche rispetto al temadei ricoveri temporanei, il 41,2% degli intervistati riferisce il desideriodi poter ricevere sollievo temporaneo attraverso il ricovero del paziente,per alcune ore al giorno, per qualche settimana o durante i week-end, inuna struttura idonea (e la quota aumenta all'aumentare della gravitàdel paziente). Si tratta, in ogni caso, di un desiderio destinato a rimaneretale dal momento che l'attuale offerta di strutture idonee ad assistereun malato di Alzheimer è assolutamente insufficiente. Partendo dauna popolazione stimata di 500.000 malati, si tratterebbe, infatti, diuna domanda potenziale che interesserebbe oltre 200.000 anziani.

Va ricordato che ladiagnosi precoce e l'intervento tempestivo sulla malattia, sia a livellofarmacologico che terapeutico in senso più ampio, riabilitativoe assistenziale, risultano fondamentali proprio al fine di rallentare laprogressione della malattia e il manifestarsi della sintomatologia piùgrave e onerosa sotto il profilo della cura e dell' assistenza. In particolarele terapie farmacologiche sintomatiche oggi disponibili consentono di alleviarei deficit cognitivi e funzionali e rallentare la progressione della malattiapermettendo al paziente di far fronte ai compiti e alle attivitàdella vita quotidiana, mantenendo più a lungo possibile la sua autonomia,con effetti estremamente positivi, in termini di riduzione (o controllosul progressivo aumento) del carico assistenziale ed economico della. famiglia.

Naturalmente l'efficaciadel trattamento farmacologico è legata alla sua tempestivitàe all'integrazione con un approccio terapeutico non farmacologico focalizzatosu interventi riabilitativi e assistenziali che coinvolgano il pazientee la sua famiglia, anch'essi mirati al mantenimento più a lungopossibile dell'autonomia del paziente.

Le carenze istituzionalinell' assistenza ai malati di Alzheimer e ai loro familiari sono rese particolarnienteevidenti dai dati che indicano come proprio i servizi considerati piùutili sono anche quelli che, nell'opinione degli intervistati, risultanoi più carenti. Un elenco quasi speculare al primo vede citati iproblemi di disponibilità dei farmaci, che oggi i malatisono costretti a pagare (34,7% dei caregiver), la scarsitàdegli aiuti economici (indicata dal 30,8%), la carenza diservizi di assistenza domiciliare con intervento di collaboratorifamiliari (29%), di centri diurni (27,8%) e di servizidi assistenza domiciliare sanitaria (19,6%) insieme con la disponibilitàdi centri medici specifici per la malattia di .Alzheimer definita carenteda un' analoga percentuale del 19,6 per cento.

Si tratta di insufficienzegravi ed estremamente onerose che possono rendere ancor piùdifficile e persino insopportabile un compito che, seppure gravoso, conun minimo di sostegno e di collaborazione sarebbe sicuramente affrontatocon minori disagi, per tempi più prolungati e con effetti positivisia rispetto alla condizione del paziente, e della famiglia che se ne prendecura, che dell'intera collettività.



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