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CONVEGNO INTERNAZIONALE MASS-MEDIA E SALUTE MENTALE

FIRENZE, 4 - 5 OTTOBRE 2001

Report delle giornate congressuali

Nella splendida cornice della Sala Verde di Palazzo Incontri, a due passi dal Duomo di Firenze, si sono svolti i lavori della prima delle due giornate dedicate al tema "Mass Media e Salute Mentale".

Dopo una breve introduzione, nella quale ha messo in rilievo come i fatti recenti abbiano contribuito a rendere ancora più attuali le tematiche di cui si andrà a discutere, il dr. De Berardinis, membro della Sezione Mass Media e Salute Mentale della WPA ed organizzatore del convegno, ha lasciato la parola al dr. Menichetti, Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria di Firenze.

Il suo intervento ha avuto inizio con la riflessione sul fatto che la società di cui facciamo parte sembra essere sempre più condizionata dai mezzi di comunicazione e dalle immagini, con profonde ricadute sia in senso positivo che negativo. A proposito degli aspetti negativi si è soffermato sulla nascita di problemi sanitari, che hanno come conseguenza una mutazione del rapporto tra operatori sanitari e cittadini: attraverso l'utilizzo della rete, con il "proliferare" di trasmissioni televisive e con la lettura dei supplementi dei quotidiani dedicati al tema della salute, il cittadino pensa di conoscere di più del medico con cui si relaziona; pertanto uno degli obiettivi che è necessario porsi in questo nuovo scenario dovrebbe essere la costruzione di un nuovo rapporto di fiducia.

Il Prof. Materazzi, Presidente della Sezione Mass Media e Salute Mentale della WPA, ha brevemente anticipato la relazione che porterà l'indomani affermando che ciò di cui abbiamo bisogno è una prevenzione non specifica, bensì aspecifica e critica, e ha sottolineato l'importanza del mezzo comunicativo e l'interazione che questo ha con le realtà economiche. A tal proposito ha elencato le attività più redditizie nel mondo, suddividendole in lecite e non lecite: al primo posto di queste ultime vi sarebbe la droga, mentre le attività lecite, nelle quali la moneta "sporca" verrebbe riciclata, sono, in ordine di importanza, l'industria delle armi, i mass-media, l'industria farmaceutica, l'industria delle costruzioni ed infine lo sport.

Il dr. Montecchi, Direttore della Scuola di Prevenzione "J. Bleger", riallacciandosi al tema attuale della guerra, ha ricordato il lavoro di F. Fornari che ne ipotizza l'origine come un'elaborazione paranoica del lutto. Ha poi ricordato il teorema psicologico-sociale per cui, se un'idea od un evento è posto come realtà, questo diviene reale con tutte le sue conseguenze (vedi trasmissione radiofonica di O. Wells sulla discesa dei marziani!) e ha posto una arguta domanda "Se dichiariamo lo stato di guerra, questo diventa reale di conseguenza?".

E' quindi intervenuto il prof. Bauleo, Direttore dell'Istituto Internazionale di Psicologia Sociale Analitica (Venezia), incitando l'interscambio di opinioni e ponendo l'accento su alcune importanti questioni ossia "come si è arrivati a questo momento che stiamo vivendo? Qual è la sua storia? (perché i fatti hanno una storia!).

Infine il dr. Galzigna, Epistemologo (o meglio, il Filosofo, come è stato scherzosamente ribattezzato nel corso del Congresso!) presso l'Università di Venezia, ha affrontato il tema della costruzione della soggettività in una società moderna, tema di fondo con cui hanno a che fare in particolare gli operatori della salute mentale e delle scuole.

Nel suo discorso ha sostenuto che ogni riduzionismo va combattuto, essendo questo la "malattia infantile" di coloro che si occupano dei processi di fabbricazione del soggetto ( vedi riduzionismi nell'ambito della psichiatria come quello biologico-farmacologico oppure quello psicoanalitico); è importante dare ai soggetti più spazio, riconoscendo loro la capacità inventiva e creativa.

In ultimo viene discussa criticamente la proposta di legge Burani-Procaccini con il rischio che si ritorni al custodialismo e si faccia un salto indietro nel tempo, nientemeno che all'epoca di Griesinger (la malattia mentale è malattia cerebrale!).

Nella seconda parte del pomeriggio ha poi avuto luogo una tavola rotonda dal titolo "Il ruolo dei mass-media nella costruzione delle soggettività. Nuovi paradigmi di salute e malattia".

Il prof. Avicolli (Università di Venezia) ha affrontato il tema della soggettività dell'emigrante, chiedendosi dapprincipio che cos'è l'emigrante e a quali forze ubbidisce. Questi, secondo la sua analisi, è una soggettività frustrata che si allontana dai luoghi ai quali chiede una legittimazione della propria soggettività, per poi ritornarvi realizzato: l'emigrante parte e non ha altro obiettivo se non il ritorno che legittimi tutto ciò che ha fatto.

A titolo esemplificativo si è rifatto alla bellissima immagine del "paciucco", emigrante messicano nel sud degli USA degli anni '50, leggendo le magnifiche pagine scritte a tal proposito da Octavio Paz.

Sintetizzando il lungo ed interessante discorso del prof. Avicolli si estrapolano tre punti: l'importanza del contesto spazio-temporale al quale il soggetto fa riferimento per essere quello e non altro, l'esigenza di legittimazione di un valore ed il ritorno, che sancisce l'appartenenza a quel valore, appartenenza che è stata affermata dalla potenzialità protagonica espressa tramite l'emigrazione.

Questo soggetto ha bisogno di un processo di legittimazione: l'identità frustrata, svuotata, orfana di ciò che ne definisce il valore, diviene a sua volta condizione di frustrazione e trova la sua affermazione attraverso la violenza (raid, scontro sociale..), come esito dell'accumulo di contraddizioni. In tal modo, la società lo riconosce come qualcosa che la nega, ma alla fine, paradossalmente, questo stesso processo porta comunque a riconoscerlo. Da qui, cioè dal passaggio da uomo ad orfano ( il che implica una mancanza assoluta di paternità) deriva l'impossibilità della cultura di essere globalizzata, se veramente vuole produrre dei soggetti con un'identità.

La giornata è poi terminata con una discussione che è avvenuta in una bella atmosfera, calda, che ha permesso un confronto di opinioni sui temi trattati nel pomeriggio.

Ricco e coinvolgente l'intervento del dr. Ruggero, che ha raccontato le sue esperienze di figlio di emigranti, a sua volta emigrato, ed in particolare i suoi problemi con la pronuncia della lingua spagnola e della lingua americana.

In tutt'altro scenario si sono svolti, invece, i lavori della seconda giornata: la struttura, decisamente più moderna, è stata una delle aule del Centro Didattico Morgagni di Careggi.

Il dr. De Berardinis ha introdotto le relazioni della giornata e ha rivolto all'uditorio alcune domande "che cosa si globalizza?" e, "che cosa discende poi da quello che globalizziamo?" lasciando aperta la discussione.

La dott.ssa De Brasi ( Istituto Internazionale di Psicologia Sociale Analitica (Venezia)) si è soffermata sulla perdita dei riferimenti e dei contesti di appartenenza che si osservano "in questo mondo globale", con un predominio dell'individualismo negativo, sicché i soggetti toccati da questa perturbazione della vita psichica sono più a rischio di trovarsi ai margini dei quadri psicopatologici (borderline..). E' a partire dal rapporto del soggetto con il contesto che si possono fare osservazioni e vedere da dove nascano e dove si nutrano quelli che definisce come "mostri", prodotto della fantasia, una sorta di delirio, ma anche feti di sovrabbondanza di realtà.

L'effetto traumatico dell'eccessiva stimolazione sarebbe un processo di introiezione difettoso nel soggetto che produrrebbe a sua volta patologia.

Siccome il processo di soggettivazione si acquisisce durante tutta la vita del soggetto ed è fondamentale per la costruzione dell'identità, con la necessità poi di un Altro per avallare tale processo, il vincolo terapeutico può essere pensato come la presenza di un Altro che faccia da testimone dell'avvenire di questo stesso processo.

Compito del terapeuta sarebbe la possibilità di fornire se stesso per la costruzione di uno spazio ove vi sia un'alterità, ove si possa rilanciare un processo singolare: l'obiettivo, con il quale conclude la sua relazione potrebbe quindi essere costruire un luogo ove la parola possa produrre, nel suo dispiegamento temporale, l'invenzione della propria memoria.

La parola è poi passata al dr. Berardi (scrittore bolognese) che ha ripreso il discorso a proposito del sovraccarico di stimoli informativi in entrata, con la possibilità di sviluppare una sindrome panica, in cui l'organismo cosciente si trova immerso in un ambiente informativo che va ad una velocità non più governabile (è come se l'organismo non avesse più il tempo necessario per elaborare consapevolmente gli stimoli che gli vengono rivolti; si verrebbe così a creare una sorta di "elettrocuzione permanente", una messa in circuito che non lascia più tregua, perché il tempo dell'attenzione tende ad essere saturato. Propone inoltre una visione della globalizzazione come condizione in cui il cyberspazio prende decisamente il sopravvento rispetto al cybertempo. Il punto nodale sarebbe proprio questa contraddizione, questa incommensurabilità della dimensione cybertemporale e della dimensione cyberspaziale.

Ricollegandosi poi all'evento apocalittico dell'attacco alle torri gemelle, si sofferma ad analizzare l'origine del processo di panico che ci ha colti: abbiamo appreso, tutto ad un tratto, che nulla è sotto controllo (l'ossessione razionalistica, improvvisamente, si trova di fronte ad una realtà inconfessabile).Questo rimanda alla dimensione cyberspaziale, ossia che ogni punto cosciente può essere in contatto con ogni altro punto cosciente e, quindi, le connessioni possibili sarebbero immensamente più numerose delle connessioni che possono essere controllate.

Anche il dr. Montecchi fa riferimento alla caduta delle torri gemelle, iniziando una riflessione su come i media ci abbiano costituito come soggettività: quello skyline, che ora non c'è più, faceva parte del nostro mondo interno, del nostro immaginario familiare, sebbene non l'avessimo mai visto realmente. Il vederne il crollo ci ha colpito interiormente, come qualcosa di familiare che viene perduto. La costruzione della soggettività farebbe pertanto riferimento ad una dimensione più ampia, non più legata ad una cultura territorializzata; la spazialità dello psichismo attingerebbe a dimensioni spaziali non più localizzate, portandoci ad un altro problema: l'eccesso di informazioni.

Uscendo dalla cornice culturale di riferimento, che filtra le informazioni che vengono dall'esterno ,deterritorializzando, e immettendo continuamente una massa di informazioni, viene a mancare il tempo per elaborarle; esse rimangono quindi come emozionalità pura da cui siamo completamente avvolti, emozionalità che trova scarico attraverso l'acting, attraverso la violenza.

Conclude affermando che abbiamo di fronte una sfida: bisogna pensare ad un altro tipo di comunità che non sia nostalgica, del passato, ma sia una comunità del futuro, costituita da una ricombinazione delle culture che ricostruisca una cornice per permettere l'elaborazione di queste informazioni, passando attraverso gruppi che discutano di ciò.

Inizia quindi una discussione, nel corso della quale prende la parola il dr. Bollorino, che racconta l'esperienza del G8, da lui vissuta in termini mediatici: nella prima giornata ciò che colpiva era il tempo reale (le telecamere della rete TV erano poste sui più alti palazzi nei luoghi degli scontri e la sintesi delle informazioni era affidata allo spettatore), mentre la seconda giornata ha avuto un impatto emozionale diverso per uno stacco diacronico che ha ridotto l'information overload (nel corso del secondo giorno il luogo degli scontri si era spostato e pertanto le telecamere erano posizionate diversamente). Conclude l'intervento facendo notare come stiamo andando verso una società dei media, con un'informazione non più mediata, che può condurre allo smarrimento, soprattutto quando i mezzi che ci permettono la sintesi sono in difetto.

Nella seconda parte della mattinata, dal titolo "Realtà metropolitana e trasformazioni istituzionali", la dott.ssa Puig ha letto la sua relazione sulla psicoanalisi multifamiliare, mezzo attraverso il quale è possibile operare con maggior efficienza terapeutica, in una prospettiva di ascolto e di comprensione socioanalitica, sollevando il problema istituzionale e non solo quello individuale.

All'interno di gruppi di pazienti ed operatori, che si riuniscono settimanalmente, si viene così a creare un ambiente favorevole, che permette al pz. l'espressione di aspetti patologici e fornisce una buona risposta psicoeducativa alle famiglie.

La dott.ssa Cabras (Responsabile Area Integrazione Socio Sanitaria e Progetti Obiettivo, Firenze) ha poi parlato delle trasformazioni della società che tende a macrosistemi sociali fino alla depersonalizzazione, portando al moltiplicarsi dei problemi sociali e soprattutto mentali. L'approccio dei servizi territoriali, per meglio affrontare il problema in questo contesto, dovrebbe essere volto ad enfatizzare la prevenzione (diagnosi precoce, stili di vita..), a rivedere l'aspetto tecnico-organizzativo dei servizi che devono operare sul Territorio e a migliorare le tecniche riabilitative (recupero delle loro potenzialità di salute).

Sui punti della necessità di una miglior prevenzione, di un Territorio vasto e di una valorizzazione delle "parti sane" attraverso la riabilitazione si sono anche focalizzati gli interventi del dr. De Plato e del dr. Ferrara.

Nel primo pomeriggio il tema "Realtà virtuale e salute mentale" è stato inizialmente affrontato dal dr. Bollorino, che ha sostenuto come la salute mentale passi attraverso la virtualità, nella misura in cui il virtuale fa parte della vita di molte persone (virtualità come forma Altra di stare insieme, ma anche attualità della pervasività del nuovo virtuale nella vita di molti, con il rischio di sviluppo di problemi psicopatologici in coloro che soffrono già di disturbi di ordine psichico). Esprime la necessità, a suo avviso, di dare inizio a studi seri sulla fisiologia del virtuale, per poi giungere a definire la psicopatologia che ne deriva, e si augura che tali studi avvengano in termini cooperativi.

Quindi il dr. Longo, seguendo un indirizzo bioniano, ha dato particolare risalto agli aspetti gruppali (gruppi telematici, come ad es. le chat lines e le mailing lists, e gruppi mediatici, come le teleaudio e televideoconferenze), passando attraverso concetti come quello di "illusione virtuale" che ha definito come una situazione simil-transipnotica, di stallo, appesa intorno ad un elemento fantasmatico condiviso, con risonanze vicine all'attesa messianica.

Internet e gli SMS sono visti anche come una difesa dal contatto diretto e corporeo con l'altro, sicché si ricorre ad una controfigura virtuale, disegnata dalle proprie dita sulla tastiera oppure a sterili messaggi scritti con il telefonino.

Ha parlato, infine, di situazioni gruppali come rifugio telematico contro il senso di schiacciamento dell'individuo, a rischio di perdere il controllo dell'identità personale.

Paci-Dalò, musicista emiliano, ha esposto alcune brevi riflessioni, partendo da quello che ha definito come caduta drammaturgia di Internet: un web visto come luogo del nomadismo, dove si va dovunque e si è sempre in movimento, visto come l'arte di essere ovunque allo stesso tempo, l'arte di non spostarsi ma di esserci già.

A proposito dei contenuti afferma che, su Internet, c'è tutto, ma in modo disorganizzato: il fascino di questo "gioco" starebbe nel fatto che "manca tutto e quindi c'è tutto da fare" e questa mancanza creerebbe una possibilità creativa enorme.

A questo punto si inserisce l'intervento del dr. Alvano (Università di Buenos Aires) il quale sostiene, in accordo con lo scrittore U. Eco, che i mass media offrono sì i frutti della cultura superiore, però svuotati dall'ideologia e dalla critica che dava loro vita; cita alcuni brani della narrazione autobiografica della giornalista americana Elisabeth Wurtzel, in cui viene descritta la profonda sofferenza depressiva della stessa, alla quale fu prescritto il Prozac, la tanto pubblicizzata "pillola della felicità", da un medico che la liquidò in pochi minuti. Dopo anni di terapia i risultati furono molto poveri, sinchè la giornalista prese coscienza, facendosi domande sui suoi conflitti interiori, che la depressione non era solo un fatto biologico, come la maggior dei giornali voleva far credere, ma anche l'accumulo dei momenti vissuti e decise di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta, incamminandosi verso un graduale miglioramento. La Wurstel scrisse che allora sembrava che il mondo incominciasse ad essere una "Nacion Prozac" e sui giornali si leggevano titoli come: " E' la pace o è il Prozac?", tanto che quel farmaco sembrava essere la panacea a portata di mano di tutti quelli che la chiedessero. Partendo da casi come questi, e considerando che i mass-media sono sottomessi alla legge dell'offerta e della domanda, dando al pubblico solo ciò che desidera, oppure alle leggi dell'economia, basata sul consumo o sostenuta dall'azione pervasiva della pubblicità, il dr. Alvano auspica un intervento attivo delle comunità culturali attraverso gli strumenti della collaborazione e dell'analisi critico-costruttiva. Un possibile punto di inizio è, ad esempio, la promozione di corsi per un uso razionale del farmaco, in aggiunta alla scarna e sempre "di parte" informazione fornita dal rappresentante del medicinale.

Si passa poi alla relazione del dr. Mari, Membro della Sezione Mass Media e Salute Mentale della WPA, nel corso della quale si descrive l'utilizzo dei mass media in una situazione di prevenzione del disagio mentale dopo una grande catastrofe (terremoto a Camerino, profughi del Kosovo). Una catastrofe, quando accade, viene a determinare non solo un trauma personale, ma dell'intera collettività; il cosiddetto "cattivo giornalismo" può, in tali situazioni,aumentare il meccanismo del capro espiatorio, può essere una sovrastima (e pertanto creare mitologia) oppure essere una sottostima dei fatti (portando alla negazione) oppure ancora creare confusione. Per mostrare tali meccanismi avrebbe dovuto essere proiettato un filmato che, però, per motivi tecnici era privo di audio, per cui è stato impossibile proseguire oltre.

L'intervento conclusivo della giornata è stato poi quello del prof. Materazzi, che ha dovuto sintetizzare la propria relazione per la limitatezza del tempo rimasto a disposizione.Ha ripreso ed esteso gli argomenti già accennati nel pomeriggio precedente, sostenendo la necessità di una prevenzione aspecifica e critica, che coinvolga fattori socio-economici e familiari, toccando il midollo del sistema. La strategia è il Programma Preventivo Aspecifico Permanente" messo in piedi in Argentina negli anni Settanta ed ancora in vigore; con questo si vogliono raggiungere due obiettivi, attraverso due strumenti, cercando di sanare gli errori commessi nei primi dieci anni di applicazione. Tali obiettivi, che mirano al rafforzamento della trama sociale, sono quelli di formare agenti preventivi moltiplicatori nella società (ossia coloro che si occupano dei primi interventi psicologico-sociali nei riguardi di bambini, donne maltrattate, anziani ed uomini) e di costruire, nell'ambito della stessa comunità, consultori di crisi (scuole, sindacati, club sportivi etc…), mentre gli strumenti sono i laboratori espressivi, creativi, preventivi (con i quali si cercano di correggere gli errori nella società, come l'ignoranza ed il pregiudizio e si vuol promuovere la partecipazione) ed i corsi di formazione per gli agenti preventivi moltiplicatori. In soli sei anni, grazie a questo programma, è stata raggiunta una cifra di 14800 agenti di prevenzione.

Per ragioni di tempo non è stato possibile far seguire la discussione in programma ed i lavori si sono conclusi lasciando ancora inesplorati molti argomenti.

Ci si augura che altri convegni su questo argomento possano essere nuovamente organizzati in futuro.

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