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Trauma Storico e Disordine Post-traumatico: "L’esistenziale contro il Sintomatologico"

Il quarto raduno del"Healing our Spirit World Wide" ( " Saniamo il nostro spirito da un capo all’altro del mondo"), si e’ tenuto in Albuqeurque, NM, nel settebre scorso(2002).

Questa conferenza che origino’ nel 1992, si e’ sviluppata in uno dei maggiori fori di discussione dei problemi di salute riguardante le popolazioni Indigene nel mondo.

Durante il raduno,delegazioni dagli Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, e America Latina, hanno espresso con enorme partecipazione le loro opinioni riguardo le condizioni di salute delle poplazioni Indigene. Una grandissima attenzione e’ stata dedicata agli aspetti culturali dei problemi di tossicodipendenza e degli aspetti ad essa relazionati.

Forse, uno dei problemi piu’ sentiti e’ stato quello riguardante il Trauma Storico, che e’ appunto il soggetto di questo articolo.

Il dibattito sull’argomento si e’ sviluppato nell’ambito di un foro pubblico che ha annoverato tra gli altri la presenza di alcuni dei maggiori studiosi di questa tematica: Maria Braveheart, Bonnie Duran,Eduardo Duran, Karina Walters,Tassy Parker, Lori Jervis, e Marcello Maviglia, l’autore dell’articolo, onorato di essere stato incluso.

Nelle pagine che seguiranno provero’ a riassumere il concetto del Trauma Storico, combinando insieme gli elementi emersi dal foro con quelli presenti nella letteratura.

Il mio obbiettivo e’ quello di dare un piccolo contributo alla definizione del concetto ,e al tempo stesso, di stimulare un feedback necessario ed utile

da parte dei lettori e studiosi del campo.

 

Introduzione:

 

Sebbene una definizione definitiva del concetto di Trauma Storico non e’ stata ancora raggiunta, una sua caratterizzazione povvissoria e’ contenuta nelle analisi di diversi studiosi Nativo Americani. Essi caratterizzano il fenomeno come le conseguenze a livello psicologico, fisico, sociale, e culturale, del processo coloniale e postcoloniale a cui le popolazioni Indigene sono state sottoposte.

Nell’intento di dare una deifinizione plausibile del Trauma Storico, dobbiamo prima considerare due entita’ ad esso relazionate, ma al tempo stesso differenti: PTSD eTrauma Intergenerazionale.

Questo paragone tentera’ di dimostare che queste due ultume entita’ non includono gli aspetti caratteristici del trauma sperimentato da popolazioni Indigene Americane e nel mondo.Inoltre, una esplorazione delle dinamiche storiche-psicologiche e di possibili interventi terapeutici sara’ intrapesa seppur limitatamente.

Un principio essenziale del mio contributo sara’ di evidenziare che un approccio terapeutico disgiunto da una base culturale,non solo risulterebbe inefficiente, ma promuoverebbe una ripetizione della esperienza traumatica.

In aggiunta, il processo di superamento del trauma verra’ considerato come un mezzo per raggiungere un senso di dignita’ e identita’ ,tramite il tentativo di recupero dei dissolti capitali sociali e culturali.

Lo sviluppo di una coscienza sociale-storica verra’,infatti, considerato parte inscindibile del processo diguarigione.Per finire,un piccolo accenno verra’ fatto sulle metodologie basate sul concetto di ricerca qualitativa.

Verso una definizione del concetto di trauma storico:

IL concetto di Trauma Storico e’ stato sviluppato principalmente a causa delle conseguenze di tragici eventi che hanno caratterizzato e afflitto la vita delle popolazioni Indigene, e come reazione alla ristrettezza concettuale della idea di trauma rappresentata dal PTSD (Post Traumatic Stress Disorder)(1).

La entita’ del PTSD e’ infatti circoscritta a due principali categorie di sintomi: quelli di natura "intrusiva" e quelli di entita’ "sedativa". La prima categoria include :stati di iperattivitta’, esplosivita’, incubi relazionati a eventi traumatici, e i cosidetti" flashbacks, ovvero raffigurazioni vivide di episodi traumatici.

Nella seconda troviamo : tendeza a isolarsi dagli aspetti sociali della vita quotidiana, una scarsa capacita’ di sperimentare piacere e soddisfazione, ed una tendenza a trascurare i propri obblighi(2).

Queste due categorie , descritte in modo molto riassuntivo, ci propongono una visione meccanica-biologica del trauma, evocando alternativamente stati di ipereccitazione e ipoeccitazione neuronica.

 

Tuttavia l’eperienza aquisita da fenomeni come l’Olocausto, episodi di altri genocidi etnici, regimi dittatoriali, persecuzioni politiche ecc., hanno ampiamente dimostrato che le conseguenze del trauma vengono spesso trasmesse da una generazuione all’atra. Quindi, le manifestazioni cliniche possono essere analoghe a quelle del PTSD , ma il fenomeno acquisisce una dimensione intergenerazionale, da cui sfocia la creazione del concetto di Trauma Intergenerazionale(3).

Questa entita’ ,tuttavia, non include il contesto storico coloniale e post-coloniale resposabile per gran parte del danno psichico in popolazioni Indigene. E’ importante far presente che il concetto di Trauma Storico e della conseguente frammentazione psicologica, non puo’ prescindere dall’influenza della politica coloniale che attraverso provvedimenti legislativi ,e quindi "legittimi," acquisisce una apparente veste di equita’e di giustizia(4).

Pertanto le conseguenze di tali eventi storici sono , solo parzialmente , idenfificabili nella nomenclatura del DSM( Diagnostic Statistical Manual), in quanto assumono una dimensione esistenziale, non cosi’ facilmente classificabile.

Partendo da queste premesse potremo tentare una fomulazione del Trauma Storico cratterizzata dai seguenti fattori:

  1. Una dimensione "esitenziale" , caratterizzata da un senso di non- appartenenza , di esclusione dal ciclo Indigeno di vita, e definibile in termini sociologici come senso di anomia(4).
  2. Un aspetto piu concreto e simile al PTSD ,relazionato a situazioni traumatiche piu’ discrete e delimitate,verificantesi in un contesto specifico.

In verita’ ,potrebbero essere descritte come un appendice di particolari calamita’ storiche.

Manifestazioni Cliniche e Psicologiche :

Questa entita’ esistenziale, storica e psicologica non potrbbe essere definita attraverso i sintomi clinici del PTSD , poche’ la stessa "esistenzialita’" della entita’presuppone apetti personal,soggettivi, sociali,e possiamo aggiugere politici.

Tuttavia, la patologia e’ reale . il problema,infatti, non e’ tanto con la veridicita’ del soggetto , quanto con la inadeguatezza della metodologia occidentale , che non e’ sufficientemente adeguata a carpire l’essenza di fenomeni che non sono parte del quadro dei parametri dominanti di pensiero(5).

Una schematica definizione del fenomeno del Trauma Storico, dedotta dalla letteratua e dal feedback di studiosi e terapistI Nativo Americani, potrebbe essere concepita nel seguente schema(6):

  1. Spiccato senso di distruzione del tessuto famigliare e sociale.

2)Elementi depressivi caratterizzati da un annullamento del senso di comunita’ e dalla insorgenza di una visione anomica della vita.

3)Presenza di un sentimento di ambivalenza tra il sentirsi connessi con il "dolore storico e ancestrale" e la allettante alternativa di una immersione nei valori e sistemi di vita anglosassone-occidentale.

4) Risentimento di natura esistenziale, annidato nel contesto della indifferenza della cultura dominante, manifestantesi in episodi distruttivi contro se stessi ed altri.

5)La quotidiana esperienza della ideologia coloniale ,rappresentata da incontri quotidiani con stereotipi e razzismo, responsabile per gli stati emotivi sopra descritti.

6)Mancanza di risoluzione dell’aspetto esistenziale ,che si cronicizza a livello intergenerazionale e collettivo.

Da quanto detto appare evidente che approcci terapeutici decontestualizati e basati su dei paradigmi puramente biologici e psicodinamici non costituiscono un modello efficace di intervento terapeutico.

Infatti studiosi Nativo Americani come Spero Manson, Bonnie Duran, Edoardo Duran, and Maria Yellow Horse Braveheart , per citarne alcuni, hanno evidenziato le carenze insite in queste metodologie, ponendo enfasi sulla introduzione del contesto culturale nell’approccio terapeutico riguardante le popolazioni indigene.(7-12).

Queste importanti testimonianze , validate dal rapporto del Ministro della Salute Americano(13), costituiscono una solida base per la introduzioine di sostanziali riferimemti culturali nella terapia del trauma psicologico.

In aggiunta , virtualmente, tutti gli studiosi Nativo Americani sono d’accordo che una comprensione dei fenomeni psicopatologici in queste popolazioni, non puo’ esulare da una conoscenza specifica del fenomeno del Trauma Storico (8-12).

Tuttavia anche se instintivamente e razionalmente tutto cio’ sembra accettabile, una consistente reazione critica si e’ sprigionata dalle valutazioni di professionisti e studiosi aderenti alle vedute dominanti del mondo psichiatrico.

Queste osservazioni, che vengono espresse in maniera molto sommessa per evitare screzi di natura politica, esprimono un forte scetticismo riguardo la validita’ del concetto di Trauma Storico.

Sebbene questa incredulita’ possa apparire ragionevole, in verita’ ignora il fatto che il concetto e’ in via di sviluppo ,e che ha una forte risonanza con le popolazioni indigene.Per giunta, non considera anche il fatto che il paradigma diagnostico del Ptsd e’ anch’esso non definitivamente sostanziato in maniera scientifica.

Oltretutto si deve tener presente che una tale critica non e’ immune da elementi ideologici, influence politiche,e particolari interessi finanziari.

Sarebbe opportuno ,a questo proposito, esaminare come il pensiero scientifico viene concettualizzato ed ufficializzato in generale ed in riferimento entita’ del PTSD.

 

IL processo di formulazione di categorie scientifiche si puo’ riassumere schematicamente in tre stadi principali(14) : Esternalizzazione, Oggettificazione, e Reificazione.

La fase di Esternalizzazione consiste principalmente nella divulgazione e propagazione del nuovo concetto.E’ un passo iniziale che tende a stimolare l’interesse delle mondo scientifico .

IL secondo stadio,quello dell’ Oggettificazione, e’ rappresentato dalla traduzione del concetto novello in una entita’ che assume la veste di autenticita’ "scientifica".

Esso ,in realta,’ e’ un misto di metodologia scientifica e di propaganda politica,in quanto soventemente, include una intensa attivita’ "diplomatica" con quelle specifiche entita’ di potere con l‘ovvio scopo di ottenere il loro pieno supporto.

La componente di Internalizzazione, e concentrata sulla integrazione della nuova entita’ nel "vocabolario sociale" della vita quotidiana. Questo, probailmente, e’ lo stadio piu’ politico e propagandistico del processo, in quanto capitalizza massicciamente sulle risorce finanziare e sociali a disposizione delle fazioni che propagandano il concetto: ovviamente piu’ facoltosi e piu’ efficienti si sara’.

 

La codificazione del PTSD passo’ attraverso queste fasi fondamentali. Ma in questo caso l’apporto delle vittime medesime , i veterani del Vietnam,furono i veri e propri proponenti dell ‘entita’ diagnostica. Questo scenario non si verifica frequentemente nell’ambito della medicina,e specialmente alcuni decadi fa,’ costituiva un cambiamento di dimensioni rivoluzionarie: lo spostamento dell’asse di produzione della materia scientifica dagli addetti ai lavori ai pazienti medesimi. Comunque,gli aspetti fondamentali del processo ricalcano il quadro sopra descritto.

Alla fine del conflitto del Vietnam, un folto numero di ex combattenti fu letteralmente lasciato alla deriva in uno stato di vero e proprio sconforto psicologico , sociale, e finanziario. Purtoppo ogni tentativo per poter ottenere un riconoscimento dei danni provocati dal conflitto, fu totalmente ignorato per diversi anni.

Dei cambiamenti in senso positivo furono ottenuti solo con la attuazione di una strategia basata sui seguenti principi(15):

1) Collaborazione con professionisti sensibili alla loro richieste.

  1. Sviluppo di sostanziale supporto da parte di gruppi interessati nel fenomeno dell’Olocausto.

  1. Convalida e supporto da parte dei reduci di catastrofi industiali.

 

Il fatto che queste strategie furono efficaci nel riconoscimento della diagnosi, non deve offuscare il fatto che i forti dubbi riguardo la sua validita’ non furono mai diradati: Evidentemente il successo non fu soltanto il risultato di solidita’ scientifica del concetto.

Cito qusta parte dela cronica psichiatrica Americana con lo scopo di proporre una analoga strategia politica in riguardo al concetto di truama storico.

Simili considerazioni strategiche sono state proposte da autori come Fanon, uno dei paladini nel proporre il concetto di strategie per ridefinere ed affrontare i problemi derivanti dalla esperienza coloniale e post-coloniale.Con acume egli capi’ che fino a quando i problemi delle comunita’ Indigene continuavano ad essere affrontati dentro i parametri dell’ideologia occidentale, essi non sarebbero stati adeguatamente risolti(16).

Duran and Duran(4), due autori Nativo Americani, hanno magistralmente rinforzato il pensiero di Fanon ,definendo le conseguenze del dominio del mondo occidentale sulle popolazione Indigene come "Reazione acuta e cronica al colonialismo’, gettando le basi per lo sviluppo di un concetto indigeno del trauma.

 

Cenni di Psicodinamica e di Trattamento:

Sfortunatamente i concetti che costituiscono la base dei trattamenti terapeutici Indigeni, vengono soventemente ignorati. Sebbene sarebbe impossibile passare in rassegna anche i piu’ fondamentali aspetti della medicina Nativo Americana, e’ importante fare menzione di almeno qualche caratteristica alla base di questa impostazione in particolare riguardo il concetto di Trauma Storico.

Tenendo conto, fin dall’inizio, che che esistono delle difference tra le tradizioni delle varie comunita’ Nativo Americane, possiamo tuttavia identificare due temi principali alla base della visione della patologia psicobiologica delle popolazioni Indigene(4):

    1. Il concetto di sradicamento di quella che potrebbe essere definita "linfa vitale",da parte di entita’ adduttive e trascendenti.
    2. La percezione di forze invasive e distruttive nell’organismo.

 

Il sudetto quadro mitologico di" estirpazione" e di "invasione", e’ basilare per una corretta caratterizzazione del concetto della Oppressione Internalizzata, intimamante connesso con quello del Trauma Storico.

Questa entita’e’ definibile come un fenomeno colonizzante della psiche indigena, che diventa ricettacolo della ideologia coloniale.L’impatto si manifesta, nel quadro cognitivo e psicologico del Trauma Storico.

Questo e’ un processo che assume delle caratteristiche subdole ed insidiose, e puo’ manifestarsi in un quadro in cui l’individuo usa i propri paradigmi culturali per spiegare comportamenti patologici, che in realta’ sono il risultato del processo coloniale stesso. Questa posizione autopunitiva ottiene ,pertanto,il sigillo di approvazione da parte della cultura medesima.

Un esempio concreto di questo quadro e’ costitito dall’ atteggiamento autoderogatorio di un individuo indigeno con problemi di alcolismo che hanno causato tragedie personali e famigliari con la conseguente ostracizzazione dalla vita comunitaria’.

Non volendo ignorare le responsabilita’ individuali, un atteggiamento di autocolpevolezza, spesso visibile in tali situazioni, sfocia da una visione decontestualizzata da processi sociali e storici. Una visione corretta di fenomeni psicodinamici e modalita’ terapeutiche, non dovrebbe,in verita’, essere isolata da temi storici caratterizzanti lo scontro della ideologia occidentale con quella indigena.

C’e’ infatti un forte consenso che la consapevolezza del processo coloniale possa affinare la capacita’ di evidenziare le dinamiche psicologiche delle popolazioni Indigene.

Sommariamente possiamo identificare quattro stadi fondamentali di questo processo(17):

1.IL Perido Coloniale propriamente detto, rappresentato dalla formulazione ed introduzione di leggi e disposizioni dirette verso l’esproprio di risorse naturali e del patrimonio territoriale.

2. lo Stadio Della Rilocazione , rappresentato dal disloco forzato di popolazioni Indigine in territori distanti e geograficamente ostili.

3. La fase dei Riformatori, consistente nel collocamento di bamini ed adolescenti in programmi di studio di stampo Anglosassone, con lo scopo di divestirli della loro identita’ culturale e di svilupparli in " produttivi" cittadini Americani.

4. l’ultima fase, correttamente definita come il Periodo di Terminazione, consistente nella continuazione del dislocamento Indigeno dai territori di riserva verso aree urbane con la promessa, mai realizzata, di una vita migliore.

 

Queste fasi, pur presentandosi in realta’ con aspetti comuni, evidenziano due principali temi : uno, caratterizzato dall’esproprio del patrimonio territoriale; l’altro costituito da un processo piu’ subdolo ,quello legislativo, contraddistinto dal goal di estirpare le radici culturali tramite la distruzione dei dialetti e delle tradizioni.

Gli stadi sopra descritti sono essenziali per una comprensione adeguata del senso di identita’ Indigena. E’, infatti, inevitabile che un individuo in una posizione di forzata accettazione delle ideologie dominanti, sviluppi un senso di individualita’ fortemente tarato.

La ragione del fenomeno e’direttamente imputabile al soffocamento della capacita’ di apprezzare ed analizzare le proprie radici culturali nel contesto della ideologie dominanti.

Un altro danno fondamentale del processo e’ rappresentato dall’impatto che le vicissitudini storiche hanno avuto sul ruolo tradizionale della donna Nativo Americana. La tradizione Indigena ha, di norma, identificato l’elemento femminile come l’anello dicongiunzione con il suolo, la terra, e quindi come condotto della sorgente di vita stessa.Una delle funzioni piu’ nobili del ruolo femminile e’ stata quella di essere di conforto alla psiche dell’uomo.Ci sono molte immagini mitologiche che potrebbero essere citate per illustrare questo ruolo;ne citero’ una sola, ma molto emblematica : La Danza del Sole(4).

Durante questa celebrazione, la donna si muove in maniera sincronizzata con i passi dell’uomo, viaggiando idealmente verso una rinascita spirituale per tutta la comunita’.Quei passi cosi’ armonici purtroppo non rappresentano piu’ il ruolo sostenitrice e matriarcale della donna della societa’ Indigena odierna. Esso infatti e’ stato segnato in maniera quasi indelebile dalle conseguenze di tragici eventi storici. La sua funzione, purtroppo, appare ridotta ad assistere un compagno che dimostrando comportamente distruttivi ,danza decisamente fuori passo.Cosi’la celebrazione , che prima portava ad un rinnovamento ed una rinascita, ora conduce verso la distruzione, il Tanathos. In sostanza, la tradizione matrilinea-matriarcale della donna si traduce in una forma di assistenza quasi masochistica, che non ha niente a che vedere con la funzione originale.

Il quadro ovviamente include bambini e adolescenti ,che non hanno piu’ solidi punti di riferimento per lo sviluppo di una identita’ culturale. Questo esempio testimonia la validita’ dell’inclusione di temi culturali e mitologici nell’approccio psicoterapeutico.

Un altro elemento importante da ricordare e’ che la figura del guaritore o sciamano e’ il fuoco fondamentale dellincontro terapeutico nella medicina Indigena, e che quindi una enfasi su di un approccio centrato sul paziente ("client centered approach"), potrebbe rivelarsi non appropriata. Oltretutto non ci sono dati attendibili della efficacia di terapie standardizzate in un contesto terapeutico Indigeno ; questa carenza e’ stata ampiamente dimostrata dall’alto tasso di abbandono del servizio terapeutico da parte di minoranze etniche ed in particolare da Nativi Americani. (18).

Per giunta , si potrebbe validamente speculare che un approccio terapeutico non sensibile alle culture Indigene, venga percepito come una estenzione della ideologia dominante e quindi perpetuante di esperienze traumatiche. Duran and Duran, molto percettivi di queste dinamiche, identificano come l’obbiettivo principale di interventi terapeutici con soggetti Indigeni, l’esorcizazzione dell’ aggressore coloniale " dalla psiche collettiva delle comunita’ Native(4). Questi due autori Nativo Americani sostengono con giustificata convinzione che le patologie della societa’ Indigena sono riportabili alla distruzione del ciclo di vita tradizionale e non ad una causalita’ lineare e decontesualizzata di agente patogeno e malattia.IL concetto e’ applicabilissimo all’uso problematico dell’alcol da poplazioni Nativo Americane, che deve essere necessariamente inquadrato in una ottica storica.

 

L’uso dell’alcol , si propago’ tra gli Indigeni Americani durante le prime fasi del processo di colonizzazione , in un contesto di sfruttamento economico e sociale, responsabile per l’acquisizione di un modello di uso patologico(19).

Infatti esso si sviluppo’ come conseguenza degli scambi commerciali tra colonizzatori ed Indigeni, improvvisamente trovatisi a confrontare una sostanza fino ad allora praticamente sconosciuta. Molto probabilmnete se avessero avuto la possibilta’ di assimilarla gradualmente nella loro cultura, senza pressioni di natura economica,la patologia alcolica non si sarebbe sviluppata ai livelli attuali.

Un naltro aspetto essenziale e’ che lo stile patologico di consumo di alcol osservato nella stesse popolazione bianche colonizzatrici, servi’ come punto di riferimento per le popolazioni Native(19).

Alcuni leaders Nativo Americani, perfettamente consci delle conseguenze derivanti dal consumo patologico di alcol, presero dei provvedimenti per arginare il problema.

Uno dei leader piu’ carismatici di questo movimento di risveglio fu il profeta Seneca " Handsome Lake"( ‘Lago Incantato").

Egli vide nella astinenza la base di un rinnovamento culturale, sociale e spirituale, che avrebbe generato un rinnovato interesse nel patrimonio territoriale, sorgente vera e propria di sopravvivenza. Si dice che egli ricevesse le sue intuizioni durante stati mistici e sogni , insomma dal mondo degli"Spiriti".Questo,spiega il suo concetto dell’alcol come un" Spirito Colonizzatore"(4).

Nel suo linguaggio mistico l’ alcol e’ visto come una sotanza che rappresenta in maniera fluida il linguaggio dell’oppressore, ogni goccia simbolizzante una clausula aggiutiva alla interminabile lista di leggi, provvedimenti , disposizioni ingannevoli e disoneste caratterizzate dalla politica coloniale Europea ed Americana.

In questo contesto culturale e’ anche necessario sottolineare il ruolo del "Transferance Storico", che puo’ essere definito come la reazione dell’ Indigeno ai valori sociali e culturali rappresentati dalla ideologia del professionista .Questa entita’ , soventemente disconosciuta in terapia, ed erroneamente interpretata come transerance psicoanalitico, si manifesta con paranoia, rabbia, e una forte esitazione a confidarsi con il terapista; nella classica ottica del DSM e’ vista come un disturbo della personalita’.

Un approccio terapeutico appropriato dovra’ quindi essere orientato in due direzioni: una verticale,connessa con la storia e le treadizioni; e l’altra, orizzontale, relazionata alle attualtli problematiche sociali e culturali , rappresentanti le correnti manifestazioni della sofferenza e trauma ancestrali.

Il ruolo del terapista educato in un approccio riflettente l’ ideologia dominante, includera’ la necessita’ di capire le premesse culturali finora discusse.

Bisogna anche considerare che le culture Indigene stanno attraversando una fase di cambiamento sotto la pressione di fattori socialii ed economici, e che quindi , una visione statica deve essere evitata.

Una caratterisica di questo preocesso, molto dibattuta nell’ ambito diverse tribu’ e’ rappresentata dall’introduzione repentina e massiccia del "Gambling" in numerose comunita’ Indiane. Le possibilita’ di cambiamenti radicali e di un esarcebamento dei temi caratterizzanti il Trauma Storico dovute a questo fenomeno sono reali e prevedibili.

 

L’uso di fori di discussione:

Una nuova metodologia, conosciuta come qualitativa, basata sul concetto di ottenere informazioni direttamente dai membri di diverse comunita’, sta’ consistentemente guadagnando terreno e popolarita’ tra i ricercatori Indigeni. (20). Essa e’ basata sull’uso di fori di discussione, che permettono liberi scambi di opinione tra i partecipanti (pazienti, professionisti, membri di comunita,’ecc.), con lo scopo di raggiungere soluzioni democratiche, compatibili con bisogni reali.

Questo approccio in verita’ ribalta la classica visione del progetto di ricerca che divide in maniera netta i cosiddetti soggetti dai ricercatori; nel formato dei fori liberi questi ruoli vengono condensati: Il paziente diventa ricercatore e viceversa.La presente modalita’ potrebbe essere applicata nello studio del trauma, poiche’ contribuirebbe ad una definizione autoctona del concetto di Trauma Storico.Rappresenterebbe , infatti, un processo analogo a quello intrapreso dai veterani del Vietnam.Sarebbe , soprattutto, molto utile per delineare la differenza tra i fattori psicodinamici e i sintomi e criteri di diagnosi. La attuale confusione tra queste due entita’ , rappresenta, infatti, uno dei principali punti di scettiscismo e di critica riguardo la validita’ del concetto.

 

Conclusioni:

 

Questo e’ un contributo modesto in un campo che e’ in via di evoluzione. La sua enormita’ ne vieta una completa discussione , causando necessarie ed inevitabili omissioni. Spero,tuttavia, che un punto sia chiaro: Il Trauma Storico e’ una entita’ reale e dolorosa per molte popolazioni Indigene.

E’ da sperare che la definizione ufficiale che si sviluppera’ nel prossimo futuro, catturi la loro sofferenza psicologica in tutta la sua latitudine contestuale ed esistenziale.

References:

1) Brave Heart, M. & DeBruyn, L. (1998). The America Indian Holocaust: Healing historical unresolved grief. American Indian and Alaskan Native Mental Health Research, 8, 60-82.

2)American Psychiatric Association, (1994). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (4th ed.), Washington DC.

3) Berger, L (1988). The long-term psychological consequences of the Holocaust on survivors and their offspring. In R.L. Braham, (Ed), the psychological perspective of the Holocaust and of its aftermath (pp175-221). New York: Columbia University Press.

4) Duran, E, & Duran B. (1995). Native American post-colonial psychology. Albany, NY: State University of New York.

5) Pavkov, T. W., Lewis D. A., and Lyons, J. S. 1989. Psychiatric diagnosis and racial bias: An empirical investigation. Professional Psychology: Research & Practice 20:364-368.

6) Duran, B., Duran, E., and Yellow Horse, M. 1998. Native Americans and the Trauma of History. In R. Thornton (Ed.) Studying Native America: Problems and Prospects in Native American Studies. Madison, WI: University of Wisconsin Press.

7) Manson, S. M., Shore, J. H., and Bloom J. D. 1985. The Depressive experience in American Indian communities: A challenge for psychiatric theory and diagnosis. Pages 331-338 in Culture and Depression: Studies in the Anthropology and Cross-Cultural Psychiatry of Affect and Disorder, Arthur Kleinman and Byron Good (Eds.). Berkeley, CA: University of California Press.

8) Manson, S. M. 1995. Culture and major depression: Current challenges in the diagnosis of mood disorders. Cultural Psychiatry, 18 (3): 487-501.

9) Duran, B., Duran, E., and Yellow Horse Brave Heart, M. 1998. Native America and the trauma of history. Pages 60-76 in Studying Native America: Problems and Prospects in Native American Studies, R. Thronton (Ed). Madison, WI: University of Wisconsin Press.

10) Yellow Horse Brave Heart, M., DeBruyn, L.M. 1998. The American Indian holocaust: Healing historical unresolved grief. American Indian and Alaska Native Mental Health Research 8(2):56-78.

11) Yellow Horse Brave Heart, M. 1999. Gender differences in the historical trauma response among the Lakota. Journal of Health and Social Policy, 10 (4):1-21.

12) Manson, S. M. 1996. The wounded spirit: A cultural formulation of post-traumatic stress disorder. Culture, Medicine, and Psychiatry. 20:489-498.

13) US Department of Health and Human Services, 2001. Executive Summary. Mental Health: Culture, Race, and Ethnicity, a Supplement to Mental Health: A Report of the Surgeon General [On-line], August 28, 2001. Available: http:// phs.os.dhhs.gov/library/mentalhelath/cre/execsummary.

14) Berger, P., and Luckmann, T. 1966. The Social Construction of Reality. New York: Doubleday and Company, Inc.

15) Kutchins, H., and A. K. Stuart. 1997. Making Us Crazy, DSM: The Psychiatric Bible and the Creation of Mental Disorders. New York: The Free Press.

16) Bulhan, H. A. 1985. Frantz Fanon and the Psychology of Oppression. New York: Plenum Press.

17) Kawamoto, W. T. 2001. Community Mental Health and Family Issues in Socio-cultural Context. American Behavioral Scientist 44 (9): 1482-1491.

18) Sue, D. W. 1981. Counseling the Culturally Different. New York: John Wiley & Sons.

19) Unrah, W. E. 1996. White Man’s Wicked Water: The Alcohol Trade and Prohibition in Indian Country, 1802-1892. Lawrence, KS: University Press of Kansas.

20) Roter, D. and R. Frankel. 1992. Quantitative and Qualitative Approaches to the Evaluation of the Medical Dialogue. Social Science and Medicine 34(10):1097-1103.

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