"Outsideof a dog, a book is a man's best friend. Inside of a dog, it's too dark to read." GROUCHO MARX
Autore:Tomàs Maldonado Titolo: Critica della ragione informatica Feltrinelli, Milano, 1997, pagg. 219, £. 35.000
Questo testocompleta la riflessione teorica di due libri precedenti dellíautore: Ilfuturo della modernità (1987) e Reale e virtuale (1992)dedicati ad una analisi dellíimpatto nella vita sociale delle nuove tecnologieinformatiche. Líautore smentisce però fin dalle prime battute lapremessa posta nella prefazione al libro in cui afferma: "Questonon è un libro ëcontroí le nuove tecnologie informatiche, e neppureëcontroí la prospettiva di una società altamente informatizzata.Il fatto che io prenda le distanze, senza mezzi termini, dallíottuso conformismoe dallíeuforico trionfalismo oggi dilagante nei confronti di quelle tecnologie,e del loro eventuale impatto sulla società, non deve trarre in inganno:nulla mi è più estraneo di un atteggiamento di pregiudizialediffidenza sul ruolo della tecnologia...detto questo se si vuole tutelarela loro carica innovativa, le tecnologie devono rimanere sempre aperteal dibattito delle ideeî.
Scivola invecevelocemente e pericolosamente sul versante degli ëapocalitticií nel corsodella trattazione della Critica della ragione informatica. Non dàcredito alla possibilità adombrata dai ëguruí (Negroponte, De Kerckove,Sherry Turkle) circa il fatto che la rete possa permettere una forma didemocrazia partecipata; relega la funzione delle ëcomunità virtualiíad un puro conversazionalismo privo di reale efficacia comunicativa; ritieneriduttiva per lo scambio di idee la teleconferenza ed è semplicementeterrorizzato dalla possibilità che gravi e importanti decisionipolitiche possano essere concordate attraverso líuso di strumenti che consentonodi contraffare líidentità degli interlocutori.
Secondo questaottica chi ritiene che il cyberspazio possa essere uno spazio democraticosi illude e verrà ingannato beffardamente da coloro che profetizzano(ovviamente in mala fede) la possibilità di questo evento, con unabanale operazione di populismo informatico. Il disegno che starebbe dietrolíoperazione di propaganda dellíinformatica sarebbe l'opera di una agguerritaélite che gestisce la conoscenza e la capacità diprodurre di queste complicate macchine, di cui forse in definitiva potremmoanche fare a meno, anche perché complicano la nostra esistenza anzichésemplificarla. Líauspicio è quello di un ritorno ad una specie didemocrazia ateniese, dove le persone raccolte in comunità ërealiítornino ad incontrarsi ënella realtàí e prendano personalmente ëdevisuí le loro importanti decisioni, anche per non aggravare la distanzatra il sapere - privato e specialistico - dellí ëéliteí con quelloinsipiente delle ëmasseí. Dopo questa inopinata incursione nel ëgiardino informaticoí dei ëguru telematicií,dopo aver squarciato brutalmente il velo che copre questa terribile realtàe aver profetizzato che precipiteremo ben presto in una cupa indigenzainformativa, l'autore non manca di porgere le sue scuse allíattonitolettore: ìMiespongo al rimprovero di avere una visione troppo prevenuta verso le nuovetecnologie nella società democratica. La verità èche la mia circospezione riguarda ëesclusivamenteí i fumosi scenari cheprefigurano líavvento di una società in cui, grazie al contributodelle nuove tecnologie, sarebbe possibile realizzare líantichissimo sognodi una democrazia genuinamente partecipata. E per di più: planetaria.A mio parere, questo non è uno scenario credibile....In un mondoin cui tutte le visioni ideali sul nostro futuro sono state messe in fuga,il capitalismo cerca oggi affannosamente di occupare gli spazi lasciativuoti. E lo fa ricorrendo, ad una ambiziosa ëmetanarrazioneí....líarrivoimminente della ërepubblica elettronicaíî (pag.90-91).
Ovviamente sitratta di un terribile inganno ordito dalle multinazionali dellíinformazione.Ma non avevamo dubbi in proposito: come 'cybercittadini' siamo consci dellasovranità tecnologica di imprenditori come Bill Gates.
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