Modelli psicoterapeutici nel trattamento dellanziano. Lapporto della psicoanalisi. Giuseppe Ballauri
Ho accolto con gran piacere e interesse linvito della dott.sa Vecchiato a presenziare a questa tavola rotonda per due motivi sostanziali: -il primo perché ho lavorato subito dopo la laurea e per cinque anni come medico in un Istituto per anziani di Genova -lEmanuele Brignole - che i genovesi conoscono con il triste nome di Albergo dei Poveri; -in secondo luogo perché la Società Italiana di Psicoterapia Medica già nel lontano1982 organizzò un Convegno a Firenze sulla psicoterapia dellanziano. Questi due motivi; quindi, sono le premesse ma anche la piattaforma per svolgere alcune mie considerazioni, oggi, sulla psicoterapia dellanziano. Dalla mia esperienza allIstituto Brignole e privata vorrei innanzi tutto raccontarvi alcune vignette cliniche: I) - un giorno fui avvertito da uninfermiera del reparto dove lavoravo, che conosceva il mio interesse per la psicoanalisi, che una degente intratteneva spesso il personale con racconti sul padre, sulla relazione molto intima con lui, tale da sembrarne a 80 anni, ancora, innamorata.Per cui decisi di rendermi disponibile allascolto, cercando di soffermarmi con lei in un modo il più garbato possibile per alcuni colloqui. Mi raccontò delle passeggiate con il padre sulle alture di Genova negli anni precedenti la prima guerra mondiale, i viaggi turistici con lui in alcune città del nord dellItalia senza la madre, perché spesso ammalata, di come il loro affetto era così intenso da tenersi di solito per mano e di come si scambiavano carezze e baci, naturalmente sulle guance.Mi pareva che la paziente, che non presentava deficit cerebrali, in quei racconti si esprimesse con accenti euforici quasi maniacali, perciò la percepivo lontana dalla sensazione, che per me era molto intensa, di tristezza nel pensare ad una donna, che aveva sacrificato tutta la vita per lamore verso il padre.Non si era sposata e non era riuscita a trovare una condizione di vita autonoma per realizzare se stessa, tanto da finire dopo varie traversie alletà di 65 anni degente dellIstituto. II) - unaltra infermiera mi fece notare che una paziente si era innamorata di me, paraplegica non autosufficiente e affetta da lieve demenza.Mi era stato riferito che le ricordavo un ufficiale di cavalleria che aveva amato, ma che era morto durante la prima guerra mondiale.Decisi allora come avevo fatto con laltra paziente semplicemente di ascoltarla, di sedermi accanto al suo letto nei momenti in cui non ero impegnato con le visite mediche. III) Una paziente di 70 anni mi chiede la psicoterapia, perché caduta in uno stato depressivo dopo la morte della madre 95enne e per il fatto che il figlio è andato a vivere da solo in periferia, rifiutandosi di stabilirsi nellappartamento, che lei gli ha comprato e allestito sullo stesso piano della sua abitazione nella prospettiva del futuro matrimonio. Donna intraprendente, ha svolto una florida attività di commercio riuscendo a guadagnare molto più del marito, semplice impiegato. Nelle sedute mi parla comunemente della madre, che considerava come una bambina la sua piccina, tanto bisognosa di lei come il figlio e il marito di 12 anni più giovane. I suoi bambini che ha cercato di tenere sempre uniti vicino a lei. In una seduta dopo racconti monotoni e ripetitivi sulla mamma mi parla di un nipote, con una vita drammatica alle spalle che era morto per overdose. Si apre così la possibilità, attraverso la storia sul nipote, di avvicinare la paziente al problema della sua dipendenza infantile nei confronti della madre e alle proiezioni di questa sui parenti stretti e su di me. La psicoterapia, poi, è proseguita con grande discrezione e attenzione ai riferimenti transferali della paziente, che spesso minacciava di abbandonarla per dedicarsi a cure termali, molto più efficaci-secondo lei- per le persone anziane. IV) -unaltra paziente venne da me, perché soffriva dansia, si sentiva molto sola, dopo che la figlia si era trasferita con la famiglia a Milano. Nelle sedute emergeva, frequentemente, il racconto dei traumi psicologici e organici subiti durante un bombardamento in una cittadina della riviera di ponente e collegava, nelle associazioni, questi traumi a quelli subiti con il marito, deceduto alcuni anni prima, per i loro frequenti litigi, dovuti al motivo che lei rifiutava di solito i rapporti sessuali, da cui non aveva tratto mai soddisfazione. Non fu possibile, evidentemente , affrontare la conflittualità inerente ai "traumi" sessuali della paziente, ma fu possibile aiutarla a contenere lansia mettendola a confronto con l irrealistica paura ,che la figlia lavrebbe abbandonata per sempre senza mai più venire a trovarla. Vediamo, adesso, nei casi presentati ,pur in situazioni molto diverse, alcune problematiche inerenti allanziano che la psicoterapia deve tenere conto e che furono mostrate con molta chiarezza dal prof. Rossi nella presentazione degli atti del Convegno dell82: 1)- possibilità di estendere la psicoterapia allanziano , perché la cultura di oggi tende a riservare più spazi , là dove una volta poteva essere considerato spento come nella vita sessuale ; 2)- spesso i disturbi dellanziano prendono spunti da motivi psicogeni e non involutivi e per nulla organici ; 3)- la depressione come patologia più frequente per linevitabile confronto con la perdita doggetto, problema generale del vecchio che ha di fronte la morte , anche se sarebbe ingenuo ridurre questo problema a dimensioni di tecnica psicoterapeutica . Nel caso della terza paziente , che dimostrava almeno dieci anni di meno della sua effettiva età, laspetto della morte era molto lontano dai miei sentimenti controtransferali e le problematiche sembravano cosi vicine a quelle della conflittualità adolescenziale di fronte all autonomia dai legami parentali; 4)- problemi controtransferali in cui pur con labolizione dei pregiudizi nei confronti dellanziano , può persistere la difficoltà, da parte dello psicoterapeuta, nell affrontare il fatto che eros e thanatos convivono cosi vicini . Credo che questo aspetto possa spiegare la mia ottusità nellaccorgermi delle richieste delle due pazienti ,ricoverate all Istituto Brignole ; 5)- psicoterapia dellanziano come banco di prova dellidentità dello psicoterapeuta. Se lo psicoterapeuta sia in grado , in altre parole , di considerare il primum non nocere ,e se può abbandonare il suo narcisismo onnipotente non terapeutico e se ha imparato a diventare uno che cura in tutte le situazioni ,anche quando il premio è più modesto. Ed è proprio a seguito di queste considerazioni del prof. Rossi , che penso possa esservi utile riferivi delliniziativa , che intrapresi dopo lesperienza con le due pazienti sopra menzionate allIstituto Brignole . In accordo con léquipe di fisioterapisti e assistenti sociali che lavoravano stabilmente nellIstituto decisi di tentare con la loro collaborazione la riabilitazione di un gruppo di degenti, alcune delle quali affette da pseudo - demenza . Decidemmo di presentare brevemente i film , che erano programmati settimanalmente nel cinema dellIstituto, per proseguire dopo la proiezione con un dibattito. Volevamo cercare di stimolare le pazienti, affette da pseudo-demenza a recuperare il loro immaginario, attraverso la possibilità di riappropriarsi di emozioni ed affetti ormai sopiti, che la visione del film poteva aver risvegliato in loro; a permettere a tutte le pazienti, anche a quelle , in cui non erano presenti sintomi di demenza o pseudo, di comunicare e contestualizzare nel presente, attraverso incontri di gruppo ,le esperienze ritrovate o quelle bloccate e fissate nel passato. Le pazienti seguivano contemporaneamente unattività ergo-ludo terapica, effettuata dalle fisioterapiste e dalle assistenti sociali. A questo punto potrei considerare concluso il mio intervento , ma sono spinto a continuare, perché la sfida nella psicoterapia o nellanalisi dellanziano ci propone il grande tema della conquista del senso , della pensabilità delle emozioni, nelle dinamiche transfert-controtransfert, che incontriamo tout court con tutti i pazienti, indipendentemente dalletà, durante lo svolgersi del processo psicoterapeutico . Partirò in queste mie considerazioni dal film DER LETZE MANN di Murnau ,che il prof. Petrella presentò sempre al Convegno sullanziano del 1982, per concludere definitivamente proprio con le tematiche sullanziano che il film di Murnau solleva . Il film narra la storia di un portiere dalbergo di Berlino , che perde il diritto di portare la bella livrea gallonata, che gli dava prestigio e potere in famiglia e tra gli abitanti del quartiere ,perché invecchiato e non più allaltezza degli oneri che tale divisa implicava. Petrella nellanalisi del film richiama il problema di una crisi nelletà senile dovuta alla destituzione sociale e quindi allimmancabile depressione dellanziano che la subisce. Possiamo considerare che la depressione-prendendo spunto dal discorso iniziato da Putrella- sia dovuta il più delle volte alla mancanza di senso che lanziano può dare alla propria vita nel ricapitolarla dal tempo passato al presente; se, infatti, lauto- stima dipende esclusivamente dalla livrea, dallapparenza e dalla sola dimensione sociale o dallesoscheletro per usare unespressione di Bion, non rimane che lattesa di un futuro verso la conclusione della vita di sconforto e cordoglio. Allora come si può rispondere alla domanda che prepotente si affaccia tra le sequenze del film :dove nasce la possibilità di dare un senso , un significato alla nostra vita, che permetta di conciliarci con linevitabilità della caducità, della precarietà e infine della morte? Freud , nei suoi saggi nati dalla riflessione sul dramma della guerra e in particolare quello sulla "Caducità " , si pone proprio il problema del senso da dare alla vita di fronte allostacolo più forte e doloroso che inevitabilmente si incontra nella dimensione ontologica delluomo : la perdita della bellezza delloggetto , la sua precarietà . E mentre il poeta che nel saggio rappresenta il suo interlocutore è preso nella caducità delle cose , nel loro precipitare , nel loro inabissarsi , nella transitorietà fino alla negazione del loro valore. Freud ,al contrario ,sembra riproporre la certezza della bellezza della natura e dellumanità :"torneremo egli dice- a costruire tutto ciò che la guerra ha distrutto forse su un fondamento più duraturo e solido di prima anzi in rapporto alla durata della nostra vita questo si può dire un eterno ritorno ." " E anche- continua- la distruzione possibile delle opere darte, anche lavvento di una nuova razza umana che non ne comprenderà più il senso o addirittura di unera geologica in cui ogni forma di vita sulla terra sarà scomparsa, non possono cancellare il fatto che il valore di tutta quella bellezza e perfezione è determinato dal suo significato per la nostra sensibilità viva, non ha bisogno di sopravviverle e per questo è indipendente dalla durata temporale assoluta." Allora la morte rappresenta quella morte che dobbiamo preparare per praticare la vita. Di fronte al perire delle cose, al loro precipitare nella precarietà possiamo rifiutare la precarietà stessa, opponendole la nostra illusoria fede nelleternità di tutto ciò che ci circonda oppure scendere al lutto e alla melanconia e affermare che tutto è morte, che tutto è come la morte irrapresentabile La terza via che Freud cerca di proporre è quella del riconoscimento della precarietà , della caducità , della fragilità dei nostri aspetti psichici culturali e sociali. Ma ciò significa affermare anche che morte e vita non si oppongono semplicemente, ma si compongono e si articolano in un tempo diverso che è necessario ancora costruire. Quel tempo è un tempo ritrovato (come sottolinea Rella nel suo commento a Costruzioni in analisi) che costituisce una diversa dimensione temporale per il soggetto e produce unaltra memoria, un diverso orizzonte in cui si iscrivono gli eventi del passato e del presente Equi in questo contesto che vediamo come le considerazioni sulla caducità assumono valenza non solo di discorso generale quasi filosofico, ma di tecnica di psicoterapia analitica . Il ricordo puro e semplice non è mai cura non ha nessun effetto nel soggetto La conoscenza si fa trasformazione delle condizioni del soggetto quando essa diventa esperienza o sapere o possibilità di momento di pensiero che travalica nel hic et nunc della relazione le condizioni storiche o cicliche del tempo . Anche la morte allora viene a far parte ad articolarsi nel tempo costruito in cui si intessono come in un ricamo nellordito del presente i fili del passato disegnando la loro figura , leggibile, riconoscibile, interpretabile e pensabile. Ed è proprio sulla linea delle considerazione esposte , che possiamo pensare al lavoro meno nobile ,ma adeguato ai limiti delle nostre possibilità dintervento come quello nelle istituzioni o nella psicoterapia privata oppure al lavoro sofisticato di unanalisi, come quella effettuata con successo dalla Seagal (rimando al suo lavoro) su un signore di 70anni che riuscì a superare la sua paura della morte ricordando e contestualizzando nella relazione dellhic et nunc presente le sue angosce infantili legate ad una profonda rabbia distruttiva.
Bibliografia Bion W.R.(1962) . Apprendere dallesperienza. Roma,Armando ,1972 . Freud S. (1915) .Considerazioni attuali sulla guerra e la morte.O.S.F. 8 . Freud S. (1915) . Caducità. O.S.F. 8 . Freud S. (1937 ) .Costruzioni in analisi . O.S.F. 11 . Petrella F (1983) .Atti del XVII Congresso Nazionale della S.I.P.M. ,Torino,Centro Scientifico Torinese ,1986 . Rella F. (1981) .Il silenzio e le parole. Milano,Feltrinelli Rossi R. (1983) Atti del XVII Congresso Nazionale della S.I.P.M. Torino, Centro Scientifico Torinese ,1986. Seagal H.(1958 ) .Casi clinici. Roma, Il Pensiero Scientifico,1980 . |
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