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POTENZIALITA' E DIFFICOLTA' DEGLI INTERVENTI INTEGRATI NEI DIPARTIMENTI DI SALUTE MENTALE DELLA A.U.S.L. 6 - Palermo

 

ORGANIZZAZIONE DEL DSM E MODELLO INTEGRATO

 

La prima esigenza condivisa dal gruppo Ë stata quella di definire le caratteristiche di base del Modello Operativo Integrato nel contesto dei Dipartimenti di Salute Mentale.

I riferimenti normativi, la presenza di diverse figure professionali, il mandato istituzionale rendono infatti i DSM " ambito naturale" per un lavoro di tipo integrato.

Quello che si sta cercando di costruire, nella sperimentazione pratica nei nuovi Servizi Territoriali, Ë un modello complesso di azione terapeutica che si propone di fornire risposte articolate e polidirezionali, utilizzando pi contesti operativi e l'apporto di diverse professionalit, in un programma unitario di intervento.

Queste nuove caratteristiche dell'agire terapeutico hanno posto l'esigenza di un assetto organizzativo, appunto di tipo dipartimentale, che potesse garantire una trama di relazioni operative complesse, sia nel versante interno al Servizio (i diversi gruppi di lavoro) che nei suoi rapporti con il territorio: altri Servizi, agenzie istituzionali e non, la comunit circostante.

Se da un lato il Dipartimento di Salute Mentale sembra costituire la indispensabile intelaiatura strutturale per una nuova modalit operativa integrata e multiprofessionale, d'altro canto la sua realizzazione, come realt operativa ben funzionante, non pu avvenire con un semplice atto burocratico ma richiede un vero e proprio percorso fondativo del Servizio.

Esso deve fare i conti con i vincoli normativi e strutturali ma anche con la specificit e storia di ciascun gruppo di lavoro, in una interazione processuale tra soggettivit dell'operatore e risorse, difficolt e adattamenti, linee generali e specificit locali.

Tutti questi aspetti, a partire dal confronto empirico con le esigenze operative, hanno contribuito in questi anni a sviluppare teoricamente e operativamente un insieme, solo parzialmente sistematizzato, di metodiche e concettualizzazioni, che spesso viene indicato come " nuova cultura dei Servizi". Ci ha portato a delineare alcune caratteristiche essenziali dei modelli integrati, di ordine organizzativo, metodologico ed operativo, rapportabili essenzialmente a 5 aspetti:

a) l'assetto organizzativo dipartimentale e l'impostazione progettuale

b) la peculiarit territoriale dei Servizi

c) la cooperazione in Èquipe multiprofessionali

d) l'integrazione delle "tecniche"

e) la valutazione dell'attivit e dei risultati.

 

a) Assetto organizzativo dipartimentale e impostazione progettuale

La strutturazione dipartimentale va vista non solo come un modello di razionalizzazione organizzativa, ma soprattutto come condizione strutturale, per svolgere interventi e funzioni a pi componenti integrate:

  • assicurare funzioni di prevenzione, cura e riabilitazione nel campo della salute mentale in un ambito territoriale delimitato;
  • assicurare la molteplicit di funzioni terapeutico-riabilitative: assistenza ospedaliera, attivit del Centro di Salute Mentale, semiresidenzialit e residenzialit;
  • adottare un'ottica multiprofessionale per l'intera attivit del Servizio: prevenzione, accoglienza, progetto, trattamenti, riabilitazione, verifiche.

Rientra in questo livello la definizione di una cornice procedurale delle attivit. Essa Ë comunque rintracciabile nel funzionamento pratico di ogni DSM ma Ë importante che sia resa esplicita e affrontata come un insieme di regole e scelte condivise da tutti i componenti del gruppo di lavoro.

Ad esempio nel definire le modalit di presa in carico di una situazione andrebbero chiariti i seguenti aspetti:

  • come viene raccolta la richiesta di intervento
  • come viene effettuata la prima valutazione del caso
  • come vengono tracciati degli obiettivi da raggiungere
  • con quali modalit operative si cerca di raggiungere quei traguardi
  • in che modo si attua l'integrazione tra diversi livelli di intervento (diversi operatori, differenti impostazioni, differenti contesti)
  • come viene data una valutazione del lavoro svolto

 

b) Radicamento territoriale del Servizio

Per definire la qualit del rapporto che viene a stabilirsi tra DSM e territorio - il versante esterno della pratica di lavoro - va fatto riferimento ai seguenti criteri in cui dovrebbe essere tangibile la peculiarit territoriale del Servizio:

  • e' sufficientemente accessibile e conosciuto
  • le richieste di aiuto vi giungono precocemente
  • riesce a raccogliere l'intera domanda e pochi si rivolgono ad altre agenzie
  • l'aggancio terapeutico funziona, si instaura una continuit di trattamento e sono pochi gli abbandoni si riesce ad attuare una modalit di trattamento programmata e strutturata
  • si lavora a coinvolgere la famiglia
  • si tende a mobilizzare le risorse attivabili nel contesto di vita del paziente vi Ë una ricaduta, a livello di comunit, sugli atteggiamenti nei confronti del disagio psichico e sugli stili di vita

Sono molti i nodi problematici ed i risvolti operativi collegati ad una modalit "territoriale" di assistenza.

Æ E' indispensabile in primo luogo che il Servizio assuma la responsabilit di costituire il punto di riferimento istituzionale nei confronti dell'utenza complessiva del proprio territorio, disponendosi a organizzare nel modo pi funzionale la raccolta della richiesta di aiuto professionale, la costruzione dell'aggancio terapeutico, il mantenimento della continuit della presa in carico.

Ci richiede ad esempio l'acquisizione di una mappa generale dell'utenza e la possibilit di un riscontro evolutivo delle situazioni segnalate o indirizzate al Servizio, comprendente sia i casi entrati in un piano di trattamento sia le situazioni per le quali non si sono risolti i problemi di "opposizione alla cura" e che sono spesso i casi a maggior rischio di cronicit o di esiti infausti.

Æ Al fine di favorire la continuit di rapporto e progetto tra utente e Servizio, sembra necessaria la responsabilizzazione di un referente o meglio di un'Èquipe di riferimento per ciascuna situazione, in modo da contribuire a costruire una strategia di aggancio ed a mantenere nel tempo un filo conduttore, rispetto ad altri interventi diversificati e delimitati (ricovero in SPDC, o inserimento in Comunit Terapeutica, in Centro Diurno) o anche a fasi critiche nel rapporto con il Servizio (interruzioni non concordate di trattamento o altre situazioni non previste).

Æ Bisogna superare una concezione quasi "geografica" o burocratica del territorio e imparare invece a considerare il territorio come risorsa terapeutica. La conoscenza della realt di vita e dei suoi riflessi sulla condizione psicologica dei pazienti, i referenti significativi di quel particolare contesto familiare e sociale, i supporti attivabili a livello di comunit, la ricostruzione della trama di relazioni in cui Ë inserito il paziente, la contrattazione tra aspettative, bisogni e vincoli di realt, sono altrettanti aspetti decisivi nell'evoluzione del disagio. Sono anche componenti essenziali dell'esperienza e competenza professionale di territorio che non si improvvisano e che il gruppo di lavoro deve poter maturare nel tempo.

 

c) Cooperazione in Èquipe

La questione riguarda in questo caso l'obiettivo di far funzionare l'insieme del gruppo di lavoro del DSM (e le diverse Èquipe multiprofessionali) come insieme organizzato, in grado di costruirsi una rappresentazione articolata della propria attivit, di mettere in comune i diversi pezzi di conoscenza e di osservazione, di rispondere alla frammentazione con una capacit di riunificare, di programmare e attuare sequenze di azioni finalizzate, di fare verifiche e aggiustamenti. I molti aspetti coinvolti sembrano riferirsi essenzialmente a due piani.

Æ Un piano pi organizzativo che implica una trama formalizzata di incontri operativi dei gruppi di lavoro in cui tutte le componenti del Servizio possano riconoscere un assetto stabile e garantito di reale confronto e cooperazione e che costituisce la base razionale della integrazione operativa di gruppo. E, sempre a questo livello, l'assunzione di un metodo di negoziazione senza perdenti, attraverso il quale affrontare costruttivamente i processi decisionali dell'Èquipe sui programmi di intervento e sulla attribuzione dei differenti compiti nella gestione dei casi.

Æ L'altro piano riguarda invece la possibilit di assumere le dimensioni emotive e relazionali coinvolte nel funzionamento delle Èquipe che costituiscono dei gruppi con storia, degli insiemi di relazioni e di regole a sviluppo processuale.

Ne deriva la necessit di attivare nei DSM momenti specifici da dedicare alla elaborazione delle problematiche del gruppo di curanti in cui sia possibile ripensare a questi aspetti ed alla relazione operatore/utente in una dimensione pi protetta e meno pressata dalla routine. Quali modalit si rivelano pi opportune? E come si valuta l'apporto di un eventuale interlocutore esterno al gruppo?

 

d) Integrazione delle tecniche

L'integrazione delle tecniche riguarda la possibilit di integrare tecniche ed interventi farmacologici, sociali, psicoterapeutici, riabilitativi, condotti con tecniche e metodiche di diverso orientamento.

Questa esigenza fa riferimento alla prospettiva di lavorare ad un concetto di cura, di aiuto professionale che sappia adottare una visione complessa dei fenomeni psicopatologici.

Qualche tempo fa si sottolineava l'importanza di risalire a monte del sintomo, cercando di comprendere i meccanismi psicologici, i tramiti mediativi, che collegano il piano personale a quello relazionale e sociale.

La polisemia e la multicausalit intrinseche all'evento psicopatologico, richiederebbero una prassi terapeutica capace di sviluppare risposte polidirezionali e non riduttive o parcellizzate, utilizzando appieno, come risorsa e ricchezza, la pluralit di apporti, di persone e saperi, presenti nei DSM.

Nella pratica si avverte insieme la potenzialit ma anche la difficolt di un compito cos complesso, peraltro nella incertezza di modelli di riferimento condivisi e unificanti.

Diffusa Ë pertanto la sensazione che non esista un'esperienza formativa capace di racchiudere in sÈ tutto il bagaglio teorico e pratico necessario, mentre sembra pi utile porsi in una condizione di sperimentazione e formazione permanente per accrescere l'esperienza e la cultura degli operatori in un percorso di confronto-interazione con i propri schemi di riferimento e con le altre linee di sviluppo delle conoscenze di settore, in una circolarit di approfondimento e sperimentazione.

Per questo ci si ritrova in una impostazione che tende verso l'integrazione di modelli e tecniche e verso una riformulazione di metodiche e concetti dei vari approcci psicoterapeutici.

In questa direzione si pu fare riferimento ad alcune esperienze di lavoro condotte in questi anni da:

  • Piro (Tecniche complesse basate su residui operazionali)
  • Zapparoli, Pontalti (Modelli integrati e multimodali)
  • Burti, Siani (Modelli terapeutico-riabilitativi)
  • Saraceno, Cirillo (Modelli clinico- extraclinici).

 

e) Valutazione dell'intervento

Si ritiene che un Servizio articolato e complesso come un DSM non possa funzionare senza un ritorno di informazioni sul proprio operato e sui suoi risultati.

A tal fine Ë necessario strutturare la raccolta di informazioni sul profilo clinico-sociale dei pazienti e sulla sua evoluzione nel tempo come parte integrante della attivit clinica di routine.

Ad un primo livello di rilevazione puramente quantitativa dei dati dell'attivit generale, il volume complessivo delle prestazioni e la loro tipologia, Ë necessario aggiungere altri indicatori che ci diano una prima idea sui risultati dei trattamenti, almeno per alcuni aspetti pi evidenti e pi facilmente rilevabili: il funzionamento globale, la psicopatologia, la disabilit sociale, i bisogni espressi dagli utenti, la qualit della vita, la soddisfazione degli utenti rispetto al Servizio.

Inoltre dovrebbe essere possibile arrivare ad una metodologia confrontabile delle diverse pratiche terapeutiche e riabilitative, partendo per proprio dalle operazioni concrete attuate nei percorsi di trattamento e dal modo in cui viene formulato un giudizio sui risultati del lavoro effettuato.

Lavorare ad una "intesa" su un modello di valutazione nella pratica routinaria "a partenza dal basso" sembra possibile e il punto di partenza dovrebbe essere rappresentato proprio dal definire - in un percorso condiviso dai diversi soggetti in campo - i criteri con cui valutare i risultati nella seguente progressione:

  • Intesa sugli obiettivi generali e sui criteri
  • Descrizione operativa delle modalit con cui vengono raggiunti quei risultati
  • Traduzione in aspetti in qualche modo misurabili (indicatori)
  • Definizione di protocolli di rilevazione
  • Circolarit del percorso attivit - verifica - aggiustamento
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