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Psicoanalisidella colpa e colpe della psicoanalisi   
intervistaa Roberto Speziale-Bagliacca 
 

L'analistae la colpa  

A. G.:Siamo di fronte alla logica del sociologo, dello storico e in genere,lo dice anche lei, dello scienziato: in cosa si differenzia allora lo psicoanalista?  

R.S.-B.- Costoroindagano e operano nell'isolamento, osservano e descrivono gli accadimentiutilizzando il distacco, lo psicoanalista, invece, lo deve fare in pienocoinvolgimento emotivo (il suo è un distacco "partecipe"): all'analistasi chiede di non ritrarsi inorridito, né di immergersi senza provaresentimenti. Gli si chiede di facilitare il cambiamento del paziente o dellapaziente, di liberarli dai morsi della colpa, proprio mentre analizza lapropria interazione emotiva con lui o con lei. L'analista lavora nonostantel'analizzato lo spinga in molti modi ad incolparlo e, per altri versi,a sentirsi colpevole. Siamo di fronte a uno stato mentale e a un compitoabbastanza unici che, proprio per questo, ci permettono di vedere aspettidel senso di colpa che altre discipline ignorano.  
La logicache trascende la colpa è sì la logica entro la quale dovrebbeoperare lo psicoanalista, ma è una logica spesso disattesa e suquesto nel saggio mi dilungo, mostrando le trappole in cui il terapeutapuò cadere e diventare così giudice e censore. Se èvero che il clinico non può giudicare il paziente se vuole curarlo,è pur anche vero che questo atteggiamento non riguarda solo chivuol curare. 
Ci sono esseriumani che muoiono senza neppure intravedere un modo di pensare che si distaccadalla colpa, ma ci sono anche coloro che - il più delle volte senzarendersene conto - osservano la realtà, sia quella esterna che quellainterna, dai due vertici (quello della colpa e quello che la trascende),oscillando da uno all'altro: siamo di fronte a quello che propongo di chiamareil "paradosso schizofrenico" (perché c'è di mezzo una scissione). 
Per illustrarequesto punto, ricorro, tra l'altro, a Interiors di Woody Allen.Il film, come qualcuno ricorderà, esamina, dal punto di vista delletre figlie (una scrittrice, un'attrice e una giovane donna brillante masenza talenti particolari), gli effetti su una famiglia agiata del fattoche il padre, senza preavviso, decide di abbandonare la fredda atmosferadel rapporto con la moglie profondamente depressa, con il proposito disposare una donna volgare che però ama la vita. Questo causa ilsuicidio della prima moglie che si allontana camminando nelle onde delmare.  
 Anchetra coloro che si trovano a condividere la prospettiva di Allen, che nonesprime mai un giudizio, non incolpa mai nessuno in tutto il film, sonoprobabilmente in pochi quelli che si rendono conto che l'ottica che assumononel buio della sala cinematografica (che, nel libro, chiamo della responsabilitàtragica) è in contrasto con la logica delle istituzioni entro lequali conducono la maggior parte della loro esistenza e anche con lo spiritocon il quale loro stessi, durante un film western, aspettano che la vendettaabbia corso e che il cattivo faccia la meritata fine, crepando con soddisfazionegenerale.  
La vita ditutti i giorni è regolata dalla logica della colpa e non puòessere che così. Se si esclude forse la vita del santo o del monacozen cui lei faceva riferimento. 
Il paradosso"schizofrenico" consiste nella necessita di non abbandonare gli aspettidel sistema basato sulla logica della colpa (altrimenti "i delitti si equivalgonoe l'innocenza finisce per perdere i propri diritti", come temeva AlbertCamus) e, a un tempo, trovarsi a vedere le cose da una prospettiva chenon giudica, non sentenzia, ma cerca di comprendere e di spiegare. Difficilerestare a cavallo tra le due logiche o vivere passando in sella solamentea quella della responsabilità tragica. 
Momenti particolarmentedrammatici hanno talvolta la capacità di risvegliarci dal torporequotidiano cui il paradosso schizofrenico ci fa indulgere. Questi momentici permettono di cogliere, con una presa di coscienza improvvisa, la differenzatra le due logiche di cui stiamo parlando. Facciamo un altro esempio trattodalla cronaca: di fronte allo zio che violenta i nipotini in tenera età,pur essendo ammalato di Aids (particolare che viene considerato sulla stampaun'aggravante e non una probabile causa scatenante!, come invece pensa,o dovrebbe pensare, lo psichiatra), avvertiamo uno scollamento che, talvoltadopo un attimo di disorientamento e una prima risposta "istintiva" di marcadiversa, ci permette di riorganizzare il pensiero a un livello dove nonc'è più spazio per reazioni come il desiderio di una punizioneesemplare, o per sentimenti come l'indignazione, oppure anche la misericordia,il perdono, la pietà, e altro ancora del corredo della colpa. Meglio,lo spazio rimane, ma questi sentimenti è come se si ponessero sullosfondo, perdendo la dignità di interlocutori. È in questeoccasioni che ci possiamo permettere di comprendere, da una prospettivaallargata, che l'evento considerato "colpevole" non è che il prodottodi una grande quantità di forze. 
Difficilerisolvere il contrasto tra le due logiche, per lo meno se si pretende difarlo in maniera coerente, senza oscillazioni o non accettando una sortadi compromesso: in molte situazioni istituzionali ci si può sentirecostretti a seguire la logica della colpa pur pensando contemporaneamente,dall'altro vertice, che in questo modo qualcosa di molto importante vaperduto. Come membro di una associazione psicoanalitica ho votato a favoredell'espulsione di soci che ritenevo dannosi agli altri (soprattutto aipazienti), pur ritenendo che l'espulso fosse bisognoso di cure e non diuna punizione. Ma dovevo anche tenere conto del fatto, altrettanto tragico,che chi doveva essere espulso di farsi curare non ne avrebbe voluto sapere. 



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