- TRENT'ANNI
DI PSICOTERAPIA COGNITIVA E COMPORTAMENTALE
- IN ITALIA
- Ezio Sanavio
- Professore di Psicologia Clinica, Università
di Padova
- con un commento critico
di Giovanni Liotti,
- una replica di Ezio Sanavio,
- e il dibattito
avvenuto in rete
- Prima parte di sei parti:
- 1. Ezio Sanavio, "Trent'anni di
psicoterapia cognitiva e comportamentale in Italia"
- 2. TABELLA: Principali tappe dello
sviluppo della psicoterapia comportamentale e cognitiva in Italia
- 3. Commento critico di Giovanni Liotti
- 4. Replica di Ezio Sanavio
- 5. Bibliografia
- 6. Dibattito avvenuto in rete
Introduzione di
Paolo Migone
In questo lavoro, Ezio Sanavio, Professore di Psicologia Clinica
al Dipartimento di Psicologia Generale dell'Università di Padova,
racconta la storia del movimento di psicoterapia cognitivo-comportamentale in
Italia. Il paradigma teorico del comportamentismo e i suoi successivi
sviluppi nel cognitivismo (nelle sue varie versioni) sono estremamente
interessanti, anche perché rappresentano un imprescindibile punto di
riferimento per il dibattito teorico sulla teoria della picoterapia e per
comprendere meglio le differenze con altri paradigmi (come quello psicodinamico),
e quindi la identità dei vari approcci. Un motivo di ulteriore interesse
è rappresentato dal fatto che il movimento italiano di terapia cognitivo-comportamentale
è considerato da molti come uno dei più innovativi a
livello internazionale.
Per avere un panorama più articolato su questo movimento in
Italia (e anche per mantenere quella che ormai è diventata una
tradizione dell'Area "Psicoterapie" di
POL.it, che è quella di ospitare discussioni critiche con posizioni
diverse che si confrontano), ho chiesto a Giovanni Liotti di mandare un commento,
dal suo punto di vista, allo scritto di Sanavio. Liotti è tra le
figure più note del movimento italiano di psicoterapia
cognitivo-comportametale, e ha vissuto in prima persona alcuni degli sviluppi di cui parla
Sanavio. Il suo commento contiene aspetti critici, prevalentemente riguardo ai
motivi della scissione tra le due associazioni italiane di psicoterapia
cognitiva, per cui ci è prezioso per avere un quadro della situazione
visto da un'altra prospettiva. Ho chiesto infine a Sanavio se voleva
ribattere a Liotti, e con piacere ci ha mandato una sua breve replica.
Infine, dopo la pubblicazione in rete di questi documenti, sono
comparsi alcuni interventi nelle liste di discussione (e precisamente sulla
lista Psich-Ita di POL.it e sulla lista "Psicoterapia" di Psychomedia),da parte di Tullio Carere, Paolo Migone, Gennaro Esposito, Antonio A.
Rizzoli, Piero Porcelli, Mario Galzigna, Silvio Lenzi, Tullio Carere, e
Giovanni Liotti. Questo dibattito viene pubblicato
nell'ultima parte.
- TRENT'ANNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA
- E COMPORTAMENTALE IN ITALIA
- Ezio Sanavio
- Professore di Psicologia Clinica, Dipartimento di Psicologia
Generale, Università di Padova
Introduzione
La terapia del comportamento in Italia si diffonde negli anni 70.
Essa costituì un fenomeno d'importazione, qualcosa di estraneo per
la cultura e la tradizione italiana e faticò molto per superare
le iniziali reazioni di rigetto, per radicarsi nella nostra realtà,
sviluppare la propria autonomia. Questo radicamento fu favorito negli anni80 dallo sviluppo delle teorie e delle tecniche cognitive, che
risultavano più coerenti con le nostre tradizioni culturali. Nella pratica
clinica, non vi fu contrapposizione tra cognitivismo e comportamentismo, ma un
innesto graduale dei modelli cognitivi che espandevano le potenzialità
terapeutiche delle teorie e tecniche comportamentali. Nell'uso d'oggi é
invalsa l'espressione psicoterapia comportamentale e cognitiva sostituendo
quella di terapia del comportamento. Essa potrebbe essere descritta come un
albero che affonda le sue radici nella reflessologia pavloviana ed erge la
chioma nelle epistemologie della complessità e nelle ideologie post-moderne(vedi Tabella, alla fine dell'articolo).
Sia per comprendere tale sviluppo, sia soprattutto per comprendere
in profondità luci ed ombre che oggi presenta in Italia, é
opportuno soffermarsi preliminarmente su alcune riflessioni storiche.
Il retroterra culturale
La cultura italiana, nella prima metà del novecento, fu
dominata dall'influenza della filosofia classica tedesca e del neo-idealismo,
che ebbe nel nostro paese continuatori originali ed eminenti come
Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Nel dopoguerra la cultura italiana si aprì
con entusiasmo al pensiero marxiano ed al materialismo storico. Il
dopoguerra vide altre importanti aperture culturali, di più elitaria
diffusione, in particolare verso il pensiero esistenzialista e fenomenologico (e
questi furono gli approcci abbracciati dalla parte più colta della
cultura psichiatrica in Italia, che aveva sempre parlato tedesco o francese,
ma raramente inglese). Furono invece poco conosciuti il Circolo di
Vienna, il positivismo logico, la filosofia della scienza, la cui diffusione
- dovuta a Ludovico Geymonat, che coniugò filosofia della scienza
e marxismo - fu sorprendentemente tardiva. Dunque la generazione che
negli anni '70 - anni della introduzione della terapia del comportamento -
aveva posizioni autorevoli negli ospedali, nelle università, nella
vita culturale e sociale in genere, é una generazione cresciuta ed
educata, nel bene e nel male, nel culto della cultura umanistica, dell'antichità
classica, della filosofia classica tedesca e del suo sistema di valori
culturali, sociali, etici ecc.
In Italia Watson e la cosiddetta "rivoluzione comportamentista
"erano stati ignorati al loro apparire, fraintesi in seguito
(Trombetta, 1995). Lungo oltre metà del secolo il comportamentismo fu
considerato come un sistema filosofico di stampo materialista particolarmente
ingenuo e grezzo - una posizione che anche in seguito stentò ad essere
corretta e che é tuttora condivisa dai più. Sul piano
filosofico, la rilettura storico-critica del comportamentismo dovette attendere
la fine degli anni 60 e fu opera di Umberto Curi, un filosofo padovano
di formazione marxiana (Curi, 1967, 1973). Egli, da una parte,
rimprovera al comportamentismo di prima generazione di avere sviluppato "una
meta fisica del comportamento, altrettanto dogmatica ed arbitraria della
deprecata metafisica coscienzialista" (Curi, 1967, p. 173).
Dall'altra parte, egli riconosce un secondo e più valido modo di
intendere il comportamentismo come un'applicazione al lessico della psicologia
di indicazioni epistemologiche fornite in parte dall'operazionismo di
Bridgman, in parte dalla filosofia analitica e dal Circolo di Vienna.
Evidente dunque come la cultura italiana abbia avuto e conservi
tuttora connotazioni estremamente diverse dalla cultura anglosassone: in
breve, essa é stata - ed é in prevalenza tuttora -
intrinsecamente ostile a tutto quel retroterra filosofico e più generalmente
culturale che é stato alle spalle della terapia del comportamento.
Lo scenario psichiatrico e
socio-politico
Il 1968 fu un anno cruciale per la nostra storia sociale e
politica come in gran parte d'Europa. Inoltre, nel 1968 la contestazione
irrompe prepotentemente nella scena psichiatrica. Punto cruciale é la
pubblicazione in quello stesso anno da parte di Franco Basaglia de L'istituzione
negata: Rapporto da un ospedale psichiatrico. In questo contesto critico
anche il tradizionale ruolo terapeutico del medico viene negato: viene denunciatala violenza del sapere e del potere psichiatrico, viene denunciata la
falsa neutralità della scienza. Da questa critica non viene risparmiatala psicoterapia, che viene considerata solo una forma più raffinata(o subdola) della medesima violenza.
Per quanto ci concerne, il momento più arduo di questo dibattito
é dato da un Convegno tenutosi nel 1976 a Reggio Emilia sul tema "La terapia del comportamento nella pratica psichiatrica".
Gli esponenti principali della psichiatria di allora sostennero che le
psicoterapie vanno considerate uno strumento di manipolazione e di controllo
sociale e che la terapia del comportamento sarebbe solo la più ingenua
e scoperta di tutte, quella nella quale "il malato viene messo
nella stessa situazione del topo e del piccione nella gabbia di Skinner"
(Minguzzi, 1978).
In conclusione, nel mondo della psichiatria e della psicoterapia
italiana, la strada della Terapia del Comportamento fu tutta in salita a
partire dagli anni 70 ad oggi. Costante é stata la necessità di
difendersi dalla critica stereotipica di operatori della manipolazione, del
consenso sociale, del lavaggio del cervello. E' stato merito di Gian Franco
Goldwurm - uno psichiatra comunista che ha avuto un ruolo di primo piano nella
riforma psichiatrica italiana e nella chiusura di tre dei principali ospedali
psichiatrici del Nord Italia - coniugare la deistituzionalizzazione con i principi
della terapia del comportamento e con le risorse tecniche offerte da essa
alla riabilitazione ed al reinserimento degli psicotici cronici (cfr. Goldwurm,1978, 1979).
La psicologia italiana ed il comportamentismo
Nei paesi anglosassoni, lo sviluppo e la diffusione della terapia
del comportamento si sono giovati del forte peso che il comportamentismo
aveva avuto da mezzo secolo. Nulla del genere in Italia. Lungo tutta la
prima metà del novecento, gli studiosi comportamentisti furono
conosciuti di riflesso, per lo più attraverso le critiche formulate da
loro oppositori (Kohler, Vygotsky, Piaget) o compendi di psicologia
francesi o tedeschi. I classici del comportamentismo e della Learning Theory
sono stati tradotti solo a partire dagli anni settanta e proprio
sull'onda dell'interesse suscitato dalla Behavior Therapy.
Va però fatta menzione di due significative eccezioni, a
Siena ed a Palermo, rappresentate rispettivamente da Virgilio Lazzeroni e
Gastone Canziani. A Lazzeroni viene riconosciuto il merito di avere per primo
esposto e difeso in Italia, nel 1942, la tesi che "l'oggetto della
ricerca psicologica è un momento dell'esperienza riducibile al
comportarsi degli organismi animali in situazioni date". Per i successivi
quarant'anni Lazzeroni continuò ad approfondire lo studio storico e critico
delle origini della psicologia moderna e pervenne ad elaborare una propria
revisione originale - in termini funzionalisti - della nozione di
comportamento; egli riconosce nel comportamento una funzione simile alle altre
funzioni dell'organismo: un sistema regolatore dell'organismo che si
sovrappone e interagisce con tutti gli altri sistemi di regolazione
dell'omeostasi dell'organismo (Lazzeroni, 1985). Egli si occupò non solo di
storia e teoria della psicologia, ma anche di psicosomatica e
psicopatologia. Fu così dapprima precursore poi fautore e divulgatore della
terapia del comportamento in Italia. Per merito suo e dei suoi successori,
Saulo Sirigatti e Mario Reda, l'Istituto di Psicologia Generale e Clinica
dell'Università di Siena da lui fondato é stato ed é
tuttora uno dei poli principali di ricerca e di formazione in terapia
comportamentale ed ora in terapia cognitiva.
Una seconda eccezione é costituita, nell'immediato
dopoguerra, da Gastone Canziani. Arrivato in Sicilia dalla nativa Trieste -
allora città di vasta cultura mitteleuropea - insegnò
psicologia all'università di Palermo, dove fondò un laboratorio
che svolse ricerche sperimentali di derivazione reflessologica. Grazie a
questa presenza, la Sicilia continuò in seguito ad importare
significativi studiosi aperti ad una psicologia del comportamento. Invitò
Isaias Pessotti, un giovane brasiliano allievo di Keller, ad insegnare le
tecniche del condizionamento operante nel proprio laboratorio ed a
sperimentarle, assieme al figlio Fabio Canziani, nel trattamento di fobie infantili
e disturbi del controllo sfinterico. La Sicilia fu così un altro
polo di diffusione della terapia del comportamento: prima per opera di
Canziani, poi per opera di due ricercatori di origine milanese, Ettore
Caracciolo e di Paolo Moderato.
Nel complesso, però, la riabilitazione del comportamentismo
fu parziale e incredibilmente tardiva ed ebbe luogo ben dopo che la
psicologia cognitiva si era diffusa e radicata nel mondo della ricerca
psicologica italiana e dell'insegnamento universitario. Avviene così che,
nel mezzo degli anni 70, la principale rivista di psicologia italiana, il GiornaleI
taliano di Psicologia, pubblichi un articolo, che può essere
considerato il manifesto programmatico del cognitivismo in Italia (Bagnara
et al., 1975). Con lo schematismo che spesso si ritrova in tali
documenti programmatici, il cognitivismo é presentato come
paradigma scientifico emergente, in antitesi al comportamentismo e in
associazione ad una vasta serie di potenzialità innovative e valori
progressisti. Il comportamentismo é invece liquidato come (1) fenomeno
culturalmente e scientificamente chiuso e superato (2) che lascia un'eredità
o insignificante o regressiva (3) estraneo alla cultura ed alla storia
della psicologia europea (4) espressione del colonialismo scientifico ed
economico nord-americano (5) sovrastruttura ideologica di una società
che monetarizza l'uomo e le relazioni umane.
Per reazione a tali tesi, un gruppo di giovani ricercatori dell'Università
di Padova pubblicò una articolata risposta (Cornoldi et al.,1976); essa contribuì in maniera determinante ad una
comprensione critica della psicologia del comportamento: in particolare veniva ribaditala vitalità delle applicazioni della psicologia del
comportamento nella clinica e nella Behavior Therapy. Questo gruppo
rappresenta quel polo padovano, che ebbe un ruolo chiave nella diffusione della
terapia del comportamento in Italia.
L'approfondimento storico della psicologia del comportamento fu
condotto solo negli anni '80, da Paolo Meazzini, uno psicologo veneziano di
formazione gestaltista (Meazzini, 1980, 1983). Egli ribadisce che il
comportamentismo, lungo tutta la sua lunga storia, non ha rappresentato un corpus
teorico unitario né una "scuola", ma piuttosto un "sistema
culturale aperto" e che l'eredità del comportamentismo é
metodologica: essa consiste nel rigore dei metodi, nell'attenzione ad
evitare la reificazione di costrutti ipotetici, nel primato della ricerca
sperimentale, nella tensione verso l'obiettività metodologica sempre
strenuamente rivendicata al di là delle differenti teorie formulate via via
dai vari studiosi (Meazzini, 1985). E' proprio in questa accezione
medologica e di "sistema aperto" che si parlò di terapia del
comportamento in Italia.
Radici nella reflessologia pavloviana
Le prime presentazioni in ambiente scientifico della Terapia del
Comportamento ebbero luogo sotto l'egida della neurologia e della dottrina
pavloviana dei riflessi condizionati. Nel 1965 si tiene a Salice Terme il XV
Congresso della Società Italiana di Neurologia: vi é un intero
symposium sui riflessi condizionati. Ospite d'onore è il
sovietico Sokolov; a noi interessa la relazione di E. Arian (uno
psichiatra torinese che morirà nello stesso anno anche per le sevizie
subite nei lager nazisti) che svolge una ampia esposizione delle prospettive
terapeutiche derivate dalla teoria pavloviana dell'attività nervosa
superiore e, per dovere di completezza, svolge un lungo excursus a
illustrazione della terapia del comportamento. Arian cita soprattutto
Dunlap, Eysenck, Lazarus, Mary Cover Jones, Wolpe:
Le premesse teoriche donde partono questi autori non
sono perfettamente omogenee, sono in tutti i casi assai fragili, e
talvolta sotto non pochi aspetti appaiono come una distorsione o caricatura
della dottrina di Pavlov (Arian, 1965, p. 232-233)
Nel 1968 si tiene a Milano il congresso del Collegium
Internationale Activitatis Nervosae Superioris (CIANS). Il CIANS é
un'associazione internazionale, costituita nel 1960 in Cecoslovacchia grazie
soprattutto all'intraprendenza di Gantt, che nel 1955 aveva dato vita alla Pavlovian
Society of Northern America. Gli scopi vanno al di là della
tradizione pavloviana e sono così indicati: promuovere lo studio
interdisciplinare di problemi di rilievo delle neuroscienze, della
psicologia e delle scienze biomediche che abbiano un impatto sul comportamento e
sulla salute: si noti l'ampia sovrapposizione con gli scopi che ben più
tardi saranno propugnati dalla Medicina Comportamentale e dalla
Psicologia della Salute. Presidente del congresso milanese é W.H.
Gantt, organizzatori locali G.F. Goldwurm e L. Cazzullo, fra gli intervenuti occidentali
vi sono Gelder, Rachman e Wolpe. In questa come in varie altre occasioni
gli studiosi italiani hanno saputo svolgere questo ruolo di cerniera:
mettere in contatto studiosi dell'Est e dell'Ovest in un mondo diviso dalla
guerra fredda che non incoraggiava gli scambi scientifici.
Ancora a Milano, nel 1970, si tiene il Congresso di psichiatria
e neurologia di lingua francese; la sezione sulla terapia é
dedicata alle "terapie di condizionamento nelle nevrosi" ed affidata
al francese Rognant ed all'italiano Goldwurm (1970): entrambi utilizzano
riferimenti che provengono in parte dalla reflessologia sovietica, in parte dal
comportamentismo. Un'ulteriore testimonianza della tradizione pavloviana é l'attività
in questi anni a Roma dell'Istituto di studi psicologici e psichiatrici
di Villa S. Rita intento a realizzare una sintesi tra reflessologia e
psicodinamica. Ne é espressione un volumetto dall'accattivante titolo "I
riflessi condizionati nella vita quotidiana" (Cerquetelli & Durante, 1970).
Due società di Terapia del Comportamento
Sempre agli inizi degli anni 70, inizia ad interessarsi di Terapia
del Comportamento un gruppo di studenti e giovani psichiatri della
Clinica Psichiatrica dell'Università di Roma, che grazie
all'incoraggiamento del direttore, Prof. Giancarlo Reda, hanno occasione di formarsi in
Inghilterra al seguito soprattutto di Victor Meyer e Isaac Marks. Il loro interesse
é rivolto alla psicoterapia delle nevrosi ed alla professione
privata. Altri, come Paolo Pancheri, Gabriele Chiari, Roberto Mosticoni e
MarioReda, apprendono e diffondono il bio-fedback. Altri, come
Francesco Mancini, si rifanno alla teoria dei costrutti personali di Kelly e
richiamano l'attenzione sui princìpi costruttivistici in psicologia e
psicoterapia. Stimolo ulteriore al gruppo romano viene da un allievo di
Ellis, Cesare De Silvestri, che introduce la Rational Emotive Therapy
(RET) a Roma e, successivamente, in Italia. Si costituisce così a
Roma, nel 1971, una delle prime società di Terapia del Comportamento
costituite in Europa, la Società Italiana di Terapia del Comportamento
(SITC), benché in quegli anni avesse un rilievo solo
cittadino. Primo presidente é Vittorio Guidano; altri promotori oltre ai
summenzionati furono Stefania Borgo, Gianni Liotti, Lucio Sibilia. Negli anni
successivi questo gruppo iniziò un'attività auto-formativa e
formativa invitando a Roma figure eminenti per brevi stages. Con gli
anni '80 la SITC svilupperà una dimensione nazionale ed organizzerà
regolarmente propri congressi.
Il polo milanese ha invece come interessi teorici e clinici
prevalenti quelli delle psicosi, della Terapia del Comportamento all'interno
delle istituzioni e finalizzata alla riabilitazione ed al reinserimento
degli psicotici.- figura di riferimento é G.F. Goldwurm. Inoltre il
polo milanese é reso vivace da molte iniziative che provengono dall'Istituto
di Psicologia della facoltà Medica dell'Università di
Milano. Vengono tradotti i primi libri sulla Terapia del Comportamentoe, nel 1972, Victor Meyer tiene un vero e proprio corso di Terapia
del Comportamento alla Scuola di specializzazione in psicologia, per
invito del direttore Marcello Cesa-Bianchi. Accanto a lui, figura di riferimento
é Ettore Caracciolo, che promuove, nel 1972, un congresso
internazionale sul tema "Recenti sviluppi nella psicologia dell'apprendimento",
dove interverranno, tra gli altri, Eysenck e Meyer. Attorno all'istituto
di Milano si raccoglie un gruppo di giovani psicologi che sviluppano
tematiche teoriche dell'analisi dei processi di apprendimento e dei processi
cognitivi e le loro applicazioni nell'educazione, nell'handicap e nella
clinica. Tra loro ricordiamo Roberto Anchisi, Bruno Bara, Silvia Perini,
Giorgio Rezzonico, Francesco Rovetto e Paolo Moderato, che nel 1996 sarà
eletto presidente dell'European Association for Behavioural & CognitiveTherapies (EABCT).
Già si é detto del polo padovano e della sua
presenza nel mondo della psicologia. Esso dà vita alla rivista Formazione
e Cambiamento (Learning & Change) che possiamo
considerare un'antesignana delle successive riviste di terapia del comportamento. Nel1975 si tiene a Treviso per iniziativa di Paolo Meazzini una
settimana di studio su "Analisi e modificazione del comportamento": é
il primo vero e proprio corso di formazione in Terapia del Comportamento
organizzato in Italia e - quel che più é notevole - il
corpo docente é tutto italiano. Altre iniziative simili seguiranno
e da fine degli anni '70 si avrà in Italia una prima generazione
di terapeuti comportamentali di formazione, per così dire, "autoctona".
Nel 1977 a Verona viene fondata una seconda società di
terapia del comportamento, denominata Associazione Italiana di Analisi e
Modificazione del Comportamento (AIAMC). Essa é il risultato del
collegamento tra i principali poli attivi nel Nord Italia. Primo presidente é
Roberto Anchisi; gli succederanno Paolo Meazzini, Gian Franco Goldwurm,
Paolo Moderato, Ezio Sanavio, Anna Meneghelli. A partire dal nucleo
lombardo-veneto, negli anni l'AIAMC acquista una diffusione nazionale ed
internazionale. Nel 1978 tiene il suo debutto internazionale, al Lido di Venezia,
organizzando il suo congresso internazionale; tra i partecipanti stranieri
Birbaumer, Brengelmann, Eysenck, O'Leary, Rachman, Richelle, Staats,
Thompson. L'anno successivo inizia le pubblicazioni il Giornale Italiano di Analisi
e Modificazione del Comportamento, rivista ufficiale dell'AIAMC.
Si può dunque dire che a fine degli anni '70 la presenza in
Italia della Terapia del Comportamento é pienamente definita, benché
estremamente gracile. Perché due società di terapia del
comportamento? I protagonisti che vollero allora tale dualismo dettero spiegazioni
stranamente generiche, tanto da accreditare la convinzione che i problemi di leadership
fossero l'unico vero ostacolo ad un'unificazione di due società
che hanno perseguito e perseguono finalità statutarie
assolutamente identiche.
Handicap e apprendimento
Come si é visto, i temi della malattia mentale e dei
diritti di tutti i portatori di devianze ed handicap erano stati dibattuti in
Italia con una incredibile partecipazione di massa. La polemica al sistema
istituzionale dalla sfera manicomiale si trasferisce agli istituti per minori, alla
scuola ed alle classi speciali. Avviene così che il tema
dell'apprendimento e dell'handicap sia centrale lungo tutti gli anni '70 ed '80: vengono smantellatele "classe speciali" e ridimensionati gli istituti per
handicappati, viene svolto uno sforzo immane, non sempre coronato da successo, per
garantire loro una possibilità formativa all'interno delle classi
normali (Caracciolo & Rovetto, 1988; Moderato, 1989).
Nel settore della psicologia dell'educazione ed in particolare
dell'handicap, va fatta menzione di due riviste che si muovono principalmente
nell'ottica cognitiva e comportamentale: la prima é Psicologia e Scuola
(diretta Paolo Meazzini e pubblicata da Giunti), la seconda Difficoltà
di apprendimento, diretta da Fabio Folgheraiter e Dario Ianes, che
hanno costituito a Trento il Centro studi sull'handicap M.H. Erickson.
L'indirizzo elettronico é "www.delta.it/edizioni_erickson".
Medicina comportamentale
Nel 1977 si costituisce la Società Italiana di Biofeedback
(SIB) per opera di Paolo Pancheri. Egli ed i suoi allievi operarono
molto attivamente per la diffusione del biofeedback. Il biofeedback
ebbe il merito di avvicinare una parte del mondo medico ad un
approccio psicologico al malato somatico. Presto il biofeedback perse
molto interesse e venne ridimensionato il suo ambito di utilizzo, tuttavia,
attraverso di esso si fece strada il modello psicobiologico della malattia e si aprì
la strada alla medicina comportamentale.
Nel 1983 si tiene a Padova un Congresso sul tema "Scienze
biomediche e scienze del comportamento: verso una nuova interpretazione della salute",
durante il quale viene presentata la traduzione italiana del primo testo
di medicina comportamentale che appare in Italia (Melamed & Siegel, Behavioral Medicine. Practical Applications in Health Care).
Nel 1986 la SIB ampliò il suo scopo ed allargò la propria
denominazione in Società Italiana di Biofeedback e Medicina Comportamentale.
Nel 1987 inizia a Milano, presso l'Ospedale Niguarda, un corso
sull'approccio comportamentale in medicina psicosomatica e viene attivato nello
stesso ospedale un Centro di Medicina Comportamentale; direttore é
G.F. Goldwurm.
Nel 1988 si tiene a Treviso il Congresso AIAMC sul tema "Salute
e stile di vita". Negli anni novanta si é fatta strada la
Psicologia della Salute e si creato un facile terreno di incontro con tale
prospettiva ed una sinergia di forze (Di Giorgi, Michielin, Riedi, Targa, Turola &
Zambon, 1992; Sibilia, 1995).
Latini dies
Una tappa importante nel processo di emancipazione ed autonomia da
modelli di importazione straniera é stato l'avvio di un ciclo di
convegni internazionali di area latina. Nel 1989 si tiene a Roma, per
iniziativa di G.F. Goldwurm, il primo incontro delle organizzazioni di terapia
cognitiva e comportamentale dei paesi di lingua latina; tra i partecipanti
Ramon Bayes, Leonidas Castro-Comacho, Jean Cottraux, Ovide Fontaine, J.
Miguel Tobal, Emilio Ribes. E' il primo di una serie di congressi
internazionali, che si ripeteranno negli anni successivi con il nome "Latini dies"
e con nutrita presenza italiana: nel 1991 a Sitges in Spagna; nel 1993 a Tolosa, Francia; nel 1995 a Guadalajara, Messico; nel 1997 a
Cascais, Portogallo. La segreteria permanente dell'organizzazione "Latini
dies" é in Italia, presso la segreteria AIAMC, via
Settembrini 2, 20124 Milano.
L'area latina ha inoltre espressione attraverso la creazione, nel 1992,di una rivista scientifica comune, Acta
comportamentalia. Rivista Latina di Analisi del Comportamento: è pubblicata dalla Casa
Editrice dell'Università di Guadalajara (Mexico) ed ospita articoli in
lingua castigliana, francese, italiana e portoghese; animatore ne é
Emilio Ribes Inesta.
Dal comportamentismo al cognitivismo
Se rottura o "salto di paradigma" possono cogliersi tra
comportamentismo e cognitivismo, non esiste invece soluzione di continuità sul
piano della terapia. Principi e tecniche cognitive sono andate via via ad
aggiungersi, ad integrare o talvolta a sostituire principi e tecniche
comportamentali nella pratica clinica delle prime generazioni di terapeuti italiani.
In terapia, dal comportamentismo al cognitivismo si giunse per semplice
inerzia, sulla scia della crescita e degli sviluppi anche in Italia delle
terapie cognitive. Gli studiosi che ebbero più intensi scambi con
l'Italia ed influenzarono lo sviluppo delle terapie cognitive sono stati A.T.
Beck, A. Freeman, P.C. Kendall e M. Mahoney.
Per prima la SITC, nel 1981, modificò nome e sigla in Società
Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC) a
riconoscimento degli sviluppi in senso cognitivista. Nel 1992 anche l'AIAMC opera
una modifica: il nome esteso diventa Associazione Italiana di Analisi
e Modificazione del Comportamento e di Terapia Cognitiva e Comportamentale,
mentre la sigla rimane la stessa.
Naturalmente non mancarono né mancano tuttora dibattiti di
tono polemico, affermazioni dogmatiche e estremiste, ma, nel complesso,
principi e tecniche cognitive sono state considerate quali sviluppi obbligati
delle nuove acquisizioni sperimentali e cliniche che, nel corso degli anni,
si verificavano all'interno di una stessa comunità e di un
comune programma di ricerca (Sanavio, 1991).
Attachment and Bowlby theory
Un grande interesse ha assunto, soprattutto in seno al gruppo
romano, la teoria dell'attaccamento di Bowlby. Guidano e Liotti dedicano nel
1983 a John Bowlby il loro principale volume, Cognitive Processes and
Emotional Disorders (New York: Guilford). Liotti ha pure dato vita ad una Italian Association forthe Research on the Psychopathology of the Attachment. In
rapporto ai pattern di attaccamento che il bambino sviluppa nella
relazione con la madre, si costruiscono schemi che rivestono ruoli fondamentali perla patogenesi della psicopatologia (Liotti, 1991; Intreccialagli,
1996). Particolare interesse ciò sembra avere nei disturbi della personalità
(Lorenzini & Sassaroli, 1995) e nei disturbi dissociativi (Liotti,
1992). La relazione terapeutica é concettualizzata a partire
dalla nozione bowlbiana di "base sicura" e diventa un
fondamentale strumento di cambiamento. Come già era avvenuto nella storia
della psicoanalisi, scema il ruolo della tecnica e diventa primario il
ruolo della relazione terapeutica.
Construttivismo e post-modernismo
Nella prospettiva costruttivista l'essere umano é
considerato un attivo costruttore di modelli rappresentativi di sé e della realtà
esterna. Questa tesi viene portata alle sue conseguenze estreme
mettendo in crisi la nozione stessa di una realtà esterna: la realtà,
o meglio le realtà, sono sostanzialmente costruzioni sociali (Chiari& Nuzzo, 1996).
La psicoterapia diventa sostanzialmente un'analisi del sistema
conoscitivo del paziente alla ricerca delle aree disfunzionali o di eccessiva
incoerenza interna. In tale ottica, la psicoterapia analizza - i nostri
costruttivisti ricercano intenzionalmente un lessico psicoanalitico per meglio
marcare le distanze rispetto al lessico cognitivo e comportamentale! - le modalità
con le quali il paziente organizza la propria conoscenza di sé,
degli altri e delle proprie esperienze, modalità che sono sia di
carattere conoscitivo sia di carattere emozionale.
Il terapeuta tende ad attivare un processo di
auto-ristrutturazione; pertanto egli opera non a sostegno dell'omeostasi, ma come un
elemento perturbatore del sistema, come catalizzatore di crisi e
riorganizzazioni dell'organizzazione conoscitiva del paziente (Guidano, 1987, 1991; Bara,1996). Come già era avvenuto nella storia della psicoanalisi,
la psicoterapia tende ad allungarsi ed a porsi obiettivi di difficile
verifica al di fuori del setting terapeutico.
Le riviste di psicoterapia comportamentale e cognitiva
La prima rivista di Terapia del Comportamento apparve nel 1979. E' il
Giornale Italiano di Analisi e Modificazione del Comportamento,
rivista ufficiale dell'AIAMC, e Paolo Meazzini ne era il direttore. Il
giornale cesserà le pubblicazioni dopo alcuni anni per rinascere,
nel 1984, con diverse caratteristiche ed un nuovo titolo: TC -
Terapia del Comportamento; direttori sono G.F. Goldwurm e P. Meazzini.
Nel corso degli anni ha ospitato contributi non solo di studiosi
italiani, ma anche di molti stranieri, a volte originali, a volte traduzioni,
per esempio Bandura, Bellack, Dobson, Eysenck, Falloon, Francks, Glass,
Goldstein, Kanfer, Leff, Lewinsohn, Marlatt, Ost, Patterson, Rachman, Sarason,
Sobell, Spielberger, Wilson, Windheuser, Wolpe.
Nel 1992 é sorta la rivista Complessità &
Cambiamento (Complexity & Change) che pubblica preferibilmente articoli
di carattere teorico, nell'ottica della complessità, di
pertinenza psicoterapeutica; ne sono responsabili due psichiatri dell'Università
di Catania, Tullio Scrimali e Liria Grimaldi. L'indirizzo elettronico é:
http://web.tin.it/cambiamento.
Nel 1995 ha iniziato le pubblicazioni Psicoterapia
cognitiva e comportamentale - Italian Journal of Behavioural and
Cognitive Psychotherapy. La rivista pubblica articoli
originali sull'argomento e su temi connessi: l'assessment clinico, la
medicina comportamentale, la riabilitazione, la metodologia e la ricerca di
base connessa alla psicoterapia. Tra le linee programmatiche é pure
l'operare per avvicinare la comunità scientifica e professionale
italiana alla più vasta comunità internazionale; difatti il
giornale ospita sempre più spesso significativi contributi internazionali.
La formazione
Nel 1989 la legge italiana ha subordinato l'esercizio della
psicoterapia ad una specifica formazione della durata di quattro anni cui possono
accedere solo medici e psicologi. Questa formazione può essere
conseguita o presso le scuole di specializzazione universitaria, in particolare
quelle in Psicologia Clinica ed in Psichiatria, oppure presso istituti
privati, che vengono riconosciuti dallo stato, attraverso apposite procedure,
allo scopo di salvaguardare la pluralità di indirizzi teorici in
tema di psicoterapia.
Ciò ha comportato un ripensamento approfondito dei modelli
di formazione anche in psicoterapia cognitiva e comportamentale.
Esistono attualmente istituti di formazione e corsi riconosciuti nelle
principali città: Firenze, Milano, Padova, Roma, Torino. Il piano
didattico prevede sette componenti tra loro integrate.
1- Insegnamenti di carattere generale, nel corso dei quali sono
sviluppati temi di epistemologia, metodologia, psicologia generale, psicologia
dello sviluppo, psicopatologia, psicodiagnostica, psichiatria,
psicofarmacologia, deontologia, psicologia della salute.
2- Insegnamenti di carattere teorico, durante i quali sono
approfonditi i fondamenti teorici dell'approccio cognitivo e comportamentale, l'assessment
ed i modelli dei principali disturbi.
3- Insegnamenti di carattere pratico-clinico, nei quali sono sviluppatele teorie e le tecniche della psicoterapia cognitiva e comportamentale.
4- Attività in gruppo finalizzate alla formazione personale
e tecnica dell'allievo.
5- La supervisione individuale, che ha luogo con un supervisore di
libera scelta del trainee: essa prevede tanto aspetti di crescita e
formazione personale quanto di eventuale terapia personale.
6- La supervisione delle psicoterapie attuate dal trainee
nel corso del secondo biennio.
7- Un tirocinio in strutture pubbliche in cui l'allievo possa
confrontare il proprio modello di formazione con differenti tipi di utenza ed
acquisire esperienza di diagnostica clinica e di intervento in situazioni di emergenza.
Il livello di preparazione teorica e clinica raggiunta
dall'allievo viene valutato al termine di ciascun anno durante un esame; al
termine del quadriennio l'allievo discute una tesi ed una serie di 8 casi
clinici trattati con supervisione.
Supervisione clinica e formazione personale
La supervisione é considerata un fondamentale aiuto sia al
processo di crescita personale sia al processo di apprendimento professionale
dell'allievo e può essere distinta in due componenti: una rivolta alla
formazione personale del trainee ed una rivolta alla gestione del
trattamento dei pazienti a lui affidati.
Lo scopo della supervisione clinica é acquisire la capacità
di impostare e condurre autonomamente una terapia cognitiva e
comportamentale con una gamma eterogenea di casi e con problematiche di varia complessità.
Ciò é stato a lungo oggetto di dibattito all'interno
dell'AIAMC ed alla fine si é operata con chiarezza una scelta a favore
della ampiezza e diversificazione delle esperienze e contro
l'iperspecialismo e la settorializzazione. La supervisione si focalizza sulla
costruzione e sulla continua verifica della strategia del trattamento dei casi in
carico all'allievo, in rapporto alle variabili proprie al paziente ed alle
variabili del contesto nel quale si colloca. La supervisione é dunque
momento di sintesi dell'utilizzo delle varie tecniche di assessment e
di trattamento. Massimo interesse riveste l'analisi delle registrazioni
video delle interviste iniziali, delle sedute dedicate al contratto
terapeutico, delle sedute conclusive e di follow-up dei casi seguiti
dall'allievo. Per un maggiore allargamento delle esperienze questa parte é
generalmente svolta in gruppo e la dimensione di tali gruppi e 3-4 allievi.
L'altra parte della supervisione, quella a carattere personale, si
focalizza sulla storia e sulle caratteristiche personali del trainee e
sui problemi relazionali presenti nell'interazione terapeutica. Vengono indagatele caratteristiche dell'allievo che vengono ad interagire e talora ad
interferire con il trattamento a diversi livelli: aspettative, struttura
cognitiva, attivazione emotiva, coinvolgimento personale, comportamento verbale enon-verbale in seduta. Per un migliore rispetto della privacy
dell'allievo, questa parte della supervisione é condotta individualmente. Il
supervisore può suggerire al trainee l'opportunità di un
ciclo più o meno breve di terapia formale.
Questo modello formativo é stato a lungo dibattuto a fine
degli anni 80 ed adottato da una delle due associazioni italiane, l'AIAMC.
Successivamente anche l'altra associazione, SITCC, ha riconosciuto l'opportunità
di una formazione personale del trainee e l'ha recentemente
adottata a titolo sperimentale: prevede una durata minima di 30 ore e, per affinità
con il modello psicoanalitico, essa é denominata "analisi didattica",
mentre il supervisore é chiamato "didatta" (Rezzonico & Ruberti, 1996) .
Diffusione
In Italia il modello di riferimento più comune in psicoterapia
é stato e continua ad essere quello psicoanalitico o più genericamente psicodinamico. Oltre la metà della psicoterapia
in Italia è di impostazione psicodinamica; tra gli altri
approcci, probabilmente il più diffuso é quello
sistemico-relazionale, che in Italia ha avuto un grande caposcuola in Mara Selvini Palazzoli.
La terapia comportamentale e cognitiva é dunque una
presenza minoritaria ma non marginale. Un indice per valutare la diffusione in
Italia della Terapia del Comportamento può essere offerto dalla
consistenza numerica dei soci delle due principali associazioni esistenti (AIAMC
e SITCC): circa 1560. Ciò corrisponderebbe a meno del 10% dei
psicoterapeuti riconosciuti legalmente in Italia. A questi 1560 dobbiamo poi
aggiungere un certo numero di psichiatri e psicologi interessati all'approccio
cognitivo e comportamentale, i quali operano prevalentemente in ambiti diversi
dalla psicoterapia: ricerca, handicap, scuola, lavoro, ecc.
Considerazioni conclusive
In conclusione, nella introduzione della psicoterapia cognitiva e
comportamentale in Italia fu determinante la tradizione pavloviana e la sua rete di
collegamenti scientifici internazionali. Per quanto strano possa sembrare, negli anni'60 la Terapia del Comportamento arrivò in Italia via Mosca e
via Praga. Negli anni '70, essa ci arrivò via Londra: fondamentale
l'insegnamento teorico di H.J. Eysenck e quello clinico di V. Meyer, ma ancor più
importante la possibilità per molti psicologi e psichiatri di
imparare a Londra la pratica della Terapia del Comportamento nel corso di
soggiorni di studio.
Nel particolare scenario socioculturale degli anni '70, fu motivo
di ostracismo piuttosto che un aiuto fu il richiamo alla psicologia del
comportamento. Servì a farci deridere come relitti del passato dai
ricercatori delle università, in massima parte affascinati dalle scienze
cognitive, ed a farci confondere col mondo psichiatrico più retrivo,
quello che aveva in uso elettroshock e metodi manipolativi o violenti.
Negli anni '80 e '90 é andato crescendo il gruppo di
ricercatori e di clinici che operano nei diversi ambiti della psicoterapia
comportamentale e cognitiva, tanto che essa può essere considerata - dal punto
di vista quantitativo - la terza presenza nello scenario della
psicoterapia italiana (dopo quella psicodinamica e quella relazionale-sistemica).
Il gruppo italiano ha saputo presto emergere dalla sudditanza culturale
verso il mondo anglosassone. Ha saputo poi operare produttivamente sul
piano internazionale, sia come cerniera verso i paesi dell'Est, sia come
punto di condensazione della vasta area dei paesi di lingua latina
sviluppando una propria autonomia. Oggi la psicoterapia cognitiva e comportamentale
é un albero robusto con molte ramificazioni. Merito degli studiosi
italiani é di avere saputo articolare una pluralità di
modelli della teoria psicoterapeutica e, inoltre, di avere sviluppato
molteplici ambiti di interesse, non solo quelli tradizionalmente ed
immediatamente remunerativi .
Accanto alle luci, naturalmente sono le ombre ed i problemi
aperti. In sostanza, il problema italiano é quello di una possibile "fuga
in avanti" nella verbosità della teoria - sirena latina tantopiù fascinosa quanto meno agganciata a requisiti di controllabilità!
Lo specifico retaggio della nostra tradizione ha infatti comportato e
continua a comportare alcune luci ed ombre che vorrei indicare.
1. Una forte attenzione per i problemi epistemologici ed i
fondamenti teorici. Ciò costituisce certamente un fortissimo pregio,
specie se confrontato al pragmatismo spicciolo di molta letteratura
scientifica di tante riviste internazionali. L'ombra é però d'aver
prodotto un'inflazione di "dotti" riferimenti (per esempio alla
teoria generale dei sistemi, all'epistemologia della complessità, al
pensiero post-moderno) a fronte di progressi conoscitivi limitati. In metafora,
"inventar l'acqua calda" e cercar di venderla grazie ad una
riformulazione epistemologica o teorica di moda.
2. Un atteggiamento di sufficienza verso il momento della "scienza
normale", nel lessico kuhniano, ed un'ingenua idolatria per il
momento della "scienza straordinaria". Avviene così che, pur
con tanta attenzione epistemologica e sofisticazione teorica, lamentiamo
gli stessi gap di trent'anni fa nelle strutture di ricerca in
psicoterapia cognitiva e comportamentale.
3. Un insolito disinteresse per i problemi empirici (ad esempio
efficacia terapeutica, implementazione tecnica, documentazione dei risultati):
a fronte dell'ingombro di centinaia di trattati, manuali, saggi e volumi
di taglio teorico, i contributi di ricerca vera e propria, in
psicoterapia comportamentale e cognitiva, che abbiamo saputo produrre in Italia in
trent'anni si possono raccogliere senza problemi in una cartella neppure tanto gonfia.
4. Una diffusa fascinazione per i sincretismi teorici - come ad
esempio l'assimilazione della teoria dell'attaccamento e l'ottica post-moderna- dove si perpetua, ahimè, la lunga consuetudine degli
intellettuali italiani con i virtuosismi argomentativi delle sintesi dialettiche -
siano esse quelle della dialettica hegeliana o del materialismo dialettico
o dello storicismo crociano.
5. Una propensione verso quelle tesi costruttiviste e
costruzioniste, che meglio si collocano nella tradizione della filosofia classica
tedesca (idealismo in particolare) e/o meno richiamano la tradizione
materialista, empirista e sperimentalista del pensiero moderno - ad esempio la
meta-teoria motoria della mente (Weimer, 1977).
6. Un certo grado di camaleontismo e mimetismo con il paradigma
dominante, quello dinamico - ad esempio la mutuazione di molteplici aspetti del
lessico e della prassi psicoanalitica.
Riassunto
L'introduzione in Italia della terapia del
comportamento avviene alla fine degli anni '60 sotto l'egida della neurologia e
della reflessologia pavloviana. Nella psicologia e nella psicoterapia del
tempo, essa fu percepita come un corpo estraneo e suscitò reazioni di
rigetto, che nei primi tempi furono piuttosto intense. Negli anni '80 andò
includendo progressivamente principi e tecniche cognitive, tanto che
l'espressione ora in uso é quella di psicoterapia cognitiva e
comportamentale. Attualmente é una presenza minoritaria ma non marginale nella
psicoterapia italiana. Ha due società scientifiche nazionali che
organizzano periodicamente convegni scientifici, una propria rivista scientifica, Psicoterapia
cognitiva e comportamentale, reti di collegamenti con gli altri
paesi europei e con i paesi di lingua latina. Oggi potrebbe essere
descritta come un albero che affonda le sue radici nella reflessologia
pavloviana ed erge la chioma nelle epistemologie della complessità e
nelle ideologie post-moderne. Accanto agli aspetti positivi, non mancano difficoltà
e problemi, in particolare la carenza di strutture di ricerca e la "fuga
in avanti" nell'astrattezza teorica.
- Ezio Sanavio
- Professore di Psicologia Clinica
- Dipartimento di Psicologia Generale
- Università di Padova
- Via Venezia, 8
- 35131 Padova, Italy
- Fax: +(39) 049-8276560
- Fine
della Prima parte:
- 1. Ezio Sanavio, "Trent'anni di
psicoterapia cognitiva e comportamentale in Italia"
- 2. TABELLA: Principali tappe dello
sviluppo della psicoterapia comportamentale e cognitiva in Italia
- 3. Commento critico di Giovanni Liotti
- 4. Replica di Ezio Sanavio
- 5. Bibliografia
- 6. Dibattito avvenuto in rete