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LA STRUTTURA RIABILITATIVA DI MASONE
di
Rossella Valdrè ( Genova)

  • Introduzione
  • Cominciamo dalla struttura...
  • Si può fare una Comunità Terapeutica con l'utenza degli ex OO.PP?
  • La centralità del ruolo dell'educatore

  • Cominciamo dalla struttura.........

    E' stata pensata e si presenta come una casa già al primo impatto: i pazienti e talvolta i parenti restano un po' disorientati, entrando, dal ritrovarsi in una sala piena di confusione domestica, con divani dove qualcuno ha sonnecchiato fino a tardi, gente che gira e che lavora senza che l'abbigliamento sanitario permetta una immediata distinzione dei ruoli, una sensazione di caos e, direi, di calore. Va aggiunto a tutto questo un fattore non trascurabile, e cioè che la struttura é stata aperta (avendo l'agibilità) senza che i lavori di ristrutturazione fossero ultimati, e con gran parte della piccola manutenzione ancora in corso (a tutt'oggi mancano diverse rifiniture architettoniche), e che questo ha causato e causa un aggravio di lavoro e di confusione notevolissimo (ad es non si trovavano certi oggetti, non si poteva entrare in certi ambienti, la cucina e la lavanderia non erano in funzione, mancava il cancello per il giardino, parte dell'arredamento andava ordinato, parte si é rivelato non idoneo al tipo di utenza, e via dicendo). Una casa, quindi, ma una casa dove si sta entrando ad abitare, mezza vuota e mezza piena, con oggetti che, una volta usati, si rivelano non funzionali, con oggetti troppo “delicati” che vengono subito distrutti. Una casa che doveva essere rapidamente di tutti e che non era ancora di nessuno.
    La tipologia dei pazienti riproduce invece sostanzialmente quella degli attuali ex manicomi, in quanto metà sono pazienti psichiatrici e metà sono disabili. Per disabile s'intende il pz. portatore, spesso fin dalla nascita o dall'infanzia, di patologie cerebrali organiche o deficit sensoriali, sui quali può essersi o meno innestata la psicosi; gli psichiatrici sono quasi tutte diagnosticate schizofrenie residue. A meno di deficit evidenti, la distinzione clinica tra i due gruppi, all'osservazione, non é sempre facile: tutti appaiono deteriorati e cognitivamente deficitari, tutti più o meno non autonomi, come se la lunga istituzionalizzazione avesse col tempo sbiadito le differenze non solo tra gli individui ma anche tra patologie così grossolanamente diverse, che avrebbero richiesto percorsi e riabilitazioni differenziati. L'osservazione sugli esiti rende tutto tragicamente uguale.
    Al momento é presente solo il primo modulo di pazienti, formato da venti psichiatrici e cinque disabili, per un totale di 25; ci sono tre pz. in carrozzella, due non vedenti e uno sordomuto. Siamo quindi in attesa di pazienti pressoché tutti disabili. Per quanto riguarda il sesso, abbiamo al momento 14 uomini e 11 donne. L'età media degli uomini é di 63 anni, quella delle donne di 58 anni (la pz. più giovane é una disabile non vedente di 39 anni, la più anziana ha 75 anni). Si può dire che i primi 25 pazienti hanno quindi formato un embrionale gruppo iniziale e hanno costituito l'impatto col tipo di lavoro che ci trovavamo a svolgere.

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