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CONVERSAZIONE CON MARCO BELLOCCHIO SUL SUO ULTIMO FILM: "LA BALIA"

Albertina Seta

Il personaggio della balia

D. E arriviamo al personaggio della balia. Nella opposizione tra morte e vita che alcune critiche hanno rilevato come centrale nel film, la balia rappresenta la vita, (cfr. la recensione su "Il sole 24 ore" di domenica 30 maggio di R.Escobar). Può dirci della sovversione, del disordine rappresentato da questo personaggio? Lei sembra accennare a un fatto di intelligenza.

R. In questo c'é proprio una differenza radicale da Pirandello. Lì si è voluto eliminare qualsiasi elemento veristico. Poiché io sono senz'altro sicuro - anche se lei parla poco - che le balie, allora, venendo dalla campagna, non si esprimessero in modo così preciso, così semplice. Quindi, la sua intelligenza si era potenziata in un rapporto misterioso che lei aveva avuto con un maestro, in carcere per attività politica - noi sappiamo che allora si andava in carcere per nulla, non è che si dovesse sparare, uccidere - . Questa è la retrostoria.
Lì , in casa Mori, è come se lei fosse una piccola barchetta che entra in un corso d'acqua molto movimentato, e però fosse capace di tenere una navigazione, e anzi, progressivamente, e sempre con estrema discrezione, si opponesse: prima di tutto alla madre e poi al padre. Quest'ultimo, per buona parte del film, ha un atteggiamento di mediazione, di conciliazione, poi c'è un momento in cui rifiuta di mandare via la balia, rimane solo con lei e sviluppa con lei un rapporto, in cui lo scrivere - di questo sono convinto - ha un'importanza accessoria: non è tanto importante che lui insegni a lei lo scrivere, ma è importante che lei si renda disponibile al rapporto, e lui abbia la possibilità di fare quelle piccole cose: che sono di prenderle la mano e di sentirla fisicamente, o di raddrizzarle le spalle, o di parlarle, o di guardarla negli occhi senza abbassare lo sguardo. Sono, appunto, quei micromovimenti che sono il carattere del personaggio, che certamente possono lasciare un'alone di pessimismo.

D. Durante le lezioni, c'è quel passaggio in cui lei , la balia, chiede: -Immagino. Che azione è? -

R. Si, tanti ne sono rimasti colpiti... Lo scrivere per lei è assolutamente strumentale: lei è innamorata di quest'uomo sconosciuto, lui - anche nella lettera che le scrive - è come se la incitasse alla libertà, e noi sappiamo che la libertà è fatta anche di cultura, di conoscenza, di sapere.
Il discorso su: - Immagino, che azione è? -, poi, è chiaramente un'allusione al mondo dell'interiorità, ai movimenti interni. Mori dà una risposta abbastanza corretta, ma il problema non è la correttezza della risposta, quanto il fatto che in quella situazione avvengono delle piccole reazioni, in lui e in lei, che nell'economia dell'intero racconto non avvengono mai. Questa è la realtà della storia.
Lei , nel tempo del film, è come l'albero maestro della dialettica che si svolge con Mori, però , tranne quell'accenno, nel finale - dove ha un pianto improvviso per la perdita del rapporto con il figlio che non è suo -, rimane sempre sempre sè stessa, la sua "immagine", potremmo dire, rimane quella, pur vivendo in modo completamente diverso dal solito.

D. Si, la scena finale, diciamo, dello svezzamento, quando viene rifiutata dal bambino. A proposito c'è un significato preciso nella presenza di due bambini nel film?

R. Veramente è una domanda che non mi sono posto. Non saprei, da una parte c'è la realtà storica: nella realtà sociale di allora, il bambino restava nel paesello, tranne in qualche caso, forse, di famiglie più progressiste che permettevano alla balia di tenere anche il suo bambino. Nel film, il fatto di non capire il comportamento della balia fa parte di un'incomprensione, di una incapacità di sentire, o di un soffermarsi agli aspetti esteriori della cosa, a un ordine che viene modificato: questa che esce, che rientra, non dice dove va. E' chiaro che per il personaggio della balia il fatto di voler allattare con affetto sia il figlio non suo che il figlio suo è quasi una scoperta, un colpo di scena sul finale, che dissipa un'incertezza, che potrebbe essere dello spettatore: se lei ha un'amante, se sta seguendo moti politici, o che cosa. Questo finale risponde al fatto che lei - pur comportandosi in modo generoso e corretto nei confronti del bambino non suo - ha - durante tutto il film - una sua realtà, che la moglie, ma anche il marito, non riescono a capire, e per la quale si agitano e reagiscono male. C'è un momento in cui Mori, vedendola con un ragazzo, ha come un delirio: verso la fine, quando vede i carabinieri che strappano i manifesti, poi lei, a colloquio con un giovane, e poi ci sono delle immagini rallentate, con una musica...come se non fosse tanto una reazione di gelosia, ma di perdita di rapporto con la realtà; è un turbamento abbastanza particolare, in lui, in un uomo così freddo. Quindi , il secondo bambino è come se fosse la rappresentazione e la conferma di una naturale, semplice capacità della balia di nutrire, di avere rapporto sia con l'uno che con l'altro. Può significare tante cose...

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