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STORIE DI UOMINI FOLLI: IMMAGINI DELLA FOLLIA E DELLA MELANCONIA NELLA ESPERIENZA GIURIDICA (secc. XIV-XVI)

di Vittorio Biotti

Riassunto:

Riferendosi a documentazione processuale tratta dall'Archivio di Stato di Firenze, per il periodo della Repubblica fiorentina e del Principato mediceo, l'a. svolge alcune considerazioni su uno dei linguaggi e saperi sulla follia tra i meno noti, quello giuridico-processuale, nelle essenziali evoluzioni concettuali sue proprie.

 

1) L'esperienza giuridica della follia

2) La storia di Giuntino da Signa (1366)

3) La storia di Lorenzo da Firenze (1572)

4) La storia di Antonio da Firenze (1602-15)

5) Note

 

1- L'ESPERIENZA GIURIDICA DELLA FOLLIA

Vorrei presentare alcune "storie", frammenti di vita sfortunata e oscura, nella Toscana della Repubblica e poi del Principato mediceo, tratti da un sapere antico sulla follia e sulla melanconia forse tra i meno conosciuti: quello giuridico, nella quotidiana attivita' delle aule di giustizia, e del potere di Governo. Queste brevi storie sono ricomprese in un lavoro che sto ultimando ed a cui ho dato, mutuandolo da un meno noto lavoro di Arlette Farge e Michel Foucault (1), un titolo provvisorio: "Storie di uomini folli. Una Antologia di esistenze nella Toscana tra Repubblica e Principato". Una delle storie e' gia' stata pubblicata, con finalità piu' complesse, in un libro di qualche anno fa scritto insieme a G. Magherini (2). Vi e' sempre il rischio che queste storie diventino alla fine solo notazioni erudite o apologhi divertenti ma inutili; potrei dire, per allontanare un po' questo rischio, qualcosa a commento, ma il piu' vorrei lasciarlo non detto, quasi sospeso, perche' e' importante non saturare impressioni, associazioni di pensiero in chi legge o sta ad ascoltare. Ma cos'e' la esperienza giuridica della follia e della melanconia? e quale contributo puo' dare una sua migliore conoscenza storica, non gia' a formare una impossibile completezza storiografica, ma ad una pur sommaria ricostruzione genealogica di quelle idee cardine intorno alle quali si sono sviluppate la teoria e la pratica clinica? Come si formano in ambito giuridico queste idee e questi concetti, e come diventano poi "predicato" di questo o quel soggetto? Vi sono atti criminosi che un soggetto puo' compiere o situazioni patrimoniuali importanti intorno ai quali si muove e indaga il giudice per pervemire ad una sua certezza di follia o di non follia o di gradualita' di follia. Dalla sua sentenza, dal suo giudizio possono derivare conseguenze gravissime, personali e patrimoniali. Vi sono meccanismi processuali di riconoscimento della follia in questo periodo molto piu' articolati dei paralleli quadri clinici dei testi di medicina e delle certezze del diritto, che fanno da sfondo e da autorita'. Vi sono idee indefinite e generali che si esplicano a livello di senso comune, in un processo spontaneo di mediazione che, per dirla con Marco Boari, ha un "minimo grado di precisione tecnica e scientifica e un massimo grado di pregnanza suggestiva e di comuni cazione" (3). Queste storie insomma, tratte da documentazione originale d'archivio, riportano concetti anche ambigui, elastici, polivalenti della follia, della melanconia, concetti dei quali possiamo seguire, in parte, le incertezze e le straordinarie trasformazioni nel tempo. C'e' una tipica figura del folle che il giudice deve costruire o riconoscere, e vi e' spesso nella ricerca di prove e di testimonianze una "coralita'" di impegno e di ricerca, specie nelle Comunita' piu' piccole e raccolte. Le testimonianze della gente sono a volte e a vario titolo intrecciate, e hanno un vago sentore di saperi piu' alti e specifici sulla follia, anche quello medico o quello teologico, ma in una rielaborazione popolare che quei saperi spesso incoerenti e non ordinati trasforma in qualcosa di diverso, tentando, insieme ai giudici, di cogliere il quotidiano di una esperienza, le varianti forti e le complessita' estreme di una vicenda, i tempi e le intensita', gli intervalli, i silenzi e le ripetizioni. Tutto quanto puo' insomma servire a formulare un giudizio finale. In uno straordinario processo di mediazione spontanea attraverso il "communis usus loquentium", e con la figura del giudice che, per un lunghissimo tratto delle esperienza giuridica, almeno fino alla meta' del '600, e' il solo vero "peritus peritorum". Se vi e' sempre un filo di collegamento con altri saperi, perche' il complesso sfondo storico culturale e' in gran parte comune e al giudice e al medico, e' al giudice e alla sua "ragione giuridica" che ogni altro sapere viene poi ricondotto, alla sua capacita' argomentativa, alla sua autonomia concettuale e di esperienza.

Ma tutto questo ci si puo' chiedere, ha una attinenza, una relazione con le straordinarie "immagini" della follia e della melanconia che appartengono alla tradizione iconografica fin dalle sue piu' lontane origini, testimonianza di dolorosa consuetudinbe dell'uomo con la sragione e la di sperazione? Io credo di si. Perche' in molte di quelle immagini penso che siano rappresentati, nel loro specifico e piu' alto raffigurare, in un diverso linguaggio, conciso, immediato, sovradeterminato, altamente simbolico, la stessa natura e complessita' di passioni, di dubbi, lo stesso carico di sofferenza, lo stesso confronto con quanto di noto e di ignoto vi e' nella vita dell'uomo e che i documenti, anche quelli giuridici, nel loro specifico e con le loro regole rivelano, se si ha la possibilita' e la pazienza di interrogarli. Ho cercato di utilizzare del resto le mie storie, in un confronto anche con le tante altre della mia personale "Antologia", enfatizzando solo tratti e comportamenti piu' consueti, e dimensioni esistenziali piu' visibili, quanto e piu' marcatamente rimasto nella memoria dei testimoni e dei famigliari, a creare quasi dei provvisori e semplificati quadri di distinzione e caratteri piu' stabili che tentino di definire il melanconico in vari periodi e passaggi storici. Credo che il sapere giuridico sulla follia e sulla melanconia abbia un peculiare valore di testimonianza storica che gli deriva dallo strettissimo contatto quotidiano con vicende umane di cui si cerca di cogliere l'enigma e la sconfinata complessita'.


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