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Dibattito sulla Inter-Personal Therapy(IPT)

Introduzione di PaoloMigone
Come avevo preannunciato nella mia presentazionedell'area "Psicoterapia" di POL.it, il primo documento che quiviene pubblicato è questo dibattito sulla IPT, la Inter-PersonalTherapy formulata da Klerman & Weissman (Klerman G.L., WeissmanM.M., Rounsaville B.J., Chevron E.S., Interpersonal Psychotherapy ofDepression. New York: Basic Books, 1984; trad. it., Psicoterapiainterpersonale della depressione. Torino: Bollati Boringhieri, 1989)e sperimentata negli Stati Uniti nel ben noto studio multicentrico sullaterapia della depressione dell'NIMH. Questo dibattito è avvenutonell'aprile 1997 nella lista di discussione Psich-ITA, ed è quindianche un esempio di come può essere proficuamente utilizzata larete: una innocente richiesta di un collega (Danilo Di Diodoro) ha stimolatoun acceso dibattito tra me e Giovannide Girolamo, al quale si sono uniti anche alcuni altri membri dellalista. Come accade sempre nelle liste di discussione, noi che abbiamo partecipatoal dibattito abbiamo potuto scambiare delle idee in tempo reale e arricchircireciprocamente, mentre i tanti altri collegi che ci leggevano potevanoanch'essi trarre utili stimoli per le loro riflessioni ed eventualmenteapprofondire il tema con le letture che venivano citate da chi interveniva.

Ho fatto la scelta di lasciare il testo così come era nel dibattito,senza chiedere ai singoli partecipanti di correggerlo o migliorarlo, perchéciò sarebbe stato improponibile, e poi comunque sarebbe risultataun'altra cosa, diversa dal dibattito originale. Mi sono limitato a minimecorrezioni formali nei rari casi in cui mi sono accorto di piccoli erroridi battitura, alcune volte ho eliminato brevi frasi che riguardavano altritemi, e ho messo in ordine logico quelle E-Mails che a volte erano"in parallelo". Ho lasciato anche quelle frasi scritte in letteremaiuscole, così come furono scritte, perché potevano denotareuna maggiore enfasi da parte di chi le aveva scritte.

Inoltre, coloro che non hanno dimestichezza con la posta elettronicatroveranno che a volte alcune frasi hanno a sinistra, dove inizia la riga,il simbolo ">": questo simbolo (che viene generato automaticamentedal programma di posta elettronica quando si vuole rispondere a una E-Mail)sta a significare che la frase così contrassegnata è unacitazione presa dalla E-Mail alla quale si intende rispondere.

Come accennavo nella presentazione, questo dibattito tocca alcuni noditeorici e clinici importanti, peraltro lasciati volutamente aperti nellaloro complessità, quali la questione della "validazione scientifica"di una tecnica psicoterapeutica, della "efficacia" di un intervento,delle comprensibili pressioni dovute alla bilancia costi/benefici, e soprattuttodel legame tra teoria e pratica nel nostro operare di psicoterapeuti. Entriamodunque nel vivo della discussione e ascoltiamo le ragioni dei vari colleghi.

15/4/97, Danilo di Diodoro:
Mi è stato chiesto di cercare uno psicoterapeuta nella zonadi Trieste o Udine per una ragazza molto giovane con problemi depressivi.In particolare si cercherebbe uno psicoterapeuta di buona esperienza ead orientamento cognitivo-comportamentale o interpersonale, con l'esclusionedi quelli ad orientamento psicoanalitico. Qualcuno è in grado didarmi un suggerimento?

Grazie per la collaborazione.

18/4/97, Paolo Migone:
Caro Danilo, non ti rispondo per darti il nome ti un terapeuta triestino,ma vorrei approfittare di questa tua richiesta per fare alcuni commentiche penso possano stimolare la riflessione su cosa secondo me èla psicoterapia oggi, anche da un punto di vista scientifico (so che tusei sensibile ad un approccio scientifico alla psicoterapia). E' statoabbondantemente dimostrato che quello che conta per l'effetto terapeuticonon è affatto l'orientamento del terapeuta, ma come è fattolui come "persona" (per brevità, vedi il mio articolosulla ricerca empirica sul n. 2/1996 della Rivista Sperimentale di Freniatria).E' per questo motivo che molti quando inviano un paziente a un terapeuta,pensano ad un terapeuta in carne ed ossa, non alla scuola a cui appartiene.Tu dirai che vi sono dei limiti, e sicuramente alcune scuole sono fuoridalla storia, ecc. Anche qui si potrebbe discutere, ma forse potremmo essered'accordo sul fatto che tutti e tre gli orientamenti che tu citi offronoottimi e pessimi terapeuti.

Limitare la scelta a un terapeuta di una scuola, oltre che a restringerela gamma dei possibili candidati (a danno della paziente), rischia di ripeterela logica (questa sì antiscientifica) delle parrocchie nel sensopeggiore, nell'illusione che tutti i membri di una scuola siano bravi (o,se è per questo, non bravi o meno bravi) di un'altra parrocchia.Purtroppo la psicoterapia è ancora ad un tale stadio "prescientifico"(nel senso delle scienze dure) che le variabili in gioco sono ben piùcomplicate, passano attraverso i cosiddetti fattori della "persona"(e questo, come ti dicevo, è sempre più "evidence-based").

Permettimi di fare alcuni altri commenti liberi, che rappresentano ovviamentedei punti di vista personali, riguardo ai singoli orientamenti che tu citi.Tu parli di "orientamento cognitivo-comportamentale". Secondome non c'è niente di più impreciso, puoi trovare dei terapeutiche sono pericolosi, tanto quanto in psicoanalisi, soprattutto in Italia(ti parla uno che, anche se di provenienza "psicoanalitica",è molto interessato al cognitivismo e ha la massima stima di alcunicognitivisti italiani: tanto per fare un esempio, io quando invio un pazientea un terapeuta di Roma, faccio sempre i nomi di Liotti o Semerari, duecognitivisti che stimo e di cui sono amico. Sono loro i miei punti di riferimentoa Roma, con Liotti sto scrivendo un lavoro insieme, ecc., ma è unpo' un caso, stimo anche molti cosiddetti "psicoanalisti").

Per quanto riguarda quello che tu chiami orientamento "interpersonale",è quanto mai una parola generica, un cliché. Se alludialla Inter-Personal Therapy (IPT) di Klerman & Weissman, essa,nella migliore delle ipotesi, secondo me non è altro che una pallidae brutta imitazione di una qualunque psicoterapia dinamica. Quello chedifferenzia la IPT da una psicoterapia dinamica che non si chiama IPT èche la IPT è più riduttiva, più schematica, nata daun manuale ipersemplificato fatto per essere sperimentata nel noto studiomulticentrico dell'NIMH (è questo il suo solo merito), e per essereinsegnata meccanicamente e in fretta ad operatori non sofisticati, comeassistenti sociali, ecc. Penso che Giovanni de Girolamo abbia peccato diingenuità nell'enfatizzare la IPT in Italia per il solo fatto cheè stata sperimentata (mi permetto di criticare a questo propositoapertamente Giovanni perché come sai lo stimo e sono molto suo amicoda anni, e lui non è il tipo che non accetta il dibattito). La ascesadella IPT nel panorama internazionale, e la sua accettazione acritica incerti paesi come l'Italia, è una cosa triste, un fraintendimentoche tradisce anche un fatto grave: la non chiarezza su cosa noi intendiamoper "scienza" (e queste cose tra l'altro Giovanni le sa, e dovrebbeandare più cauto con il suo discorso sulla "evidence-basedpsychiatry"). Mi spiego: nel caso della IPT è proprio ilcaso di dire che un fenomeno diventa tanto più "scientifico"quante più variabili noi eliminiamo, tanto più lo riduciamoa una caricatura. La unica teoria che la IPT ha alle spalle è lapsicoanalisi, con la differenza che si cerca di deenfatizzare le cose piùimportanti e utili della psicoanalisi (come ad esempio il parlare del rapportocol terapeuta, il "qui ed ora", cioè il transfert). LaIPT va bene se fai uno studio su una terapia manualizzata, ma elevarlaa nostra pratica clinica ideale lo trovo grottesco, penso significhi unpo' non sapere cosa è la psicoterapia, significa non avere elasticità.Questa è almeno la impressione che ho avuto da un seminario sullaIPT organizzato appunto da Giovanni. A me fanno sorridere quelli che diconoche nella loro pratica privata "praticano la IPT", mi danno l'ideadi non avere una cultura psicoterapeutica. A mio modesto parere, non esistonooggi molte alternative teoriche alla terapia dinamica, quella che si chiamacosì senza altri appellativi.

Stesse cose potrei dirle a proposito della Dialectial Behavior Therapy(DBT) della Linehan per i borderline. Ti parlo ancora sotto l'influenzadei treinteressantissimi giorni passati assieme a Clarkin al corsoche ho organizzato alla ClinicaPsichiatrica della Università di Parma sui disturbi di personalità,sotto gli auspici della Societyfor Psychotherapy Research (SPR)e della Società Italianadi Psichiatria (SPI). Conoscevo già il lavoro del gruppodi Kernberg, ma sono rimasto veramente impressionato dalla loro straordinariaesperienza clinica. Ma non voglio allungare troppo questa lettera e appesantirela lista che è già fin troppo carica.

20/4/97, Giovanni de Girolamo:
Caro Paolo, la tua lettera -- stimolante come al solito -- meriterebbeun sacco di osservazioni, che purtroppo in questo momento non ho il tempodi fare in extenso. Mi limito solo ad alcuni punti brevissimi.

1. Quello che emerge, dalle tue osservazioni, è la ben nota tesi(rivista, tuttavia, ad usum delphini) che "Tutti hanno vintoe tutti hanno diritto ai loro premi": ossia, tutte le psicoterapiesono uguali, quel che conta è lo psicoterapeuta, ecc. La realtàè ben diversa da ciò. NON TUTTE LE PSICOTERAPIE SONO EGUALI:IN PARTICOLARE LE EVIDENZE DI EFFICACIA DI PSICOTERAPIE SPECIFICHE PERIL TRATTAMENTO DI DISTURBI SPECIFICI (e non per il trattamento di indeterminatied indeterminabili malesseri esistenziali, come sono in larga misura quelliche afferiscono alla maggior parte degli studi psicoanalitici) SONO STRAORDINARIAMENTEDIVERSE. Non accettare tale dato di fatto, come purtroppo anche i seriricercatori di matrice psicoanalitica come te fanno, conduce ovviamentead una serie di gravi bias. Ma su questo tema vorrei rimandare adun libro che ho acquistato di recente, What Works for Whom? A Reviewof Psychotherapy Research, di Roth & Fonagy, New York: Guilford,1996 (non devo certo spiegare a te chi è Fonagy!); tale volume (peer-reviewedda un gruppo internazionale) fornisce una eloquente e chiara dimostrazionedell'assunto di cui sopra, e -- ahimè -- giunge alla conclusioneche LE EVIDENZE DI EFFICACIA DEI TRATTAMENTI DI "TIPO" PSICOANALITICO(psicoanalisi, psicoterapia psicoanalitica, psicoterapia di ispirazionepsicoanalitica, e chi più ne ha più ne metta) SONO PURTROPPOINESISTENTI, al contrario di quelle relative ad altre psicoterapie.

2. Nel caso specifico citato da Danilo, egli chiedeva -- in manierastraordinariamente corretta, a mio avviso -- se vi fosse un terapista inuna data area che impiega (tralascio, per mancanza di tempo e di spazio)TECNICHE PER IL TRATTAMENTO DI UN DISTURBO SPECIFICO (la depressione) CHESIANO EVIDENCE-BASED: non devo certo spiegare a te che sia la terapiacognitiva che l'IPT sono tecniche ampiamente evidence-based peril trattamento della depressione maggiore (vedi lo studio NIMH-TDCRP),mentre la psicoanalisi (nelle sue varie declinazioni, non è purtroppo,per il trattamento della depressione maggiore, evidence-based).Inoltre, nel caso delle prime due tecniche si tratta di terapie a duratalimitata, oltre la quale si raccomanda al paziente una eventuale alternativa(es. farmaci, o l'altro tipo di psicoterapia); nel caso della psicoterapiapsicoanalitica si tratta di un intervento di durata (e di costi) illimitata,differenza che finalmente -- nel 1997 -- si apprezza in tutte le sue numeroseimplicazioni.

3. Le tue critiche sull'IPT sono purtroppo scientificamente del tuttoimproprie e fuorvianti, e se dovessi abbozzarne una interpretazione (perriderci, ovviamente!) penserei che nascondono una qualche invidia per unatecnica che, pur potendo beneficiare (dal punto di vista della formazionepersonale) di una conoscenza della psicodinamica, non ha nulla a che vederecon essa. Purtroppo, caro Paolo, piaccia o no, l'IPT è -- oggi,aprile 1997 -- la psicoterapia con i più ampi margini di "evidenza"oggi disponibile, in quanto è stata testata nei due più ampi,sofisticati e lunghi trials che hanno mai coinvolto una qualsivogliatecnica psicoterapeutica (ossia il NIM-TDCRS e lo studio di Pittsburghsulla terapia di mantenimento della depressione). Se una qualche tecnicadi marca psicoanalitica fosse stata testata in un trial di dimensionipari a solo 1/5 di uno dei due trials succitati, la psicoanalisinon si troverebbe nell'impasse attuale! E' inutile che Ti ripetaquanto tu sai molto bene (cosa che ho avuto modo di verificare di recentenegli USA), ossia che negli USA la psicoanalisi è di fatto sparitadalla circolazione, e psicoanalisti eminenti (come Donald Cohen ed ArthurGreen) con cui ho parlato quasi non la menzionano più! Infine, aproposito dell'IPT, se fossi venuto ai due illuminanti seminari di EllenFrank e di David Kupfer, avresti visto a che punto è oggi la ricercasull'IPT: giusto per fare un esempio, Kupfer ha riferito i risultati diuno studio straordinario fatto a Pittsburgh (unpublished), in cuisono riusciti a dimostrare che i depressi non-responders all'IPThanno un Delta Ratio (una particolare misura EEGgrafica relativaal rapporto tra sonno REM e NON-REM, e tra fasi del sonno REM) diversoda quello dei responders! Questa è ricerca seria che finalmentestabilisce una connessione (operazionale e non solo teorica) tra mentee cervello!

Con i più cari saluti. Giovanni.

20/4/97, Paolo Migone:
Caro Giovanni, ti ringrazio per la pronta e attenta risposta. Io nonavevo mai messo in dubbio che la IPT funzionasse, anche perché erastato dimostrato dalle ricerche. Ma -- questo era il mio ragionamento --se la IPT è un "distillato", un "concentrato",della psicoanalisi, allora dovrebbe funzionare anche la psicoanalisi, emagari di più. Il fatto che non siano possibili ricerche cosìaccurate su terapie dinamiche a lungo termine non implica necessariamenteche esse non funzionino. Su un punto però hai ragione: mentre sappiamocosa è la IPT, non sappiamo bene cosa è la psicoanalisi cosìcome viene praticata (è un calderone di tecniche diverse, ecc.),per cui tu puoi dire che la IPT tutto sommato dà più affidamento.Io aggiungerei che se conosci uno psicoanalista di persona e ti dàaffidamento, puoi assumere che lavora bene. Mi rendo conto peròche non vi sono controlli affidabili, "evidenze". Nel mio discorsovolevo sottolineare poi che la IPT mi sembrava molto schematica, forseal prezzo di peggiorare un po' la tecnica (lo stesso problema èvero per il manuale di Luborsky, quello di Kernberg, ecc.). Ma questo èil punto, come tu sai: sono maggiori i vantaggi di uniformare e chiarirebene una tecnica, o gli svantaggi di lasciarla più complessa e aperta,meno manualizzata, col rischio che molti singoli terapeuti poi faccianoanche errori a causa di questa maggiore complessità e apertura loropermessa?

Quanto al libro di Roth & Fonagy, avevo visto il manoscritto l'estatescorsa a Toronto a un congresso, e sicuramente è un libro importanteche spero di avere tra le mani presto. E' incredibile quante cose sia riuscitoa fare Fonagy in questi ultimi anni.

Grazie ancora per la tua interessante risposta, e per i dati sullaDelta Ratio, che non conoscevo, e mi dispiace non essere stato presentea quel seminario.

Paolo

20/04/97, Giovanni de Girolamo:
Caro Paolo, sono molto d'accordo con quanto saggiamente affermi; ilmio unico dissenso (del quale avremo, spero, occasione di riparlarne alungo e di persona) si riferisce alla tua affermazione secondo cui l'IPT"è un distillato della psicoanalisi". Purtroppo non ècosì, e ne esiste una importante dimostrazione sperimentale, cherappresenta secondo me -- al pari del discorso sulle differenze tra responderse non-responders legato ai ritmi del sonno -- una dei piùstimolanti risultati della ricerca in psicoterapia mai conseguiti.

Mi riferisco alla straordinaria analisi che è stata fatta a Pittsburgh,nell'ambito del Maintenance Study of Recurrent Depression, su tuttele sedute audioregistrate dei pazienti trattati con IPT (solo gli americanipossono fare queste cose!): dei valutatori blind hanno fatto unrating delle sedute, stabilendo in che misura l'IPT era di "bassa"o "alta" qualità, a seconda che il focus dellaseduta fosse quasi sempre e coerentemente rivolto alle tematiche interpersonaliscelte (lutto complicato, transizione o conflitto di ruolo) o che invecefosse rivolto a tematiche diverse, tra cui la relazione paziente-terapista.Quel che è venuto fuori è che i pazienti trattati con IPTdi alta qualità (focus sempre sulle tematiche interpersonaliprescelte per il trattamento) hanno presentato un tasso straordinariamenteminore di ricadute rispetto a quelli trattati con IPT di "bassa"qualità (attenzione spesso ed ampiamente rivolta anche a tematichenon interpersonali ed extra-setting, come ad esempio le dinamiche transferalie controtransferali). Tale differenza dimostra che, almeno nel trattamentodella depressione, l'IPT è tanto più efficace quanto piùsi rifà alla tecnica specifica e manualizzata e quanto meno impiegatecniche che - credo a parere unanime - sono tuttora considerate centralinei trattamenti di derivazione psicoanalitica (analisi delle dinamichetransferali e controtransferali).

Naturalmente - e correttamente - tu potrai però asserire checiò è stato dimostrato per la depressione, e che non automaticamentevale per altri disturbi: si potrebbe addirittura congetturare che per altridisturbi una psicoterapia specifica è tanto più efficacequanto più evita le tematiche interpersonali e focalizza su quellepaziente-terapista!

Con i più cari saluti. Giovanni.

20/4/97, Paolo Migone:
Caro Giovanni, se così stanno le cose, hai ragione: secondole ricerche che citi, una psicoterapia che tocca maggiormente i rapportiextra-transferali, evitando il più possibile di commentare il rapportoterapeuta-paziente, nella depressione funzionerebbe di più di unaterapia che include anche interventi che non esitano a mostrare al pazientequanto lui possa ripetere, nel "qui ed ora" (il transfert), determinatipattern comportamentali patologici. Non riesco a capire perché,dato che altri studi (tra cui quelli del gruppo di Kernberg che ci ha ricordatoClarkin al corsoche abbiamo appena fatto a Parma, per non citare Luborsky, ecc.), e ancheil buon senso e l'esperienza clinica di molti, indurrebbero a pensare cheè molto utile e massimamente terapeutico lavorare in vivosu determinate tematiche dell'hic et nunc, con l'affettivitàai livelli alti, anche allo scopo di favorire la memorizzazione e la interiorizzazionedella "nuova esperienza" e a modificare quindi più efficacementegli schemi cognitivi e comportamentali.
Una vecchia critica infatti che si faceva ai terapeuti cognitivi eraquella che loro parlavano spesso e volentieri solo dei rapporti con "glialtri", trascurando il transfert, e cadendo a volte in razionalizzazionidifensive, mentre il paziente, secondo il ben noto adagio di Freud, quandoparla di qualcun altro parla sempre anche del terapeuta, perchéè il pattern relazionale che viene attivato, patternche entro una certa misura è simile in tutti i rapporti. Mi sembraallora che se la IPT considera un aspetto centrale della tecnica quellodi non parlare mai della relazione col terapeuta, effettivamente non è"psicoanalitica" negli intenti (anche se non mi piace esprimermiin questi termini, per i motivi che ti spiegherò dopo).
In effetti avevo sentito dire da alcuni autori che non la consideranouna terapia "psicoanalitica", ed era forse per questo.

Ritengo comunque che possano esservi delle spiegazioni (che lascianoil tempo che trovano perché rimangono delle ipotesi difficili dadimostrare empiricamente). Te ne accenno una: i depressi tendono a riattivarecon molta facilità il loro senso di colpa, e parlare del rapportocol terapeuta può esporli al rischio di sentirsi in colpa, "responsabili"dei loro stati emotivi, mentre parlare sempre dei altri, dare "lacolpa agli altri" (al marito insensibile, al capoufficio tiranno,ecc.) li risolleva, grazie al rinforzo della difesa proiettiva ("ilcattivo è lui, non sono io"). Se il terapeuta si comporta correttamente,è difficile per un paziente "dargli la colpa", e una breveanalisi dei significati della depressione porta inevitabilmente al rischioche la proiezione venga demolita e quindi cresca la depressione. Lavorarecon pazienti affetti da depressione maggiore è delicato, perchéa volte se solo li fai riflettere sulla contradditorietà delle loromotivazioni si mettono a piangere (è capitato a me un mese fa conuna mia paziente molto depressa e con un equilibrio affettivo estremamenteprecario: non capivo bene cosa aveva detto, e le chiedevo solo di spiegarmelomeglio, ma lei si è sentita accusata, ha pianto tutta la sedutae ha quasi pensato di interrompere il trattamento; sono allora rimastozitto per due o tre sedute, senza commentare le sue solite lamentele deglialtri, e lentamente ha riacquistato l'equilibrio -- da notare che èuna donna molto intelligente) (tranquillizzo subito i biopsichiatri dicendoche è in antidepressivi a dosi piene). Tra l'altro è risultatopoi che aveva "la coda di paglia", cioè la cosa che nonavevo capito era una sua contraddizione in cui cercava di far passare che-- per l'ennesima volta -- "la colpa di qualcosa era di un altro".Negli anni è passata attraverso tutti i più noti psichiatridella città, provando varie terapie farmacologiche senza successo.Io la sto "aggredendo" da due anni con la psicoterapia, convintoche si tratti di una depressione caratterologica, ottenendo risultati peraltrominimi.

Ma quello che volevo dirti in queste mie mails è questo:ogni terapeuta dinamico, degno di questo nome, sa quanto è importantee utile la "paranoia" per alcuni pazienti, ed è un dovereprocedere molto delicatamente, perché non possono reggere il confrontoeccessivo delle loro contraddizioni. E' possibile che Klerman, che erauno psichiatra di grandissima esperienza, così come pure gli altriautori del manuale della IPT, avessero capito bene queste problematiche:è meglio uniformare la tecnica dando direttive precise a tutti iterapeuti a non toccare il transfert (non parlare mai veramente di sé)coi depressi, perché così si hanno maggiori chancesdi successo nel breve periodo. Io ragionavo però in un altro modo:se il problema è quello dell'autostima, degli spunti persecutori(o, come dicono quegli analisti affezionati alla metapsicologia, dell'aggressivitàproiettata, ecc.), mi sembra che ai terapeuti vadano insegnate queste cose,cose utili per lavorare con tutti i pazienti, usare cioè questevariabili ("cliniche", non metapsicologiche) come guida per inostri interventi. Se invece diciamo a tutti, senza troppa elaborazioneconcettuale (come ho visto fare in un corso sulla IPT) che quello che sideve fare è non parlare mai del transfert senza spiegare bene perché,cioè senza inserire questo tipo di intervento all'interno di unacornice teorica più generale della psicoterapia e del funzionamentopsichico, alla lunga si possono fare degli errori, delle mosse controterapeutiche(il mio interesse è altrettanto pratico, come per i fautori dellaIPT).

Tra parentesi, ricordo che in quel corso sulla IPT (che tu organizzasti)io chiesi al conduttore come è possibile non parlare della relazionecol terapeuta se per caso il paziente dice che è depresso proprioperché nella seduta precedente era stato ferito dal terapeuta stesso(il conduttore aveva appena detto che ogni seduta bisogna chiedere al pazientedi parlare di quello che è successo nelle settimana precedente congli altri, di parlare degli episodi possibile fonte di depressione, manon del rapporto col terapeuta), e in effetti non c'era una risposta facilea questa domanda, data la regola di evitare il "qui ed ora" dellaIPT. Se invece insegnassimo che si può parlare di tutto, ma evitaredi far sentire in colpa il paziente se lui non lo tollera -- cosìragionavo io -- si insegna una tecnica più efficace, perchési fornisce un rationale più coerentemente inserito in unateoria generale della terapia.

Ma può darsi che qui mi sbagli: forse coi depressi paga di più,in termini di rischi, dare l'indicazione di non toccare mai il "quied ora", perché se tu insegni la psicoterapia come la vorreiinsegnare io magari tanti terapeuti non la capirebbero bene e parlerebberoin modo inappropriato del transfert a tutti i pazienti, creando solo danni,colpevolizzazioni, intrusioni, o facendo la caricatura del "giocodel piccolo psicoanalista" che non fa altro che parlare delle implicazionitransferali insultando anche la intelligenza del paziente (quindi facendolosentire stupido).

Per finire questa mail, ti dico perché prima ho dettoche non mi piace pensare alla IPT come ad una terapia non dinamica. Cometu sai (avendo letto il mio libro) ritengo, un po' provocatoriamente, che"non esistono terapie non dinamiche", così come non esistealcuna differenza tra psicoanalisi e psicoterapia. E' obbligatorio ragionarein termini psicoanalitici, perché "non si può ignorareun transfert di cui ci accorgiamo"; il transfert esiste comunque,e "il far finta che non ci sia lo porta solo ad esercitare ancor dipiù i suoi effetti senza che noi ce ne accorgiamo". La psicoterapia(non psicoanalitica) praticamente non esiste, perché non dàchiare indicazioni su come comportarci in modo coerente col paziente, unavolta riconosciute certe premesse ormai accettate da quasi tutti gli orientamenti..."E' un errore insegnare a un principiante a star lontano dal transfert,perché ne è sempre coinvolto, ed è impossibile insegnarglia non gestire un transfert di cui si accorga. Non vi è un'alternativaall'insegnamento della psicoanalisi, poiché essa è piùfacile da apprendersi della psicoterapia, la quale non offre una chiarateoria della tecnica riguardo a come comportarsi nei confronti delle ubiquitariemanifestazioni transferali" (queste erano frasi di Gill, che, comesai, è stata una figura chiave nella mia formazione).
Capisci adesso perché provavo irritazione verso certi aspettidella IPT?

Un abbraccio. Paolo.

22/4/97, Giovanni de Girolamo:
Caro Paolo, le tue risposte hanno un potere "magnetico",in quanto sono così ricche e piene di stimoli che è impossibilefare a meno di riflettervi e rispondervi.
Nella tua ultima risposta condividevo moltissime cose, ad eccezionedi due affermazioni, che mi offrono lo spunto per una sana ed amichevolepolemica:
1. Quando tu dici:
>...un po' provocatoriamente, che "non esistono terapie nondinamiche",
>così come non esiste alcuna differenza tra psicoanalisie psicoterapia.
>E' obbligatorio ragionare in termini psicoanalitici, perché"non si può ignorare
>un transfert di cui ci accorgiamo"; il transfert esiste comunque,e
>"il far finta che non ci sia lo porta solo ad esercitare ancordi più i suoi effetti
>senza che noi ce ne accorgiamo". La psicoterapia (non psicoanalitica)
>praticamente non esiste, perché non dà chiare indicazionisu come
>comportarci in modo coerente col paziente...
ovviamente fornisci lo spunto per delle osservazioni critiche.
Quel che affiora è una tipica visione ecclesiale del dogma psicoanalitico:le tue affermazioni riecheggiano (alla rovescia) il titolo del noto volumedi B. Russell Perché non ci si può dire cristiani:in questo caso "Perché non ci si può non dire psicoanalitici":insomma, siamo -- noi tutti che ci agitiamo nello psi -- "condannati"ad essere psicoanalisti, o psicoanalitici, anche contro la nostra volontà!

Per quanto riguarda il transfert, caro Paolo, chi -- con un minimo disale nella zucca -- può negarne l'esistenza e l'influenza massivache esso esercita nei rapporti interpersonali, sia nei setting assistenzialiche nella vita di tutti i giorni? Il problema, però, caro Paolo,è che il transfert non è stato né creato dalla psicoanalisiné è monopolio di quest'ultima: in tempi di mitologia dellaconcorrenza e del libero mercato, questa posizione è ovviamenteinaccettabile.

Quindi, (1) è possibilissimo non dirsi psicoanalisti (o psicoanalitici,ecc.); (2) esistono psicoterapie (tra le 475 contate anni fa da Karasu:ora saranno divenute 600 o 700!) che non hanno nulla a che spartire conla psicoanalisi, più di quanto esse non abbiano a che spartire conla laserchirurgia oftalmologica (in entrambi i casi ci si occupa di esseriviventi; in entrambi i casi vi è un paziente ed un terapista; inentrambi i casi il paziente ed il terapista respirano, mangiano, ecc.);(3) il transfert non è monopolio né è stato creatodalla psicoanalisi; si potrebbe discutere del contributo fornito dallapsicoanalisi, al pari di molte altre correnti disciplinari, alla sua delucidazione.

2. La tua affermazione secondo cui "il paziente, secondo il bennoto adagio di Freud, quando parla di qualcun altro parla sempre anchedel terapeuta" è una meravigliosa congettura, al pari di quellarelativa alla Verginità della Madonna, alla presenza di esseri viventisu Plutone, e via discorrendo. Naturalmente se deve essere considerataun atto di fede e presa come tale, mi sta benissimo: ma dobbiamo tuttaviaconvenire che non ha nulla a che fare con la scienza, ma solo con la fede!

Infatti, faccio due obiezioni:

2.1 Esiste una qualsivoglia, minima dimostrazione sperimentale di taleassunto? Che mi risulti no, quindi è un atto di fede e non scienza.

2.2 E' possibile falsificarla? Certo: immaginiamo il caso di una donna,affetta da un disturbo post-traumatico da stress in quanto vittima di stupro,che sia in terapia CON UNA TERAPISTA DONNA: vogliamo raccontarci la barzellettache, allorquando ella parla dello stupratore ed esprime la sua rabbia,voglia di vendetta, sdegno, ripulsa (tutti sentimenti del tutto comprensibili)"parla anche del terapeuta"? (non a caso ho ipotizzato che ilterapeuta fosse una donna).

2.3 Quando io ho fatto la mia corvè psicoanalitica personalecon la buonanima di Elvio Fachinelli (fisicamente alquanto poco attraente!),e gli parlavo di una donna di cui ero innamorato all'epoca, "parlavosempre anche del terapeuta"?

Caro Paolo, queste sono barzellette che una volta potevano passare,ma oggi, per coloro che non sono illuminati dalla fede (psicoanalitica),hanno lo stesso sapore del dogma della Verginità della Vergine Maria.Quello che mi stupisce -- ma che dimostra ancora una volta il tremendopotere fuorviante che hanno i sistemi di pensiero e le Weltanschaunungdogmatici e tendenti all'escatologia, come la psicoanalisi -- èche anche una persona di grande intelligenza e cultura creda ancora a questebarzellette!
Sono certo che le mie "provocazioni" troveranno una stimolanterisposta!

Un abbraccio, Giovanni

25/4/97, Paolo Migone:
Caro Giovanni, è possibile che tu abbia frainteso quello chevolevo dire. La mia intenzione, nella nostra discussione, era quella diriflettere sul piano dei "concetti", non semplicemente sul pianonominalistico (psicoanalisi, transfert, IPT, ecc., dove tutte queste parolehanno il significato che a loro viene dato da qualcuno e che non deve maiessere messo in discussione, non deve mai essere capito, secondo una stupida"logica delle etichette").

E' per questo che ho citato le frasi (che appunto chiamo "provocatorie")di Gill (perché sono di Gill quelle frasi che tu citi all'inizio),per fare riflettere su cosa può significare fare una determinataoperazione in psicoterapia, quali implicazioni pratiche e teoriche ad esempiopossa avere la conoscenza del cosiddetto transfert nel lavoro con un pazientedepresso (o non). Se ben ricordi avevo discusso del rischio della colpevolizzazione,dell'uso improprio e pericoloso delle generalizzazioni sui significatidel "qui ed ora", ecc. (riflessioni sulle quali peraltro tu sembridire che sei d'accordo). A me non interessa assolutamente che queste manifestazionisiano chiamate "transfert", o che un certo modo di lavorare siachiamato "psicoanalisi", a me va benissimo chiamarlo "giuseppe",oppure "marcantonio". Quello che mi interessa è discuteredei concetti, delle operazioni che stanno alla base di queste definizioni.La frase di Gill secondo me è estremamente significativa, e la ritengoperfettamente coerente con le riflessioni contenute in quella mia mail,riflessioni sulle quali, ripeto, tu ora tu dici di "condividere moltissimecose". Non capisco dunque bene cosa vuoi dire. Se la questione èche ti irrita sentire la parola "psicoanalisi", a me va benissimod'ora in poi abolirla, e usare d'ora in poi la parola "giuseppe"(operazione però che può essere di trasformismo culturale,tra l'altro fatta da molti, secondo me da alcuni adesso in USA -- ad esempioJohn Strauss -- che si rifà a precisi concetti psicoanalitici senzachiamarli col loro nome per non inimicarsi l'establishment culturaledi adesso). A me basta sapere di cosa si parla. Ed è un peccatoche tu qui non entri bene nel merito dei concetti di cui ho discusso. Mavediamo se dopo ci entri nelle parti successive della tua mail.

(Prima faccio una parentesi su Gill. Il motivo per cui ho citato Gill,e non ho semplicemente detto quello che pensavo senza citare nessuno --pensavo queste cose ben prima che le dicesse Gill, ma lui le ha teorizzateestremamente bene -- è dovuto al fatto che purtroppo nel nostrocampo quando sostieni una posizione un po' diversa o radicale, spesso vienesvalutata o ignorata. Se tu però dici le stesse cose citando lafrase di un autore importante come Gill -- che secondo molti fu uno deiteorici più importanti e più stimati non solo della Psicologiadell'Io ma dell'intera storia della psicoanalisi -- allora molti stannopiù attenti e sono disposti a "crederci" di più.Questo dipende dal fatto che molti non usano semplicemente la propria intelligenzae capacità di riflessione sui concetti, ma la autorità dichi parla. Tralascio di fare commenti su questi aspetti "religiosi"del nostro campo -- presenti non solo nella psicoanalisi ma come ben saianche in vasti settori della psichiatria -- perché sarebbero scontatie senz'altro saremmo d'accordo).

Tu poi dici:
>Per quanto riguarda il transfert, caro Paolo, chi - con un minimodi sale
>nella zucca - può negarne l'esistenza e l'influenza massivache esso esercita
>nei rapporti interpersonali, sia nei setting assistenziali chenella vita di tutti i giorni?
>Il problema, però, caro Paolo, è che il transfertnon è stato né creato
>dalla psicoanalisi né è monopolio di quest'ultima:in tempi di mitologia
>della concorrenza e del libero mercato, questa posizione èovviamente inaccettabile.

Ancora non capisco bene. A me sembrava che la disciplina che ha maggiormenteapprofondito il cosiddetto "transfert" (oltre che ha definirloper prima con questo termine) fosse la psicoanalisi. Ma a parte questo,se tu hai un'altra definizione, oltre a quelle tante già fin troppopresenti in psicoanalisi, perché non la esponi chiaramente? So chetu conosci bene questi fenomeni (pensa solo al concetto di placebo, chealtro non è che il transfert, cioè la suggestione, o se vuoichiamiamola pure "giuseppe")... Ci tengo a precisare che coltermine transfert io alludevo al fenomeno "clinico", che teoricamentepuò essere spiegato in mille modi, alludevo a quel quid chec'è sempre tra le persone, di ineliminabile, e che possiamo cercaredi comprenderlo meglio, di verbalizzarlo, ecc., ovviamente senza mai riuscirea farlo del tutto. La impresa della psicoanalisi, nella storia delle idee,non è altro che un tentativo di fare questo, uno dei tanti tentativi.L'importante è vedere bene in cosa consiste questo tentativo. Nellafattispecie, qui si parlava della mia argomentazione, sulla quale peròancora non sei entrato, ma ti sei fermato a livello nominalistico.

Dopo dici:
>Quindi, (1) è possibilissimo non dirsi psicoanalisti (opsicoanalitici, ecc.);

Chi ha mai detto che non si può? La frase di Gill alludeva alfatto che è impossibile non fare i conti coi "concetti"sottostanti a queste parole, ed era alla conclusione di un lungo e coerenteragionamento (che purtroppo può non essere chiaro a tutti, e quipuò essere colpa mia non averlo spiegato, ma in una mailnon è facile -- mi spiace autocitarmi, ma chi avesse tempo e vogliaho esposto tutte queste argomentazioni nel cap. 4 del mio libro Terapiapsicoanalitica). Noi comunque ora siamo d'accordo che si chiama"giuseppe", e vediamo di proseguire nel ragionamento e andarela punto (2), dove dici:

>2) esistono psicoterapie (tra le 475 contate anni fa da Karasu:ora saranno
>divenute 600 o 700!) che non hanno nulla a che spartire con lapsicoanalisi,
>più di quanto esse non abbiano a che spartire con la laserchirurgiaoftalmologica
>(in entrambi i casi ci si occupa di esseri viventi; in entrambii casi vi è un paziente ed un
>terapista; in entrambi i casi il paziente ed il terapista respirano,mangiano, ecc.);
Quale è qui la rilevanza di dire che vi sono 475 o piùpsicoterapie diverse?
Il problema è quello di capire come esse si differenziano, estavamo discutendo proprio di questo (si parlava della IPT e della suaeventuale differenza con una altra terapia, sia la psicoanalisi o "giuseppe",o un'altra ancora). Il mio tentativo era quello di differenziarle sullabase della loro teoria, che, in una scienza, è collegata alla clinica.Vogliamo ad esempio classificare le 475 terapie sulla base della letterainiziale? In questo caso, Gestalt viene prima di Psicoanalisi, e IPT sicolloca tra le due. Oppure sulla base del colore degli occhi del terapeuta?O sul numero di sedute alla settimana? Vuoi essere anche tu tra coloroche sostengono che la psicoanalisi è diversa dalla psicoterapiapsicoanalitica? Come ricordi, la mia discussione (sulla quale, ripeto,pare tu sia d'accordo) cercava di capire il ruolo degli interventi transferali(li ho anche chiamati "sul qui ed ora", ma possiamo anche chiamarlicon un altro nome, marcantonio, ecc., basta che ci intendiamo) nella IPTe in una terapia dinamica standard come la psicoanalisi. Cercavo di capireperché in una (la IPT) venivano vietati gli interventi che toccavanoil rapporto paziente-terapeuta (nota che non nominavo sempre la parolatransfert, mi interessavano i concetti, e quando parlavo di transfert lofacevo per brevità, non mi interessava la paternità di questoconcetto, anche se è scontato che è di Freud), e nell'altra(la psicoanalisi) la regola era che poteva essere toccato il rapporto paziente-terapeutaa patto che altre variabili fossero utilizzate come guida all'intervento(segnatamente: effetto positivo, o negativo, sul paziente -- fraintendimento,colpevolizzazione, ecc., oppure esperienza terapeutica positiva, e cosìvia). Non torno su questi punti perché ciascuno li può leggerenella mia mail del 20/4/97.
In un passaggio successivo, dici:
>(3) il transfert non è monopolio né è statocreato dalla psicoanalisi;
>si potrebbe discutere del contributo fornito dalla psicoanalisi,
>al pari di molte altre correnti disciplinari, alla sua delucidazione.

Si può arguire che è stato "creato" dalla psicoanalisi,ma certo chi ha mai detto che deve esserne monopolio? Anzi, al contrario,la speranza della psicoanalisi (non come istituzione) è che nonsia la sola ad utilizzarlo!

Parli dei vari contributi su questo tema. Ma perché allora nonne discutiamo? Era questo proprio lo spirito della mia discussione. Volevocapire ad esempio come la IPT concettualizza il lavoro sul rapporto paziente-terapeutae perché proibisce di toccarlo nei depressi.

Dopo ancora dici:
>2. La tua affermazione secondo cui "il paziente, secondo ilben noto
>adagio di Freud, quando parla di qualcun altro parla sempre anchedel
>terapeuta" è una meravigliosa congettura, al pari diquella relativa
>alla Verginità della Madonna, alla presenza di esseri viventisu
>Plutone, e via discorrendo. Naturalmente se deve essere considerataun
>atto di fede e presa come tale, mi sta benissimo: ma dobbiamo tuttavia
>convenire che non ha nulla a che fare con la scienza, ma solo conla fede!

Nota bene che ho aggiunto l'avverbio "anche". Questa frasedi Freud era una frase ad effetto che ha un grande significato, e volutamenteserve a richiamare l'attenzione. Non è comunque un atto di federitenere che ogni nostra reazione a una esperienza nuova possa avveniresolo sulla base di un precedente template (parola cara a chi siinteressa di informatica, ma è anche la parola della traduzioneinglese del termine che Freud usò quando per la prima volta parlòdel transfert), cioè di una determinata aspettativa basata sulleesperienze precedenti, ecc. (non voglio tediarti ricordandoti cose chesai benissimo). Ne parlò Piaget e una infinità di altri psicologiaccademici (non psicoanalitici). Non c'è niente di più provatonella scienza della psicoterapia. Non si può conoscere niente senon si hanno già degli strumenti conoscitivi per catalogare le percezioni.E' in questo senso (kantiano) che io intendevo il termine. Mi sembravachiaro, dalla mia discussione sulla IPT, che avevo una concezione moltoallargata del transfert, utilizzavo appunto solo il concetto. E precisamente:essere aperti alla possibilità che il paziente ripeta con il terapeutadeterminate modalità (depressive o altro) che presenta fuori, equesta è una importante opportunità terapeutica. E' altrettantoimportante scoprire che per esempio un paziente non ripeta affatto questemodalità: l'interrogarsi anche su questo fa parte del lavoro sultransfert (potrebbe significare per esempio che il paziente ha modalitànon rigide, ecc. -- non è che non abbia il transfert, perchéè impossibile non averlo: spero che tu mi capisca qui, non irritartiancora, ricordati che parlo solo di giuseppe).

In un altro passaggio, dici:
>Infatti, faccio due obiezioni:
>2.1 Esiste una qualsivoglia, minima dimostrazione sperimentaledi tale
>assunto? Che mi risulti no, quindi è un atto di fede e nonscienza.

Le prove di ricerca sono infinite: tra le ultime, vedi tutto il lavorosul CCRT (Core Colflictual Relationship Theme) di Luborsky, utilizzatooggi molto anche da ricercatori cognitivisti, non psicoanalitici, perchéè solo una metodologia di ricerca.

Cito un altro tuo passaggio:
>2.2 E' possibile falsificarla? Certo: immaginiamo il caso di unadonna,
>affetta da un disturbo post-traumatico da stress in quanto vittimadi
>stupro, che sia in terapia CON UNA TERAPISTA DONNA: vogliamo raccontarci
>la barzelletta che, allorquando ella parla dello stupratore edesprime la sua rabbia,
>voglia di vendetta, sdegno, ripulsa (tutti sentimenti del tuttocomprensibili)
>"parla anche del terapeuta"? (non a caso ho ipotizzatoche il terapeuta fosse una donna).

Quella donna che ha subito uno stupro può benissimo essere cosìtraumatizzata da avere meno fiducia degli altri in generale, puòtemere di non essere capita, ecc. La teoria del transfert (o giuseppe chedir si voglia) prevede che vi siano schemi cognitivi, Gestalt di significato,nient'affatto legate ad una sola persona, ma come dei patterns,dei templates, che si generalizzano e modificano la percezione dell'esperienza.

Quella donna potrà avere difficoltà ad aprirsi ad un altrouomo ma anche ad un(a) terapeuta. Non solo, è stato anche dimostratoche lo schema internalizzato non è solo un "Oggetto" (=persona)ma una "relazione oggettuale". E la prova (tra le tante) èche la relazione si può invertire tranquillamente nel transfert(vedi il concetto di "Passive into active" cioèla inversione dei ruoli). Ma non farmi dire cose che sai benissimo. Adogni buon cono, perché non dai un'occhiata al libro di Luborsky& Crits-Cristoph (1990) Capire il transfert (Milano: Cortina,1992), che è tutto basato sulla ricerca sperimentale?

(A proposito della tua domanda, ti faccio notare che tu sottolinei chela donna affetta da PTSD "sia in terapia CON UNA TERAPISTA DONNA",come se fosse scontato che essa dovesse avere sicuramente un grosso transfertnegativo se fosse in terapia con un terapeuta uomo. Io invece, guarda unpo', fedele osservante bigotto della chiesa psicoanalitica, non darei perscontato niente, e sarei aperto alla possibilità che quella donnapotesse trovarsi bene con un terapeuta uomo sensibile e capace di ascoltarla).

Altra tua citazione:
>2.3 Quando io ho fatto la mia corvè psicoanalitica personalecon la buonanima
>di Elvio Fachinelli (fisicamente alquanto poco attraente!), e gliparlavo di una donna
>di cui ero innamorato all'epoca, "parlavo sempre anche delterapeuta"?

No, se è per questo potevi parlare forse anche di tua mamma,di una zia, o di altre donne precedenti, non solo del terapeuta, pur essendola esperienza della donna di cui eri innamorato evidentemente una questioneimportante. Ma voglio rispondere a questa tua domanda facendoti notareche se c'è una cosa per la quale Merton Gill, negli ultimi anni,divenne molto conosciuto, fu proprio questa (Gill è proprio quelloche ha detto quelle frasi che ti hanno irritato molto, da te citate all'iniziodi questa mail): lui non smetteva mai di sottolineare, andando controalla concezione ortodossa del transfert, quanto fossero importanti gliinputs reali, del presente (e non del passato), nella manifestazionedel transfert, quanto cioè fosse illegittimo ritenere il transfertuna mera ripetizione del passato, ma quanto invece esso fosse anche unareazione appropriata alla situazione presente. Infatti tanti hanno fattonotare che una delle implicazioni della sua revisione teorica èstata proprio quella di "abolire" il concetto di transfert...La sua Analisi del transfert (titolo del suo libro del 1982) erain realtà una "analisi della relazione". Ma è propriofacendo l'analisi del transfert che si scopre che tanto spesso "transfertnon è", diceva Gill.

>Caro Paolo, queste sono barzellette che una volta potevano passare,ma oggi,
>per coloro che non sono illuminati dalla fede (psicoanalitica),hanno lo stesso sapore
>del dogma della Verginità della Vergine Maria. Quello chemi stupisce - ma che
>dimostra ancora una volta il tremendo potere fuorviante che hannoi sistemi di pensiero
>e le Weltanschaunung dogmatici e tendenti all'escatologia, come la psicoanalisi -- è che
>anche una persona di grande intelligenza e cultura creda ancoraa queste barzellette!
>Sono certo che le mie `provocazioni' troveranno una stimolanterisposta!
Certo, mi hai stimolato una risposta. E spero di averti mostrato comenon mi interessano le logiche da chiese o da parrocchie, ma solo capirele idee, le premesse da cui uno parte, i concetti che usa, non certo leparole. Ma tu mi pare invece che hai un certo qual transfert per certeparole...

Con affetto. Paolo

25/4/97, Giovanni de Girolamo:
CARO PAOLO,
(1) PER ME NON E' AFFATTO SCONTATO CHE LA NOZIONE DI TRANSFERT SIA"DI" FREUD O SIA STATA DA LUI PERSONALMENTE TEORIZZATA PER LAPRIMA VOLTA: ANNI FA HO STUDIATO ESTENSIVAMENTE LA STORIA DELLA PSICHIATRIAE DELLA PSICOLOGIA CLINICA, E VENIVA FUORI CHE MOLTISSIMI (COME PERALTROE' NATURALE CHE FOSSE) SONO STATI GLI AUTORI CHE, CERTO CON MINORE COMPRENSIVITA'E COERENZA INTERNA DI FREUD, AVEVANO TEORIZZATO ED ANALIZZATO CONCETTICOME QUELLI DEL TRANSFERT. TRA I TANTI RIMANDO AL VOLUME-CAPOLAVORO DIELLENBERGER LA SCOPERTA DELL'INCONSCIO.

(2) IL PROBLEMA NON E' IL TRANSFERT O IL CONTROTRANSFERT, PERCHÉSU QUELLI SOLO UN IDIOTA PUÒ NUTRIRE DUBBI: IL PROBLEMA E' L'INTERPRETAZIONECHE DI ESSI NE FA LA PSICOANALISI, IN LARGHISSIMA MISURA CONGETTURALE ENON SUPPORTATA AFFATTO DA EVIDENZE, MENTRE AL CONTRARIO MOLTE SONO LE EVIDENZECHE HANNO FALSIFICATO TALI CONGETTURE.

(3) PER QUANTO ATTIENE ALLA FRASE DI FREUD CHE IO TI HO CONTESTATO,LA SPIEGAZIONE (O PER MEGLIO DIRE CHIARIFICAZIONE) CHE TU FORNISCI E' INLARGA MISURA CONDIVISIBILE, MA E' NON A CASO MOLTO GENERALIZZATRICE E VAMOLTO LONTANO DAL SIGNIFICATO ORIGINARIO (E NON EQUIVOCO) DELLA CONGETTURAFREUDIANA. VORREI TUTTAVIA CHE TU MI SEGNALASSI QUALCHE LAVORO SPECIFICOIN CUI VIENE DIMOSTRATO SPERIMENTALMENTE ESATTAMENTE QUELLO CHE FREUD CONGETTURAVA,OSSIA CHE QUANDO PARLA DI QUALCUN'ALTRO, IN QUALSIASI MOMENTO, A PROPOSITODI QUALSIVOGLIA VICENDA ESISTENZIALE, CON QUALSIVOGLIA STATO D'ANIMO, ILPAZIENTE PARLA SEMPRE, ANCHE O DEL TUTTO (PER ME NON FA MOLTA DIFFERENZA),DEL TERAPEUTA.

COME TUTTI GLI ASSUNTI CHE VIOLANO LE REGOLE DEL BUON SENSO, ESSO CONTRAVVIENEALLE REGOLE ELEMENTARI DELLA SCIENZA, OSSIA CHE GLI ASSUNTI IMPIEGATI DEBBANOESSERE PARSIMONIOSI, COERENTI, ADERENTI AL SENSO DELLA REALTÀ'.CONTINUO A RITENERE CHE TALE CONGETTURA VIOLI TUTTE QUESTE REGOLE.

IL FATTO POI CHE CIASCUNO DI NOI RIPROPONE NELLA SUA VICENDA PERSONALE(E QUINDI IN OGNI MOMENTO DELL'ESISTENZA) NON SOLO TUTTA LA SUA STORIAINDIVIDUALE, MA ADDIRITTURA L'INTERA VICENDA STORICA DELL'UMANITA' (IOSONO QUESTO PERCHE' SONO NATO IN ITALIA, IN UN DATO ANNO, IN UNA DATA FAMIGLIA,IN UNA DATA CONDIZIONE STORICO-SOCIALE, ECC.), NON HA NULLA A CHE VEDERECON LA CONGETTURA FREUDIANA, CHE HA UN SIGNIFICATO ASSOLUTAMENTE PRECISOE NON "AMPIO", COME PER CERTI VERSI CERCHI DI FARLO PASSARE TUORA.

RIBADISCO CHE DESIDERO MOLTO SAPERE DI UNA SOLA EVIDENZA SPERIMENTALECHE VADA NEL SENSO DI CONFERMARE LA CONGETTURA IN QUESTIONE, INTESA INUN SENSO RESTRITTIVO E PRECISO E NON AMPIO. IN ALTRE PAROLE, VOGLIO CHETU MI DIMOSTRI CHE NELL'ESEMPIO DA ME CITATO LA DONNA STUPRATA CHE PARLADEL SUO STUPRATORE STA PARLANDO IN REALTA' DELLA SUA TERAPISTA (O DEL SUOTERAPISTA: NON ASSUMO AFFATTO CHE ESSA NON POSSA TROVARSI BENE O MEGLIO,PER MOTIVI TRANSFERALI GENERALI, CON UN UOMO).

UN CARO SALUTO, GIOVANNI

25/4/97, Paolo Migone:
On 25/04/97 Giovanni de Girolamo wrote:
>(1) PER ME NON E' AFFATTO SCONTATO CHE LA NOZIONE DI TRANSFERT
>SIA "DI" FREUD O SIA STATA DA LUI PERSONALMENTE TEORIZZATAPER LA >PRIMA VOLTA: ANNI FA HO STUDIATO ESTENSIVAMENTE LA STORIA DELLA>PSICHIATRIA E DELLA PSICOLOGIA CLINICA, E VENIVA FUORI CHE MOLTISSIMI>(COME PERALTRO E' NATURALE CHE FOSSE) SONO STATI GLI AUTORI CHE, >CERTOCON MINORE COMPRENSIVITA' E COERENZA INTERNA DI FREUD, >AVEVANO TEORIZZATOED ANALIZZATO CONCETTI COME QUELLI DEL >TRANSFERT. TRA I TANTI RIMANDOAL VOLUME-CAPOLAVORO DI >ELLENBERGER (1970) LA SCOPERTA DELL'INCONSCIO

Mi va benissimo non insistere su questo punto, e mi basta che tu dicache Freud abbia fatto un certo sforzo per studiare questo concetto. Lapaternità dei concetti in questa sede mi interessa meno della validitàdei concetti stessi.

>(2) IL PROBLEMA NON E' IL TRANSFERT O IL CONTROTRANSFERT, PERCHE'SU
>QUELLI SOLO UN IDIOTA PUO' NUTRIRE DUBBI: IL PROBLEMA E'
>L'INTERPRETAZIONE CHE DI ESSI NE FA LA PSICOANALISI, IN LARGHISSIMA
>MISURA CONGETTURALE E NON SUPPORTATA AFFATTO DA EVIDENZE, >MENTREAL CONTRARIO MOLTE SONO LE EVIDENZE CHE HANNO FALSIFICATO >TALI CONGETTURE.
La "psicoanalisi", come ben sai, è molto variegata.Io non mi stupisco se molti psichiatri lavorano male (non sanno fare diagnosi,danno le medicine sbagliate, ignorano l'importanza del rapporto medico-paziente,ecc.): non mi permetto di dire che è colpa della psichiatria, disciplinaper la quale ho sempre avuto il massimo rispetto. Le ragioni della pessimapsichiatria che ci circonda sono molto complesse (sociologiche, sottoculturali,ecc.). Perché la stessa cosa non può essere valida per lapsicoanalisi?
Non solo, ma se tu dici che "nessuno può nutrire dubbisulla importanza dei concetti di transfert e controtransfert", allorachi può andare d'accordo più di noi due?
>(3) PER QUANTO ATTIENE ALLA FRASE DI FREUD CHE IO TI HO CONTESTATO,>LA SPIEGAZIONE (O PER MEGLIO DIRE CHIARIFICAZIONE) CHE TU FORNISCIE' >IN LARGA MISURA CONDIVISIBILE, MA E' NON A CASO MOLTO >GENERALIZZATRICEE VA MOLTO LONTANO DAL SIGNIFICATO ORIGINARIO (E >NON EQUIVOCO) DELLACONGETTURA FREUDIANA. VORREI TUTTAVIA CHE TU >MI SEGNALASSI QUALCHELAVORO SPECIFICO IN CUI VIENE DIMOSTRATO >SPERIMENTALMENTE ESATTAMENTEQUELLO CHE FREUD CONGETTURAVA, >OSSIA CHE QUANDO PARLA DI QUALCUN'ALTRO,IN QUALSIASI MOMENTO, A >PROPOSITO DI QUALSIVOGLIA VICENDA ESISTENZIALE,CON QUALSIVOGLIA >STATO D'ANIMO, IL PAZIENTE PARLA SEMPRE, ANCHE O DELTUTTO (PER ME >NON FA MOLTA DIFFERENZA), DEL TERAPEUTA.

Ti ho già detto nella mail precedente come io considerola validità della frase di Freud: non in termini scientifici comeli intendi tu, ma come una frase ad effetto che dà l'idea di unconcetto importante, della ubiquità di un fenomeno. Cosa significhipoi utilizzare questo concetto a livello clinico è un altro discorso.

>COME TUTTI GLI ASSUNTI CHE VIOLANO LE REGOLE DEL BUON SENSO, ESSO
>CONTRAVVIENE ALLE REGOLE ELEMENTARI DELLA SCIENZA, OSSIA CHE GLI>ASSUNTI IMPIEGATI DEBBANO ESSERE PARSIMONIOSI, COERENTI, ADERENTI >ALSENSO DELLA REALTA'. CONTINUO A RITENERE CHE TALE CONGETTURA >VIOLI>TUTTE QUESTE REGOLE. IL FATTO POI CHE CIASCUNO DI NOI >RIPROPONENELLA SUA VICENDA PERSONALE (E QUINDI IN OGNI MOMENTO >DELL'ESISTENZA)NON SOLO TUTTA LA SUA STORIA INDIVIDUALE, MA >ADDIRITTURA L'INTERA VICENDASTORICA DELL'UMANITA' (IO SONO QUESTO >PERCHE' SONO NATO IN ITALIA,IN UN DATO ANNO, IN UNA DATA FAMIGLIA, >IN UNA DATA CONDIZIONE STORICO-SOCIALE,ECC.), NON HA NULLA A CHE >VEDERE CON LA CONGETTURA FREUDIANA, CHE HAUN SIGNIFICATO >ASSOLUTAMENTE PRECISO E NON "AMPIO", COMEPER CERTI VERSI CERCHI DI
>FARLO PASSARE TU ORA.

Su questo non sono d'accordo. Il concetto di transfert a cui alludevoera questo, inteso in modo molto ampio. Ma già questo mi bastavaper fare il ragionamento che facevo.

>RIBADISCO CHE DESIDERO MOLTO SAPERE DI UNA SOLA EVIDENZA >SPERIMENTALECHE VADA NEL SENSO DI CONFERMARE LA CONGETTURA IN >QUESTIONE, INTESAIN UN SENSO RESTRITTIVO E PRECISO E NON AMPIO. IN >ALTRE PAROLE, VOGLIOCHE TU MI DIMOSTRI CHE NELL'ESEMPIO DA ME >CITATO LA DONNA STUPRATACHE PARLA DEL SUO STUPRATORE STA >PARLANDO IN REALTA' DELLA SUA TERAPISTA(O DEL SUO TERAPISTA: NON >ASSUMO AFFATTO CHE ESSA NON POSSA TROVARSIBENE O MEGLIO, PER >MOTIVI TRANSFERALI GENERALI, CON UN UOMO).

Non posso dimostrarti che "NELL'ESEMPIO DA [TE] CITATO LA DONNASTUPRATA CHE PARLA DEL SUO STUPRATORE STA PARLANDO IN REALTA' DELLA SUATERAPISTA (O DEL SUO TERAPISTA)" (mi bastano le osservazioni fatteda Giobatta Guasto [vedi la successiva E-Mail] e da me nelle altremails, e il riferimento al libro di Luborsky & Crits-Cristophche ti ho già citato). Qui bisognerebbe fare un esperimento, nelquale prima andrebbe definito operativamente cosa significa "parlaredel terapeuta" (esplicitamente? simbolicamente? nel caso, con qualisimboli? ecc.), e già lì potrebbero sorgere dei disaccordi.Ti ripeto che quella frase voleva solo alludere al concetto di transfert,cioè al "trasferimento" di disposizioni, ecc. Siccomeè sempre attivo, perché è un meccanismo di funzionamentodel cervello, "in un certo senso" è vero anche quelloche diceva Freud. Freud forse si sbagliava nel pensare che chi lo avrebbeletto lo avrebbe capito nel modo che intendeva lui.

Ad ogni buon conto, proporrei, se sei d'accordo, di fermare qui questacorrispondenza (mi sto consumando tutto il poco tempo libero che ho!).Penso che lo scambio che abbiamo avuto sia già ricco di stimoliper tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggerlo, ed è belloanche che si rimanga con una dose di disaccordo, per tenere sempre apertoil dibattito.

Con la solita amicizia. Paolo

25/4/97, Giobatta Guasto:
Caro De Girolamo, ho avuto spesso occasione di apprezzare, su questalista, la tua competenza, e devo riconoscere di non sapermi cimentare conte in un contradditorio concernente i molteplici tipi di psicoterapia chetu citi e che io non conosco.
Tuttavia, poiché conosco un po' la psicoanalisi e conosco abbastanzabene i problemi legati all'abuso sessuale, prendo spunto da una (una soltanto)delle tue obiezioni a Migone, per fare alcune osservazioni circa le tueopinioni sul transfert, che mi paiono, oltre ché decisamente appassionate,poco rispondenti a quella che é la mia esperienza di paziente primae di psicoterapeuta poi.
Tu dici:
>immaginiamo il caso di una donna, affetta da un disturbo post-traumatico
>da stress in quanto vittima di stupro, che sia in terapia CON UNATERAPISTA DONNA:
>vogliamo raccontarci la barzelletta che, allorquando ella parladello stupratore ed esprime
>la sua rabbia, voglia di vendetta, sdegno, ripulsa (tutti sentimentidel tutto comprensibili)
>"parla anche del terapeuta"? (non a caso ho ipotizzatoche il terapeuta fosse una donna).

Sulla base di un criterio se non di evidence (non so quale siala soglia di evidenza di un dato, e sono altresì certo che esistonodati non commensurabili con strumenti statistici, e non per questo menoveri, anche se riconosco la difficoltà della loro validazione) almenoexperience based, io credo che si possa affermare che é propriovero il contrario di quello che tu sostieni.

Nel caso della psicoterapia psicoanalitica di minori sessualmente abusatiil transfert negativo innescato dall'identificazione aggressore/terapeutaé un elemento terribilmente insidioso che mina la capacitàdi tenuta di terapeuti anche molto esperti, e i suoi effetti si protraggonoper anni, mettendo spesso e per lungo tempo la terapia a rischio di interruzione.Ciò é assolutamente indipendente dal sesso dello psicoterapeuta,e tu che hai fatto questa esperienza, lo sai certamente bene.

Se lo vorrai, ti invierò la fotocopia di un lavoro della dott.Suzanne Blundell, presentato a Londra nel corso di un seminario alla Tavistock.In esso non potrai trovare nessuna affermazione fideistica, ma il sempliceresoconto di un'esperienza estremamente difficile, nella relazione terapeuticacon una bambina abusata dal proprio padre, che continuava a trattare "la"terapeuta alla stregua del proprio padre aggressore, invasore, predatoredi "parti buone" interne alla bambina, attaccate e deterioratedalla terribile esperienza vissuta. Scrive la Blundell: "...poichéMelanie (la bambina) aveva rovesciato dentro di me tutte le sue emozionie le sue paure, io iniziai a diventare nella sua mente una persona cheincuteva terrore. Man mano che trasferiva le sue emozioni dentro di me,io diventavo sempre più ai suoi occhi un oggetto confuso e danneggiato,una persona cattiva e pericolosa di cui non si poteva fidare, come suopadre..." e più avanti: "...dopo circa due anni di terapiaero all'estremo delle mie risorse. Io continuavo a rappresentare per Melaniela persona che la violentava, e Melanie non voleva vedermi...".
Mi pare che di fronte ad uno scenario tanto cruento, il genere delterapeuta sia un dato privo di rilevanza.

Quello che tu affermi nel brano sopra riportato é inesatto efuorviante perché rappresenti un momento di un'ipotetica terapia,come se stessi descrivendo TUTTA la terapia: é assolutamente possibileche una donna violentata parli, in una determinata circostanza, dell'esperienzasubita con il o la terapeuta senza identificarlo/a con l'aggressore: eperché mai non dovrebbe la paziente in quel momento rapportarsicon un'immagine materna accogliente (una "madre buona") in gradodi ascoltarla. Non é forse transfert anche questo?

Si tratta anzi di un'esperienza fondamentale nella stragrande maggioranzadei trattamenti di persone abusate (specie se di minore età), proprioperché spesso alla violenza si accompagna l'ingiunzione del silenzio,o la vergogna, o il senso di colpa della vittima. Nelle bambine abusateche ho conosciuto (molte di loro in tenera età) la violenza concui le fantasie sadiche dell'aggressore erano state stipate nel mondo internodella vittima con il rischio che vi rimanessero per sempre, sembravanoaccompagnarsi alla crudele sorte di essere continuamente ricacciate dentro(anche da parte di molti periti) per la difficoltà di trovare un"ascoltatore" (contenitore) che non fosse anche un persecutore.

Diceva Martha Harris, a proposito dei Corsi di Osservazione del neonatoche andava inaugurando in Italia verso la fine degli anni '70 che vi sono"troppe teorie" e che l'Osservazione poteva essere un buon antidotoad esse.

Quando parliamo di "fede" ci riferiamo certamente ad esse,alle impostazioni teoriche. La psicoanalisi non é né piùné meno immune di altri corpi dottrinali dal rischio di accettazioneacritica, che poi significa sterilizzazione e morte. Per fortuna essa cifornisce anche, assieme alle proprie storture, degli strumenti criticiidonei a difenderci dalle ideologie: molto utile, in tal senso, il pensierodi Bion , anche contro la fede nella ratio e nella sua nipotinabruttina, la statistica.

Cordiali (e appassionati) saluti, Gianni Guasto

25/4/97, Giovanni de Girolamo
CARO GUASTO, CONCORDO CON LE COSE CHE DICI: IL PROBLEMA E' CHE PAOLOHA TESTUALMENTE SCRITTO CHE "QUANDO PARLA DI QUALCUN ALTRO IL PAZIENTEPARLA SEMPRE DEL TERAPEUTA": IL PROBLEMA E' TUTTO IN QUEL SEMPLICE"SEMPRE". CHE IL PAZIENTE POSSA DI RADO, OCCASIONALMENTE, SPESSO,SPESSISSIMO, PARLARE DEL TERAPEUTA QUANDO PARLA DI QUALCUN ALTRO E' GIVENFOR GRANTED, OSSIA LO DO' (O FORSE NON DOVREI, MA DOVREI SPIEGARLOO DIMOSTRARLO) PER SCONTATO. MA QUELL'AVVERBIO "SEMPRE" FA TUTTALA DIFFERENZA, E SI PASSA DALLA SCIENZA (E DALLA POSSIBILITA' DI UNA VERIFICASPERIMENTALE) ALLA FEDE. COSA PENSERESTI SE IO DICESSI CHE "TU SEISEMPRE (INTESO IN SENSO STRETTO E NON FIGURATO) ARRABBIATO"? E VIE' DIFFERENZA TRA TALE AFFERMAZIONE E LA SEGUENTE: "TU SEI DI RADO,OCCASIONALMENTE, SPESSO, SPESSISSIMO ARRABBIATO"? LA DIFFERENZA C'E'E COME: ESATTAMENTE COME NEL CASO DELLA FRASE DI CUI DISCUTIAMO.
IL PROBLEMA DI FONDO E' CHE PER DECENNI CONGETTURE DI TUTTI I TIPI,COMPRESE LE PIU' FANTASIOSE O FRANCAMENTE DELIRANTI (VEDASI LACAN ED ANCHEMOLTE COSE DELLA "SANTA KLEIN", PER NON PARLARE POI DELLE MIGLIAIADI CONGETTURE ASSURDE E TOTALMENTE INVENTATE DI CUI E' COSTELLATA L'INTERASTORIA DELLA PSICHIATRIA E DELLA MEDICINA) SONO STATE DATE PER SCONTATE:IL VENTO E' (FORTUNATAMENTE) CAMBIATO E CIASCUNA CONGETTURA DEVE ESSERESOTTOPOSTA, PER ESSERE ACCETTATA IN CAMPO SCIENTIFICO, A RIGOROSI TESTSSPERIMENTALI E DEVE ESSERE RIPRODUCIBILE. ALTRIMENTI PARLIAMO, COME INMOLTI CASI ACCADE ANCOR OGGI IN PSICOANALISI, DI FEDE.

CARI SALUTI, GIOVANNI

25/4/97, Paolo Migone:
On 25/04/97 Giovanni de Girolamo wrote:
>CARO GUASTO, CONCORDO CON LE COSE CHE DICI: IL PROBLEMA E'
>CHE PAOLO HA TESTUALMENTE SCRITTO CHE "QUANDO PARLA DI
>QUALCUN ALTRO IL PAZIENTE PARLA SEMPRE DEL TERAPEUTA".
Caro Giovanni, in realtà, la mia frase era: "quando [ilpaziente] parla di qualcun altro, parla sempre anche del terapeuta,perché è il pattern relazionale che viene attivato, patternche entro una certa misura è simile in tutti i rapporti"...ecc. (ho scritto qui in corsivo la parola anche).

Nella tua citazione quindi hai omesso la parola "anche" cheinvece c'era, e che ritengo importante per la coerenza teorica del concettodi transfert.

25/4/97, Albertina Seta:
Inserirsi nello scambio Migone-de Girolamo potrebbe apparire per lomeno sventato, nondimeno vorrei provarmi a sostenere le ragioni del primo,il quale, peraltro mi sembra che non abbia bisogno di alcun sostegno, edancor di più quelle di... Giuseppe.
D'accordissimo con Migone (e con Gill) sul qui ed ora; Giuseppe nonè tanto da considerare una ripetizione del passato quanto una relazionereale del paziente con il terapeuta che potrebbe (anzi dovrebbe) comprendereaspetti nuovi, ovvero mai sperimentati, o perduti dal paziente stesso.Naturalmente questo farebbe entrare in ballo la questione del... transfertnegativo. Ha ragione De Girolamo a temere la violenza del depresso chea questo punto si scatenerebbe o dobbiamo pensare che in ogni modo questaviolenza vada affrontata per poter parlare di cura della depressione? Edancora potrebbe darsi l'ipotesi che, allorché in una situazionedepressiva si dia la possibilità di un intervento psicoterapeutico,convogliare la violenza depressiva nei confronti del terapeuta, benintesoa patto che egli sia in grado di sostenerla e di trasformarla, magari lentamente,possa rappresentare già un passo avanti ovvero una valida rispostaal rischio suicidario?

Un saluto. Albertina Seta

25/4/97, Paolo Migone:
Cara Albertina, trovo molto interessante la tua osservazione, con laquale concordo pienamente, ma come sai nella IPT è vietato parlaredel rapporto paziente-terapeuta, e nelle mie lunghe mails cercavodi discuterne i motivi (anche giusti, secondo la logica dei vantaggi dellastandardizzazione per la ricerca, ma qui non voglio tornarci).

Però non sono riuscito ad entrare nel merito di questi problemicon qualcuno (tu sei la prima), e si è scivolati su discorsi piùgenerici. Per cui ti ringrazio.

24/4/97, Marco Lussetti:
On 22/04/97 Giovanni de Girolamo wrote:
>le tue risposte hanno un potere "magnetico", in quantosono così ricche
>e piene di stimoli che è impossibile fare a meno di riflettervie rispondervi.
Io invece trovo queste discussioni sulla psicoanalisi alquanto noiosee irritanti in quanto chi crede nel Transfert, ci crede e raramente e'interessato a valutare altri punti di vista o teorie che siano al di fuoridella sua Fede. Let it be! Se qualcuno fosse comunque interessatoall'argomento suggerirei: Why Freud was Wrong. Sin, Science and Psychoanalysisdi R. Webster, Londra: Harper Collins, 1995 (ora anche in paperback persole UK[sterling] 9.99).
Mi fa piu' piacere quando tu, Giovanni, segnali qualche cosa di nuovo,magari basato su un po' piu' di evidenza sperimentale....

Grazie. Marco Lussetti.

24/4/97, Juan Carlos Garelli (University of Buenos Aires):
Since it seems impossible to get rid of this list, I will participate,at least on this poster.
On 24/4/97 Marco Lussetti wrote:
>Io invece trovo queste discussioni sulla psicoanalisi alquantonoiose e irritanti in quanto
>chi crede nel Transfert, ci crede e raramente e' interessato avalutare altri punti di vista
>o teorie che siano al di fuori della sua Fede. Let it be!Se qualcuno fosse comunque interessato >all'argomento suggerirei: WhyFreud was Wrong. Sin, Science and Psychoanalysis di R. >Webster

I must have read dozens of books proving Freud wrong for the last 25years or so. Our generations seem to have no memory. Our training institutesoutdated. Emanuel Peterfreund, an extraordinarily intelligent man and apsychoanalyst wrote Information, Systems, and Psychoanalysis: An EvolutionaryApproach to Psychoanalytic Theory in 1971 (New York: InternationalUniversity Press), where he tears the Freudian edifice to pieces. Beforehim, George Klein attacked Freud's metapsychology leaving no room for furtherdiscussion. Benjamin Rubinstein criticized the epistemological shortcomingsof Freud's ouevre, leaving nothing standing on its feet. Roy Schafer, MertonGill, Robert Holt, all of them Americans criticized other aspects of Freud'sapproach by the same time: the early 70's. In 1977, Allan Rosenblatt andJames Thickstun wrote Modern Psychoanalytic Concepts in a General Psychology:they demolished Freud. John Bowlby demonstrated that Freud's theory ofpsychological evolution was wrong, that the Oedipus Complex existed onlyin his mind, that Little Hans was afraid of horses because his mother neglectedhim, not because he feared his father. Summing up, as far as I know, thereis not a single aspect of Freud's writings that hasn't been proved wrong.Freud was already wrong for the scientific world by 1980. So, I cannotunderstand what is the point to go on reading books about why Freud waswrong. Wouldn't it be far more enriching reading Freud and find his grossfaults by oneself? On the other hand, if psychoanalysts feel reluctantto go through such tediousness, we could all reach an agreement and publisha sort of Reader's Digest series on Freud's myths and inventions.

24/4/97, Marco Lussetti:
Dear Juan Carlos, I am so ignorant, that I shouldn't have written theword Freud in the first place. I don't know not even a book you quoted.But the title of Webster's book is a little bit misleading: Freud was notsimply wrong (nothing wrong with it: we judge his work after one century!),but he was cheating. He published false things (e.g. on Anna O.). Manyother patients were (mis)treated following his theories based on false(i.e., purposley forged) data. Why should I read (and waste my time) onFreud's book or on books on Fraud -- I mean Freud? (Don't worry, I am not.Only a rare bagatelle on a Greek beach with my Webster's book!). But whyare so many people still reading his work and waste even precious byteson Internet for him? That's a mistery I would like to understand (but Ican survive in ignorance)! ?8-))
Some weeks ago I met in Milan Gavin Andrews. He told me that in theUniversity he is teaching now in Sydney an after-degree student in psychiatrygot only 20 hours of teaching in psychoanalysis (probably for its historicalweight). That's life in Australia. How is it in Argentina where you teach:better or worse?

A presto (mi piacerebbe leggere tuoi interventi in Spagnolo: e' unalingua molto piu' musicale dell'inglese!).

24/4/97, Juan Carlos Garelli:
On 24/4/97 Marco Lusetti wrote:
>I am so ignorant, that I shouldn't have written the word Freudin the first place.
>I don't know not even a book you quoted.
That is probably because you must be much younger than I am (55).
> But the title of Webster's book is a little bit misleading: Freudwas not
> simply wrong (nothing wrong with it: we judge his work after onecentury!)

I disagree, he was wrong. The new generations should know it, in fulldetail, as his gibberish jargon has already become part of our culture,either in its original form such as the Oedipus complex or as derivativesof his second theory of instincts which implies children universally bearperverse (component) instincts thereby avoiding "spoiling" themhas become a must with the subsequent dire consequences for children whoare either victimized by their parents or neglected out of modern permissivepatterns of behaviour. See Diana Baumrind's profuse bibliography on theissue.

>but he was cheating. He published false things (e.g. on Anna O.).Many other patients
>were (mis)treated following his theories based on false (i.e.,purposley forged) data.

That is false. Webster is a bestseller book maker, not a writer, letalone somebody qualified to judge or label Freud a forger.

>Why should I read (and waste my time) on Freud's book or on bookson Fraud --
>I mean Freud? (Don't worry, I am not. Only a rare bagatelle ona
>Greek beach with my Webster's book!). But why are so many people
>still reading his work and waste even precious bytes on Internetfor him?
>That's a mistery I would like to understand (but I can survivein ignorance)! ?8-))

It's not a waste of time. I cannot explain at length why. Just a fewpoints: he was witty enough to make most of the right questions. His first(traumatic) theory on the origins of neuroses would have led him to unpredictablediscoveries. He changed to his second theory in 1900 (The Interpretationof Dreams, chapter 7) replacing the traumatic theory whereby peoplebecame neurotic because their having undergone perverse abuse during childhoodby the far more acceptable theory that it weren't the parents that wereat fault, but childish fantasies that formed part and parcel of the aetiologyof neuroses.

He might have shifted his stance on purpose or unwittingly, we don'tknow. But we must know what he did because the man has been and still isthe most influential figure in the realm of psychology. I deem it irresponsibleto ignore him, particularly now other authors, like Lacan and the Frenchschool is so direfully influential, as well as the plethora of psychoanalytic-orientedschools that keep growing like mushrooms all over the planet.

>Some weeks ago I met in Milan Gavin Andrews. He told me that inthe University
>he is teaching now in Sydney an after-degree student in psychiatrygot only
>20 hours of teaching in psychoanalysis (probably for its historicalweight).
>That's life in Australia. How is it in Argentina where you teach:better or worse?
"Aussies" know nothing about psychoanalysis because of theirintellectual dullness, not because they have thoroughly studied the disciplinefound it worthless and thereby decided to do away with it.
So, it isn't a matter of better or worse, it's a matter of ignorance.

Argentina is famous worldwide by the extraordinary repercussion psychoanalysisreceived, and we have the best specialists on any branch of psychoanalysisin the whole world. An assertion which by no means implies I agree withwhat people generally call "psychoanalysis".

25/4/97, Paolo Migone:
Caro Garelli, ti ringrazio per essere intervenuto in questa discussione,anche se mi sembra che il tono della tua mail sia un po' estremo, col rischiodi essere impreciso (ovviamente questa è solo una mia impressione,e potrei sbagliarmi).

Vorrei sottolineare una strana contraddizione della piega che ha presoil dibattito. Giovanni de Girolamo sembrava irritato da certe frasi diGill che io avevo riportato, frasi che gli sembravano troppo "di chiesa",troppo psicoanalitiche nel senso "fideistico". Ora tu citi proprioGill tra quelli che hanno maggiormente criticato vari aspetti della psicoanalisi.Penso che questo dia un'idea della confusione a cui si può giungerese non si sta attenti e se non si capisce bene di cosa si sta discutendo,se non si chiariscono bene i termini usati, se si fanno troppe generalizzazioni(e qui può darsi benissimo che sia stato io anche a non essere statochiaro)

Non solo, ma a me ha fatto molto piacere la tua mail perchémi sembra che abbiamo gli stessi interessi o abbiamo fatto le stesse letture.Conosco molto bene gli autori che citi, e i loro libri (molti dei qualinegli ultimi anni sono usciti anche in italiano) sono quelli a cui sonopiù affezionato.

Alcuni degli autori che citi (soprattutto Holt e Gill) per varie vicissitudinili ho conosciuti personalmente e ho stretto con loro profonde amicizie(consuetudini di fare le vacanze insieme, ecc. -- non ho mai detto a Giovanni,forse per non rovinargli la vacanza, che quando era ospite in casa miaal mare dormiva nel letto dove aveva dormito Gill, ma ora glielo possodire perché viene detto che Gill era un duro critico di Freud).Ero legato anche a Bowlby, ed è anche tramite lui che ho strettoamicizia con Liotti, un cognitivista che stimo molto e col quale sto scrivendoun ambizioso lavoro (Holt ne è molto interessato, e mi scrive lunghelettere di commento in cui lo discute riga per riga) (il nostro articoloha già ricevuto la prima valutazione dei referees dell'InternationalJournal of Psycho-analysis, e tra pochi mesi dovrebbe essere pronto).

Insomma, io considero gli autori che tu citi tra i miei veri maestri,i miei punti di riferimento a livello teorico: per quello che so io diloro, dato che li conosco molto bene, hanno (o avevano -- alcuni, comeGill, Bowlby, Peterfreund, ecc., sono morti) una profonda stima e passioneper l'impresa scientifica di Freud, e hanno dedicato tutta la loro vitaa correggerne i punti deboli e a proporre delle alternative.

Tu dici che i colleghi più giovani non sanno molte cose. E' vero,ed è anche per questo che ho voluto raccontare (nel cap. 13 delmio libro Terapiapsicoanalitica) la biografia personale e scientifica di Rapaport,Holt, Gill, G. Klein, Schafer e Rubinstein (ho tralasciato Peterfreund,una figura importantissima, perché ho voluto limitarmi ai membridel gruppo di Rapaport), ho tradotto vari lavori di questi autori, orasono usciti anche dei loro libri in italiano, ecc. (i colleghi capirannoche non posso dilungarmi qui perché altrimenti non si finisce più).

Un ultima osservazione riguardo al libro di Webster, citato dal collegaLussetti. Hai ragione nel dire che "Webster is a bestseller bookmaker, not a writer, let alone somebody qualified to judge or label Freuda forger". Vi sono oggi tanti libri come quello di Webster, cheinseguono la moda del jeu de massacre alle spese di Freud per venderelibri. Molti di questi libri sono approssimativi, scritti da studiosi dell'ultimaora. A questo proposito consiglierei Lussetti o chi altri fosse interessatoa leggere la dura critica di Holt a Webster in un saggio recensione suquesto libro (Psychoanalytic Books, 1996, 4: 511-519). Contrariamentea Webster, Holt ha dedicato la vita a studiare Freud, e lo critica, main un modo diverso. In questa recensione Holt dimostra molto bene lo sforzodi Webster non sia altro che quello di ripetere, in peggio, gli erroriche lui dice di vedere in Freud, soprattutto riguardo alla logica argomentativa,al rigore scientifico, e alla stessa concezione di "scienza"che Webster dice che Freud aveva.

P.S.: if you have trouble in understanding this letter, please let meknow, and I'll write it to you in English.

26/04/97, Gianni Guasto:
Modesta proposta: anziché parlare (pro o contro) "la"psicoanalisi, non si potrebbe cominciare a parlare "delle" variepsicoanalisi?

Un saluto

26/4/97, Paolo Migone:
La risposta richiederebbe infinite ore di discussione. Mi permettodi consigliare un libro tra i tantissimi che sono in commercio, quellodi Morris Eagle (1984) "La psicoanalisi contemporanea" (Bari:Laterza, 1988), che esamina tutte le principali teorie psicoanaliticheuna per una e le critica, con un certo rigore logico e attenzione ai datisperimentali (Eagle è stato per molti anni stretto amico e collegadi quasi tutti gli autori citati da Garelli nella sua mail del 24/4/96,e ha vissuto il dibattito di quegli anni da attivo e importante protagonista).

Vorrei anche dire che cercherò per un po' di astenermi dal dibattitocon Giovanni. Ieri ho telefonato a Giovanni per supplicarlo di fare unarmistizio in questo dibattito, perché non riesco più a trovareil tempo di fare altre cose importanti che devo fare, e ho provato la bruttasensazione di essere addicted alla lista (prima consumavo le serate,poi mi sono accorto che ho "abusato" anche di mezza giornatadi festa). Quindi vorrei sperimentare la mia capacità di astenermiper un po' dalla "sostanza". Un caro saluto a tutti.

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