| "Outsideof a dog, a book is a man's best friend. Insideof a dog, it's too dark to read." GROUCHOMARX GiovanniLiotti, Antonio Semerari, Maurizio Viaro L'approcciocognitivo nella psicoterapia del paziente grave, Seminaridella Società Italiana di Terapia Comportamentali - SITCC - e SINESIS, Bologna, autunno 1997; scheda a curadi Silvio Lenzi Il modelloclinico cognitivista ha mostrato negli ultimi venti anni un processo diprofonda revisione e trasformazione sia sul piano teorico che su quellotecnico. Verso la fine degli anni '70 Vittorio Guidano e Gianni Liottiiniziarono un lavoro di integrazione tra i concetti della teoria dell'attaccamentodi J. Bowlby e le teorie del cognitivismo allora quasi totalmente incentratesu posizioni razionaliste e sull' aspetto contenutistico della conoscenza.La teoria dell'attaccamento risultava e risulta ancor oggi particolarmentecompatibile con l'ottica cognitivista per diverse ragioni. In primo luogoperché si fonda su osservazioni sistematiche delle interazioni madre-bambinopiuttosto che su ricostruzioni retrospettive basate sulle fantasie delpaziente adulto (è stato detto da Grossmann che Bowlby èriuscito a "mettere in piedi" Freud); in secondo luogo perché utilizzaconcetti di derivazione etologica e cibernetica come quello di sistemadi controllo comportamentale anziché riferirsi a concetti motivazionalidi scarica energetica, considerando il sistema comportamentale che regolal'attaccamento come biologicamente fondato e finalizzato ad assicurarela sopravvivenza dell'individuo; infine perché la descrizione deiprocessi di interiorizzazione delle esperienze relazionali in termini dimodelli operativi interni è compatibile con i modelli cognitivistiche concepiscono il sistema conoscitivo umano come un insieme organizzatoda "schemi", "costrutti" che guidano l'elaborazione dell'informazione. Nonostantele numerose riserve che dall'interno del filone cognitivista furono e sonotuttora mosse a questi nuovi modelli, vuoi per il troppo risalto dato aiprocessi "taciti" di costruzione della conoscenza umana, vuoi per il tropporilievo ai dati storici e ai processi evolutivi, col rischio di perderedi vista il qui ed ora su cui si basavano i modelli comportamentistie cognitivisti, da questa impostazione presero le mosse da un lato un filonedi ricerca cognitivo evolutivo, principalmente incentrato nell'opera di G.Liotti sulla teoria dei Sistemi Motivazionali (per una esposizione introduttiva al punto di vista liottiano si veda l'articolo:La psicopatologia nella prospettiva cognitivo evoluzionista, Giornale Italiano di Psicopatologia, 1996, n. 3, 208-215), dall'altro lostudio, portato avanti principalmente da V. Guidano, delle organizzazionicognitive umane come sistemi che attivamente ordinano la realtàe autonomamente costruiscono la propria esperienza (V. Guidano, Il sénel suo divenire, Bollati Boringhieri, 1992). Si èarrivati così a mettere a punto una descrizione sufficientementecoerente e approfondita (vedi il Manuale di PsicoterapiaCognitiva a cura di B. Bara) di come a partire da determinati patterndi attaccamento si delineano i diversi itinerari di sviluppo lungo i qualiuna organizzazione cognitiva evolve verso crescenti livelli di complessità,andando incontro a tipiche modalità di elaborazione della conoscenzae a specifiche modalità di disequilibrio e scompenso clinico. Parallelamenteallo sviluppo di questi modelli si è assistito ad una modificazionedella metodologia terapeutica, nel senso di un suo allargamento di campo,dal presente con la ricostruzione e rielaborazione dell'esperienza conoscitivaattuale, alla ricostruzione dello stile affettivo, fino alla ricostruzionedella storia di sviluppo e delle modalità della relazione di attaccamentocon la figura primaria. Un tale ampliamentodi prospettiva teorica e clinica consente e, a mio giudizio, richiededi confrontarsi con le diverse aree della psicopatologia, mantenendo apertoil confronto e il dialogo con altri approcci psicoterapici. E' quantola Sezione Regionale della SITCC, Società Italiana di Terapia Comportamentalee Cognitiva e "Sinesis" associazione per la ricerca in scienze e terapiecognitive si sono proposti di fare tramite il primo ciclo dei "Seminaridi Autunno", iniziativa che negli intenti degli organizzatori si proponea cadenza annuale. Si è svolto infatti nell'autunno 97, presso lasede bolognese dell'associazione, un ciclo di tre seminari dal titolo L'approcciocognitivo nella psicoterapia del paziente grave, che hanno vistocome primo relatore - sul tema La disorganizzazione cognitiva del pazientegrave in psicoterapia - proprio il già nominato Giovanni Liotti,didatta e socio fondatore della Società Italiana di Terapia Comportamentalee Cognitiva. Sottolineando la dimensione interpersonale ed evolutiva deiprocessi conoscitivi, come è tipico del suo approccio (La dimensioneinterpersonale della coscienza, La Nuova Italia Scientifica, 1994)l'autore propone una descrizione delle caratteristiche cognitive, in particolaredei principali deficit metacognitivi nel disturbo borderline dipersonalità e nei disturbi dissociativi della coscienza, alla lucedelle modalità di attaccamento che sono ritenute tipiche di questidisturbi. Ai fini dell'andamento di una psicoterapia in genere e cognitivain particolare risulta centrale secondo Liotti l'incapacità chehanno questi pazienti di costruire e mantenere una organizzazione cognitivasufficientemente coesa e integrata. Ne deriva, e in questo risiede unadelle principali novità della proposta liottiana, la necessitàdi adeguare il setting e la strategia terapeutica al fine dello sviluppoe del ripristino delle capacità metacognitive e di costruzione eintegrazione dell'esperienza, prima dell'applicazione specifica delle diversetecniche e metodologie cognitive. Il tema deideficit cognitivi del paziente grave e della loro influenza sull'andamentodella psicoterapia è stato ripreso nel secondo dei seminari delciclo, dal titolo: La relazione terapeutica comestrumento di cambiamento nella terapia cognitiva del paziente grave,tenuto dal Antonio Semerari anch'eglididatta della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva.La tesi sostenuta da Semerari è in sostanza molto semplice, ma diestrema importanza per la terapia cognitiva del paziente grave: labuona sintonizzazione nella relazione con il paziente rappresenta un necessarioveicolo terapeutico senza il quale le normali tecniche e strategie terapeuticheperdono di efficacia. Sulla basedi un approfondito studio dei processi cognitivi nella relazione terapeutica(I processi cognitivi nella relazione terapeutica, La Nuova ItaliaScientifica, 1991) in cui l'autore esponeva ipotesi e verifiche empiricheriguardo alla formazione - in concomitanza di eventi relazionali significativi- di nuove strutture cognitivo-affettive con valenza terapeutica,Semerari ritiene - in linea con la concezione liottiana dell'influenzainterpersonale sulle modalità conoscitive - che solo in determinatimomenti della relazione in corso, denominati momenti di condivisione, siverifichi un aumento o un ripristino delle capacità metacognitive,tale da consentire una efficace applicazione delle varie tecniche cognitive.Le esemplificazioni cliniche da lui proposte nel seminario, basate sullatrascrizione di brani di sedute e su valutazioni tendenzialmente standardizzatedel livello di relazione in corso e del grado di metacognizione(vedi la scala S.Va.M.), hanno riguardato alcuni deficit funzionalicognitivi nei pazienti gravi e l'influenza su di essi di diversemodalità ed eventi relazionali. Se al di là del tema propostorisultano di estremo interesse in Semerari lo studio "empirico" tramitetrascrizioni di sedute e lo sforzo da lui compiuto di utilizzare modellie strumenti standardizzati per la valutazione del processo e dell'andamentodella terapia, questi aspetti metodologici sono stati messi a tema nelterzo dei tre seminari, quello tenuto da Maurizio Viaro, psichiatra e terapeutafamiliare. Nel terzoed ultimo seminario del ciclo, Applicazioni cliniche di analisi dellaconversazione: come cambia in terapia familiare il modo di parlare delpaziente schizofrenico è stato presentato il trattamento - attraversosedute di terapia familiare ispirate al modello dell'intervista circolaredel gruppo di Milano - di un paziente schizofrenico, analizzato attraversol'analisi conversazionale. Tale metodo, sviluppato nel corso di un lavoroormai ventennale da M. Viaro e P. Leonardi(vedi il loro testo fondamentale Conversazione e terapia, RaffaelloCortina, 1990) si ispira a metodologie empiriche di osservazione derivatedalla linguistica e dalla microsociologia e può rappresentare unostrumento potenzialmente utile per descrivere la seduta in ogni tipo dipsicoterapia, dove l'attività principale sia di tipo verbale. Laprecisione delle metodologie utilizzate nell'analisi permette di operazionalizzarele procedure di conduzione e di applicarle all'analisi del processo terapeuticoanche con elaborazioni quantitative. L'interesse che questo metodo rivestenon solo per il cognitivista ma per chiunque si occupi dello studio deiprocessi mentali è a mio parere duplice. Se infatti da un lato èormai frequentemente riconosciuto che la comprensione del funzionamentonormale e patologico della mente possa e debba passare attraverso lo studiodel linguaggio, dall'altra - e questo vale in modo particolare per chisi occupa di psicoterapia, la produzione linguistica rappresenta una fonteprivilegiata di verifica empirica con cui credo qualunque modello teoricoe pratico debba confrontarsi. E proprio in questo momento, in cui da unaparte i modelli della patologia mentale rigidamente biologiche si trovanoa confrontarsi con se stesse segnando spesso il passo di fronte alla complessitàdei fenomenti mentali, mentre dall'altra i paradigmi e i metodi delle scienzedi base sembrano aprirsi senza atteggiamenti eccessivamente riduzionistia quelle aree che un tempo erano appannaggio delle cosiddette disciplineumanistiche, i terapeuti cognitivisti sono chiamati a continuare a dareil loro contributo nello studio delle patologie psichiche e delle modalitàdi trattamento, all'insegna della loro impostazione che sempre si èispirata a canoni di scientificità.
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