La scuola della memoria. L'utilizzo delle tecniche di ricognizione biografica nella rialfabetizzazione di adulti, sofferenti psichici, istituzionalizzati . di Linda Alfano Docente del Corso Francesca Romana Scaletti Docente del Corso Rossella Valdré Direttore Tecnico Comunità "Skipper" Scuro Nero Il mare Che si muove anche di notte Ha cullato il mio cuore Per la vita (P.B., 54 anni, ospite dello "Skipper) Con la collaborazione di Maria Cerminara, Educatrice dello "Skipper" L'esperienza dello "Skipper". Presupposti teorici Metodologia d'intervento Dal diario di scuola Obiettivi e riflessioni ( di Linda Alfano e Francesca Romana Scaletti, docenti del corso) Quale metodo di lavoro con il gruppo sono state individuate le tecniche di ricognizione biografica, che consistono in racconti retrospettivi in prosa che soggetti "reali" fanno della propria esistenza, mettendo l'accento sulla loro vita individuale ed in particolare sulla storia della loro personalità. Hanno mediamente frequentato il corso, nell'anno 98-99, nove pazienti, di cui due hanno conseguito la Licenza Elementare (con regolari Esami di Stato), e ai rimanenti sette è stato consegnato un Attestato di frequenza (allo scopo di "attestare", per tutti, il valore della partecipazione). L'idea pedagogica sottesa alla pratica di ricognizione biografica si fonda sull'auto-formazione, sul progetto di vita, sull'elaborazione autonoma di senso, sull'appropriarsi del sapere da parte del soggetto. Raccontare la propria biografia, infatti, significa cominciare a riappropriarsi del potere (auto)formativo, mettendo a confronto le diverse esperienze, solitamente misconosciute, che emergono rivisitando i legami con gli altri, con le cose e con se stessi. Un punto importante è che le pratiche biogafiche mettono sullo spesso piano l'esperto e il soggetto in quanto persone dotate di una storia, del diritto-dovere di interpretarla e darle un senso. Si tratta di una vera e propria "arte dell'esistenza": l'esercizio del raccontarsi implica infatti un linguaggio complesso, fatto di idee e rappresentazioni (di sé, degli altri, del mondo), di emozioni (positive o negative), di valutazioni, di relazioni significative (ci si racconta a qualcuno per qualche scopo). Le attività autobiografiche ci permettono di ricostruire, di interrogarci su noi stessi, di progettare. Hanno cioè una finalità "trasformativa", educativa e/o autoeducativa per il soggeto stesso. Vi è dunque la possibilità di riconsiderare l'esperienza vissuta per poi esplicitare un progetto di vita ossia, attraverso la costruzione della propria biografia, di allargare l'orizzonte temporale e creare un'apertura sul futuro, ivi compresa l'elaborazione della propria morte. In sintesi, la frequentazione di queste pratiche implica, come ha evidenziato Josso (1991): - Una presa di distanza necessaria per rivedere il proprio sviluppo personale e raccontarlo a sé e agli altri;
- La responsabilizzazione personale del soggetto rispetto alla propria (auto)formazione
- La costruzione di un orientamento significativo che finisca per trasformare la storia di ciascuno anticipandone la continuazione
Il prodotto delle pratiche biografiche è una storia, cioè una costruzione, un racconto, che si fa insieme agli altri: non un'autovalutazione asettica né una descrizione oggettiva, né un elenco di fatti con un loro significato intrinseco. Il suo valore di storia la rende trasformabile, trascrivibile, un prodotto sempre incompiuto e misterioso. Le pratiche discorsive che accompagnano le biografie vanno dalla semplice condivisione collettiva (orale) di ogni storia, alla discussione dei temi, alla ricerca di modelli ripetitivi, di somiglianze e di differenze, ad una vera e propria attività di analisi e di ricerca sui racconti. Queste ultime attività costituiscono processi di esplicitazione e interpretazione molto importanti nel dar senso alle storie. Per essere efficaci, le pratiche biografiche qui proposte richiedono l'esercizio collettivo della conversazione collaborativa, che deve avere le sue regole: ognuno viene responsabilizzato rispetto alla discussione in atto; c'è la massima libertà di contenuto e di tono; linguaggio, metafore, interpretazioni e premesse vengono rispettati e non giudicati; tutti assumono una posizione di ascolto attivo (accettante e insieme critico); tutto quello che viene detto è importante e merita di essere ascoltato; ogni idea viene presa in considerazione per quello che è, idee diverse possono convivere in quanto non c'è l'obiettivo del consenso. Questo esercizio si rivela una pratica educativa particolarmente importante nel contesto di una educazione alla vita collettiva. Nella realizzazione pratica del laboratorio di ricognizione biografica ci si è riferiti ad alcuni criteri: - La singolarità del laboratorio stesso che si manifesta negli interessi dei partecipanti, nelle interazioni/connessioni già esistenti. Per costruire una proposta significativa è necessario entrare in comunicazione; non ha senso proporre una metodologia standard preconfezionata. In effetti la contrattazione fa già parte dell'impresa educativa autobiografica;
- La necessità di porre vincoli: solitamente si tende a sottovalutare l'importanza delle regole e si dimentica che "il vincolo non limita semplicemente i possibili, ma è anche opportunità" (Prigogene, Stengers). Nei contesti biografici i vincoli dovrebbero essere come regole di un gioco: sufficientemente elastici ed espliciti da permettere future trasformazioni.
- Il setting: si è ritenuto opportuno strutturare un setting di tipo narrativo nel quale ogni racconto biografico è stato considerato una storia con un narratore ed un pubblico capaci di mettere in gioco un sapere interpretativo, simbolico e condiviso.
Un setting di questo tipo si apre a linguaggi personali, emotivi, metaforici che, pur privilegiando il verbale, non si limitano ad esso; ad esempio, si può usare immagini, movimenti, suoni, sia come stimoli che come elementi della narrazione, che come sintesi di un percorso avvenuto. Questa apertura permette di far dialogare tra loro mondi diversi, che sarebbero incommensurabili e difficilmente confrontabili all'interno di un approccio logico-razionale: quei mondi irriducibili e personali che gli individui costruiscono nelle loro vite e che solo la narrazione riesce a far convivere. A conclusione del percorso formativo potrà emergere questa è l'ipotesi che guida il presente progetto premesso il recupero e il potenziamento delle capacità residue dei singoli pazienti, una più chiara consapevolezza del disagio e dei suoi punti nodali, la capacità di raccontarsi e di dare l'avvio all'elaborazione della fine del proprio percorso esistenziale, compito ineludibile del soggetto anziano. Parallelamente al laboratorio di ricognizione biografica sono state proposte schede di lavoro che, per le loro caratteristiche di percorso strutturato in passaggi graduali minimi, costituiscono a nostro avviso una proposta didattica accessibile a questo tipo di utenza. Le proposte sono state suddivise in cinque fasi. Ogni fase corrisponde ad un modulo su cui riflettere e lavorare. Le proposte operative vanno reiterate per tutto il tempo necessario ai soggetti per esibire la prestazione richiesta, variando il contenuto delle proposte, ma lasciando inalterata la gradualità del percorso. La prima fase è quella delle attività propedeutiche, in cui gli allievi vengono accostati al lavoro con modalità piacevoli che non umilino l'età, non banalizzino gli sforzi e non alzino i livelli d'ansia, per cui sono stati presentati disegni da completare e colorare, simboli, titoli di giornale, marche pubblicitarie al fine di preparare i soggetti a trarre inferenze, a prendere in considerazione ciò che non è immediatamente evidente, a realizzare collegamenti reali e mentali. Nella fase successiva ci siamo proposte di allenare gli allievi a realizzare inferenze semantiche. Dapprima sono state le poesie ad introdurre le inferenze, facilitate dalla rima e dal ritmo, poi i personaggi di racconti da indovinare a seconda di ciò che dicono (collegamento tra una persona e un determinato contesto linguistico); successivamente sono state le descrizioni degli oggetti e dei luoghi un tempo conosciuti. La terza fase corrisponde all'attività "dell'anticipare": per abituare i soggetti a porsi in modo attivo di fronte alla lettura si offrono indizi stimolanti come fotografie, disegni, didascalie, titoli di giornale da osservare, da identificare attraverso dialoghi e situazioni comunicative, attivando conoscenze e schemi già presenti nella memoria. Quarta fase: cogliere la struttura. Si utilizzano storie da scomporre e ricomporre in parti, ognuna corrispondente ad un fatto, per far acquisire la capacità di rappresentare in sequenze ordinate il contenuto di un testo. La comprensione delle singole parti conduce, infine, alla comprensione complessiva. Anche in questa fase si lavora mediante l'uso di schede, disegni e fotografie che sollecitano i soggetti a distinguere i vari piani e gli elementi di sfondo rispetto a quelli principali. La quinta fase, selezionare le informazioni, ha lo scopo di sviluppare la capacità di rilevare informazioni in testi che esplicano funzioni diverse (indicazioni in una scatola di medicinali, libretto di istruzione programmi televisi) e quindi la capacità di distinguere ciò che non è essenziale al mio scopo da ciò che lo é. Le informazioni da cogliere sono proposte così come si reperiscono dall'ambiente risultando, perciò, spesso difficilmente accessibili a soggetti in difficoltà. Questa fase del lavoro è quindi mirata a potenziare le strategie necessarie ad organizzare i dati della realtà in rapporto alle proprie esigenze. La procedura di insegnamento è quella del Modeling (apprendimento per osservazione di modelli) dove inizialmente è l'insegnante a fornire il modello, pensando ad alta voce, mentre formula le domande da farsi per attivare la comprensione; l'insegnante fornisce esempi di strategie all'interno di ciascuna fase del lavo ro, mentre si dà delle autoistruzioni sulle strategie da adottare. Partendo da questi esempi si coinvolgono gli allievi in discussioni centrate sul "Problem solving" nelle difficoltà di comprensione. In seguito, si lascia il controllo delle autoistruzioni agli allievi stessi aiutandoli a formulare le opportune domande. Nel caso di soggetti in grave difficoltà può essere utile l'acquisizione mnemonica di alcune domande chiave.
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