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Blogger: "Mamma, parlano di me su un sito di psichiatria!"

Mater: "Ah.. finalmente l’hanno capito che sei pazza…"

[Margherita Ferrari (http://underbreath.splinder.com/)], postato in Underbreath il 26 gennaio 05]




Luce oscura (della mente)

Recensione di Alfredo [ http://www.lessness.splinder.com/ ]

“A una riflessione radicale, dunque, perfino il mondo degli esseri umani costituito intersoggettivamente si costituisce in realtà per me attraverso le pure connessioni della mia coscienza. (Edmond Husserl)

“La dimensione labirintica del Sé si risolve nel raggiungimento dell’unità dell’Io, cioè nel processo costruttivo dell’identità personale, che tuttavia arriverà a recidere la trama delle connessioni e a trascendere il flusso labirintico su cui questa stessa trama si era sviluppata”. (Mario Galzigna)

“Ogni volta che c’è una metafora c’è anche da qualche parte un sole; ma ogni volta che c’è il sole, allora la metafora è cominciata”. (Jacques Derrida)

“Più che il vizio, dice Proust, sono la follia e la sua innocenza ad inquietare. Se la schizofrenia è l’universale, il grande artista è proprio colui che supera il muro schizofrenico, e raggiunge la patria sconosciuta, là dove non c’è più alcun tempo, alcun ambiente, alcuna scuola”. (Deleuze-Guattari)

1.

“Io è un altro”; “Gli altri sono l’inferno”. Da sillogismo filosofico a paradigma della cura, il senso è sovvertito. Verremo a capo di questo nodo solo nell’appendice, che non sta lì per caso.
Difficile dopo una parte introduttiva (pp. 20-26), in cui la libertà espressiva, tra citazioni (Gadda, Deleuze, Leibniz, Spinoza) e disordine barocco, è al suo massimo, calarsi nel libro reale. La pratica clinica o i compiti dell’epistemologia sembrano agli antipodi della segreta conoscenza propria dell’anima barocca. Calarsi in un teatro di voci che dilegua verso il sogno non sembra essere lo stesso che il rimanere prigionieri delle voci interiori imperiose o dei sintomi propri delle malattie psicotiche. Eppure il libro sembra proprio ricercare questo rapporto, ma quale rapporto ci può essere tra il reale quotidiano e banale e le fantasticherie barocche!
La complessità dell’anima barocca è un edificio su due piani: piano inferiore che si curva, si piega, muta in rapporto al mondo esteriore, si affaccia sul mondo; piano superiore chiuso, buio, ma punto di vista unico, buia stanza in cui risuonano le molteplici voci del mondo (p. 25). La monade, “senza porte e finestre”, limite del mondo illimitato.
Per aprirsi al mondo l’anima deve prima richiudersi su se stessa, “la chiusura è la condizione dell’essere per il mondo”. Il buio della stanza è metafora del buio dell’anima in cui il tempo si dissolve, è “il dileguare verso i fuochi misteriosi del sogno” dell’io. “Nei tormenti e nei sogni dell’anima barocca... la fantasia separa lo spazio dal tempo”. Nessun nesso logico o temporale in questo teatro dell’anima popolato di voci, di ricordi disordinati; un teatro desolato tenuto in piedi da un ordine interiore, un’identità articolata su un disordine esteriore. “Labirinto del continuo nella materia e labirinto della libertà nell’anima”. “In realtà la materia non è un continuo, ma un discreto diviso in atto all’infinito” (Leibniz)
L’enigma delle radici e la cosmoanalisi è uno dei capitoli chiave del libro. Il cosmo include e abita il soggetto: il cosmo come ambiente, storia, mondo. “Il luogo è la superficie del corpo ambiente” (Descartes).
Parzialità della follia: si ragiona anche all’interno della follia – “un resto di ragione” (Hegel). Tutte le passioni sono alienanti; sulla base dell’analogia evidente tra passione e follia è possibile riconsiderare la cura, riconducendo la follia alla sua primitiva espressione, che è il carattere di ogni passione. Si potrebbe dire che la follia è solo una passione continuata, senza un’adeguata mediazione del pensiero. Condurre il mondo nel soggetto (Deleuze), piuttosto che alienarlo al mondo. C’è in tutti noi un nucleo di follia che si chiama libertà interiore (Gauchet) capace di produrre il nostro asservimento a un sé senza fondamento esterno.
Dal punto di vista unico della monade leibniziana alla “sospensione” o “messa tra parentesi” del mondo (epochè) della fenomenologia di Husserl, non c’è un cambiamento prospettico, ma una
ricerca di senso propria di una coscienza che non nega il mondo, ma lo riduce (insieme al Cogito), ad atto intenzionale. L’assenza di un senso dato dell’esistenza sostituisce il dubbio cartesiano, ovvero “ogni cogito ha per cogitatum cose, uomini, oggetti o stati” (Husserl), è un percepire un mondo già dato.
A partire dal capitolo sui “processi costitutivi” Galzigna formula la domanda principale a cui il libro tenta di dare una risposta: “Come può l’intenzionalità terapeutica rivolgersi al mondo interno del soggetto malato senza conoscere i processi storici che lo hanno ‘costituito’ ?”
Il processo di costituzione dell’io non può avvenire contro il mondo, ma solo al suo interno. Si può arrivare a definire la malattia psichica, in senso lato, come la perdita dei ricordi poiché il ricordo non è mai qualcosa di dato, di attivo, ma viene sempre prodotto, secondo la geniale intuizione di Proust, a partire da sensazioni e esperienze presenti che lo riportano in superficie, lo “riattivano” (p.116). Il malato ossessionato e fissato su un presente che gli appare eterno e immutabile ha perso la sua storia; ha perso la capacità di andare in fondo ai ricordi per scoprire ciò che ha generato il suo stato attuale di disagio.
“La perdita delle immagini è la più dolorosa delle perdite. Significa la perdita del mondo. Significa: non c’è più nessuna esperienza [...]. Nell’immagine ho abbracciato il mondo, te, noi.” (Handke cit. da Galzigna)

2

La materia della mente (Edelman) e quindi il mondo nella mente è la metafora di un vissuto corporeo o in carne e ossa (Husserl); è un percepire le “cose del mondo” come possibilità dell’esperienza corporea.
“La conoscenza dell’interazione tra corpo proprio e metafora – tra Leib e rappresentazione psichica verbalizzata – potrebbe, in altri termini, gettare nuova luce su alcune disfunzioni ideative, su alcune deformazioni deliranti, dando allo psicoterapeuta la possibilità di ricondurle, con relativa certezza, alla centralità del vissuto corporeo. Il delirio, dunque, come spia di un rapporto disturbato tra il paziente e il proprio corpo. La successione, ovviamente, potrebbe essere rovesciata, rimanendo ugualmente significativa: da un’anomalia percepibile (o intuibile) del vissuto corporeo alla comprensione di certe distorsioni rappresentative, oppure di un certo deficit della funzione metaforica (p. 117) ”.
Questo è, a mio parere, uno dei passi più significativi del libro. In altre parole, non si hanno idee deliranti, ma un corpo incapace di esperire il mondo come sua estrema possibilità e tradurlo metaforicamente nel proprio mondo mentale, cioè nel proprio vissuto.
“Non c’è percezione senza affezione”, ma è possibile ritrovare la purezza dell’immagine (del mondo) solo liberandola dall’affezione (Bergson); non più sensazione ma parola, pura idealità. Questa incapacità ideativa o di creare metafore è la perdita del mondo (la terra) come luogo sicuro, luogo in cui si è a casa e si sta presso di sé. Ritorniamo al concetto di piega, da Leibniz a Mallarmé: “La piega è infatti al tempo stesso sesso, fogliame, specchio, libro, tomba, tutte realtà che essa riunisce in un certo sogno molto particolare di intimità. [...]. Possiamo rappresentarci il posto che occupano le cose solo con metafore. Il luogo, il posto in cui le cose appaiono..., il ricettacolo, la matrice, la madre, la nutrice, tutte queste formule fanno pensare allo spazio che contiene le cose” (Derrida)
Galzigna si chiede a più riprese se il discorso psichiatrico è stato ed è ancora funzionale alla cura dell’altro o ad un potere di controllo delle menti.
Espressioni come “non guaribilità; irreversibilità dei processi schizofrenici” o quella di “sintomo primario” non rientrano nella diagnosi della malattia, ma nel paradigma ideologico che non considera il “soggetto sofferente”, ma solo la malattia.
Vale la pena citare Deleuze di Differenza e ripetizione: “Non è altri a essere un altro Io, ma l’Io un altro, un Io incrinato. Non c’è amore che non cominci con la rivelazione di un mondo possibile in quanto tale, involto in altri che lo esprime. Il volto di Albertine esprime l’amalgama della spiaggia e dei flutti: ‘Da quale mondo sconosciuto lei mi distingueva ?’ Tutta la storia di questo amore esemplare, è la lunga esplicazione dei mondi possibili espressi da Albertine, che ora la trasforma in soggetto affascinante, ora in soggetto deludente.” È attraverso il mezzo del linguaggio che “l’altro da realtà ai mondi possibili che esprime”. È sempre la “funzione del linguaggio” che porta all’ “interiorizzazione della differenza” (Deleuze, D.R.).
Tra i molti volti del mio Io ce n’è uno nel quale io mi riconosco, ma che si nasconde tra le infinite pieghe della mia anima, delle mie identità. Questa differenza del tutto interiore è la garanzia della mia unità solo se non smarrisce il suo rapporto col mondo. “Dobbiamo imparare a spostare le nostre intensità vitali verso la terra... Ritrovare un rapporto con il cosmo.”
Blogosfera come spazio virtuale autonomo svincolato dal tempo della vita; “esposizione della propria identità in un circuito comunitario e comunicativo”. (p. 60). La rete può apparire come un extra-mondo, in particolare la blogosfera in cui il linguaggio, e solo il linguaggio, rivela l’altro a se se stessi. “Vediamoli, questi desideri inaccettabili, che popolano l’inferno dell’inconscio freudiano” (Appendice p. 162). Il sogno come regolatore delle pulsioni attraverso, da un lato la loro parziale cancellazione o soppressione, dall’altro la loro modificazione e riordinamento. (p. 163). Sembrerebbe non esserci via di scampo al sacrificio pulsionale all’interno delle società; i compromessi, la nostra censura interna, saranno ricompensati (p. 163). Superare l’interiorizzazione delle istanze censorie sostituendo loro l’interiorizzazione della differenza, accettando le nostre anime plurime, le incrinature dell’Io, le altre voci e non la voce della coscienza. Passare, come dicono Deleuze e Guattari da un inconscio molare, repressivo, ad un inconscio molecolare che “delira”.... (p. 168), “In verità, la terra diventerà un giorno luogo di guarigione” (Anti-Edipo, p. 439)

[ http://www.lessness.splinder.com/ ]

Testi citati:
1)J.P. Richard in J. Derrida, “La doppia seduta”, in La disseminazione, pp. 266-267, Jaca Book.
2) J. Derida, “La farmacia di Platone”, in La disseminazione, p. 186, Jaka Book.
3) G. Deleuze, Differenza e ripetizione, pp. 335-336, Raffaello Cortina 1977


APPROFONDIMENTI


1)Luce oscura (della mente) di Alfred
[http://www.lessness.splinder.com/]

2) Il mondo nella mente di Barbara68
[http://al-diwan.blogspot.com]

3) Una breve riflessione di Marina Bellini
[ www.piublog.it]

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Presentazione della Rubrica

Questa Rubrica è pensata come uno spazio aperto ai punti di vista di noi adulti, ma soprattutto ai punti di vista delle bambine e dei bambini, degli adolescenti, delle ragazze e dei ragazzi. Si tratta di dar voce alle nostre identità, a volte sospese, incerte, fluide; ma soprattutto ai loro sguardi sul mondo: il mondo che vedono, che vivono, che immaginano, che costruiscono.

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