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Indicazioni e riflessioni prodotte dai gruppi di lavoro

 

 

 

Il ruolo dei medici di medicina generale nel lavoro di rete.

-Ridefinire e prevedere nel ruolo dei medici di medicina generale l'impegno per un efficace lavoro di educazione e promozione della salute mentale in una visione olistica dell'individuo che dia spazio e dignità sia ai classici approcci epidemiologici e bio-medici che sociosanitari.

-Individuare competenze ed obiettivi specifici professionali in relazione al ruolo centrale e basilare che svolge il medico di medicina generale nel tessuto socio sanitario territoriale e nelle famiglie:

  1. Riconoscere la funzione di sentinella epidemiologica del disagio psichico.
  2. Qualificare l'informatizzazione esistente negli studi medici con software dedicati alla costruzione di reti informatiche di collaborazione fra medici e con i DSM, con gli altri operatori dei diversi servizi, enti ed istituzioni.
  3. Prendersi cura dei problemi semplici di natura psichiatrica (anche attraverso l'implementazione dell'uso di tests diagnostici) ed affrontare in collaborazione con gli specialisti la gestione periferica di casi complessi e la riabilitazione delle cronicità.
  4. Progettare programmi formativi specifici sulla base dell'analisi dei bisogni primari del territorio e rimodulare gli interventi proporzionalmente al livello di collaborazione e implementazione delle linee guida raggiunti.
  5. Prevedere risorse per l'attività formativa vincolate al raggiungimento degli obiettivi e delle competenze specifiche professionali.
  6. Organizzazione del lavoro nel superamento della visione ospedaliera valorizzando i servizi territoriali: individuare nell'ambito delle equipes assistenziali o di ogni forma di associazionismo medico il referente competente per ogni problematica sanitaria e assistenziale.
  7. Stabilire periodicamente le verifiche e la validazione delle attività in un processo di integrazione funzionale delle figure professionali coinvolte con pari dignità nella rete.

 

 

Gli interventi degli Enti Locali nel lavoro di rete.

L'assenza dei Comuni ha prodotto la sanitarizzazione della salute mentale e si manifesta come sintomo di non conoscenza rispetto alla salute pubblica.

Come si può chiedere ai Comuni di impegnarsi in sanità e in salute mentale?

Bisogna individuare processi di partecipazione attiva dei cittadini.

Si sono chiusi gli ospedali psichiatrici attivando di fatto un processo di delega ai medici ed a privati profit e non-profit.

Questa impostazione consente agli amministratori di costruirsi un alibi per non occuparsi della salute mentale.

Il Comune che declina questa presa in carico è costretto ad occuparsene quando i cittadini raccolgono le firme per i problemi legati alla sicurezza sociale producendo anche attraverso queste pratiche situazioni di solitudine ed emarginazione che ricadono sulle famiglie degli utenti.

La 229 gioca un ruolo forte attraverso il patto tra Comuni e ASL ponendo la questione della salute mentale dentro la questione sociale. Va, però, evidenziato il fatto che la rete non è data nei sistemi delle zone ma è da mettere in manutenzione.

Il processo di costituzione della rete è, inoltre, anzitutto politico-culturale poi, tecnico-professionale.

Esiste nei fatti una separazione tra sociale e sanitario anche nei programmi o piani regionali e persiste, soprattutto nelle periferie, la carenza di personale specializzato e di strutture idonee.

I Comuni inoltre devono essere chiamati non solo per il ruolo istituzionale ma per tutti i fattori di rischio per i quali un cittadino possa ammalarsi.

Recuperare il ruolo dei Comuni significa recuperare la dimensione sociale del problema.

Il DSM non può leggere da solo il territorio e non è auspicabile una azione a circuito chiuso.

Non si tratta di dare qualche casa o un po' di appalti alle cooperative di tipo B, ma di realizzare una politica che favorisca processi collegati all'inclusione delle fasce deboli.

Compito dei Comuni, infatti, non è quello di aprire case famiglia, ma di favorire le condizioni affinchè ciò possa accadere.

Si tratta, ancora, di costruire processi di prevenzione forti superando, per esempio, la scissione fra DSM e scuola.

La Legge quadro prevede piani di zona realizzati attraverso accordi di programma tra soggetti pubblici e privati con un costante contatto fra essi.

 

Il ruolo del privato sociale nel lavoro di rete.

  1. Il Ministero del Lavoro e le disposizioni dei legislatori, sia a livello nazionale sia a livello locale, devono tener conto del III settore e delle esigenze specifiche delle fasce deboli.
  2. Sono necessari strumenti legislativi, in ambito non sanitario, che modifichino il mercato del lavoro per consentire l'attuazione del diritto al lavoro degli utenti psichiatrici.
  3. Si avverte la necessità di strumenti legislativi chiari attraverso i quali sia possibile l'integrazione tra privato sociale e servizi sanitari pubblici, evitando il rischio che il privato sociale, favorito dalla snellezza delle procedure, possa assumere una delega totale che no salvaguardi la qualità delle prestazioni e provochi, anzi, un danno sia agli utenti sia ai suoi stessi lavoratori.

Il Progetto Obiettivo sulla salute mentale dovrà contenere indicazioni precise anche per salvaguardare il ruolo paritetico del privato sociale.

E' indispensabile prevedere e garantire la copertura economica dei suddetti provvedimenti legislativi impegnando in tal senso le relative finanziarie.

4- Istituzione per legge di una consulta all'interno dei DSM, composta dai rappresentanti del DSM, del privato sociale, degli Enti Locali, delle associazioni di utenti dei familiari, che non si limiti ad una programmazione locale, ma che elabori proposte per il miglioramento delle leggi regionali.

Riferimenti normativi.

  1. Legge n.833 del 23 dicembre 1978 articoli 33, 34, 35, 64
  2. Decreto Legislativo 229/1999 —Riforma Ter-
  3. DPR 10.11.1999 "Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale 1998-2000
  4. Legge quadro 18.10.2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

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