Decima e ultima parte di dieci parti (Vai alle parti 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9) Da Sciacchitano a Perrella Milano, 27 settembre 1997 Caro Ettore, so che sei molto impegnato con Spaziozero. Approfitto del ritardo della tua risposta per chiederti una consulenza su Paolo. Non ti stupire. Come forse non immagini, sono di formazione cattolica. Don Giussani fu mio professore al liceo e partecipai a Gioventù Studentesca, prima che diventasse Comunione e Liberazione. Il cardine della mia formazione religiosa, oggi il fondamento del mio ateismo, è che la fede nasce dalla carità. Detto in altri termini, Dio per me non è inconscio ma è un effetto evidente del legame sociale. A questo proposito, ti scrivo per chiederti una buona traduzione dal greco di Corinti I, 13, 13. La versione tedesca e quella francese discordano un po'. La Bible de Jérusalem riporta: "La foi, l'espérance et la charité demeurent tous les trois, mais la plus grande d'entre elles, c'est la charité". L'Einheitsübersetzung più romanticamente traduce: "Fürjetzt bleiben Glaube, Hoffnung und Liebe (sic), diese drei; docham größten unter ihnen ist die Liebe". La citazione paolina è pertinente e molto rilevante per il nostro dibattito, a mio giudizio. La psicanalisi fa la sua apparizione (nel senso di sua Epifania), in forma che può essere giudicata, nel legame sociale tra analisti e non analisti. Perciò una politica della psicanalisi non può farsi correttamente se non passa per il rinnovamento del legame sociale tra di noi, la metanoia dei Greci. Tale legame è da riformare, se si vuole riformare la psicanalisi. Il resto, le commissioni, le leggi, i ministeri, ci vogliono, ma sono secondari alla politica della psicanalisi. Il processo primario rimane, per dirla con Freud, il legame sociale tra di noi. Dico questo perché mi sembra che l'interesse per il legame sociale sia stato relegato in secondo piano tra noi (e portata in primo piano la falsa questione della formazione psicoterapica). Allora quel che resta della mia formazione cattolica si inquieta. Aspetto la tua consulenza e ti auguro buon fine settimana, Antonello Da Perrella a Sciacchitano Padova, 29 settembre 1997 Caro Antonello, da quel che ho capito dalla tua del 27, a quella data non avevi ancora ricevuto la mia risposta del 24, che pure ti avevo mandato (a meno che non si siano prodotti inconvenienti di trasmissione). Sulla riunione di ieri del Direttivo di Spaziozero, che è andata molto bene, non mi soffermo, pensando che ti abbia già informato Contardi. L'aspetto essenziale è comunque che la svolta suggerita da te nella tua lettera "paolina" e da me in un mio intervento alla riunione sembra a tutti che sia da tentare. Spaziozero deve veramente diventare un movimento politico, e per questo credo che si debbano affrontare i punti su cui divergono le opinioni al nostro interno, dal momento che esse, pur essendo divergenti, come tutte le cose divergenti, sono anche convergenti. Contardi mi ha informato della riunione a Milano per la nuova associazione psicanalitica lacaniana; spero di poterci essere, ma non ne sono sicuro, per via d'un seminario che dovrebbe essere in contemporanea qui a Padova. Anche Galli vuole pubblicare su Psicoterapia e scienze umane il nostro epistolario... A questo punto dobbiamo veramente rendere pubblicabili le nostre lettere... Tu sistema le tue, e io sistemerò le mie. Manderò fra breve il mio testo sull'uno a Rovatti, per posta. Ora veniamo a San Paolo. Io non avuto una formazione cattolica, e questo mi lascia la possibilità di pensare di non essere ateo. Il testo di cui mi chiedi suona così, tradotto parola per parola: "Ma per adesso [nynì] rimane [ménei] la fedeltà, la speranza, l'amore [agápe], questi tre: ma la maggiore fra queste cose è l'amore". Poche considerazioni linguistiche. Nynì è il tempo dell'attesa della rivelazione (apokálypsis) grazie alla quale si potrà vedere il divino direttamente, e non più per speculum in aenigmate. È il presente dell'attesa fiduciosa e anticipante della rivelazione. L'anticipazione della rivelazione ha la triplice forma di ciò che rimane-insistendo triadicamente (le tre "virtù teologali"). La pístis greca, come la fides latina, significa fedeltà prima che fede. La credenza non c'entra nulla. Si tratta della fedeltà all'alleanza, cioè alla Parola (anche al Logos, che ne è principio). La speranza è l'apertura all'avvento della rivelazione (cioè del ritorno del Logos nel giudizio), mentre l'agape è certamente l'amore. "Carità" è una traduzione totalmente insulsa. Anche oggi in Grecia per dire "ti amo" alla fidanzatasi dice s'agapò. Le tre virtù hanno un verbo al singolare, che potrebbe essere anche retto per anticipazione dal plurale neutro ("queste tre cose"), ma grammaticalmente mi pare retto da ciascuna delle tre, come se tutte e tre fossero una sola cosa (perciò accennavo prima alla triadicità della loro relazione). Spero che queste indicazioni frettolose ti siano utili. Comunque sia, viva la tua preparazione cattolica: finalmente ho trovato qualcuno che ha capito che il problema posto dalla trasmissione della psicanalisi si risolve solo sul piano più alto dell'amore. In verità questo piano è tanto alto, che tutti noi preferiamo pensare che si tratti d'una metafora, mentre si tratta della materia stessa della nostra vita. A presto, Ettore
Torna all'Indice dell'Area "Psicoterapie" |