PSICOPATOLOGIA E CRIMINALITA'. Lcuiano Bonuzzi
UAN BREVE PREMESSA DLAL'ETÀ DI MEZZO AI TEMPI MODERNI FERMENTI DOTTRINALI ALLE ORIGINI DELL'ETÀ CONTEMPORANEA CRIMINALITÀ E ORGANIZZAZIONE ANATOMICA CONTRIBUTI CLINICI ALLA CRIMINOLOGIA
Una breve premessa Il confronto fra la criminologia e la psichiatria nasce dall'esigenza empirica, storicamente determinata, di verificare l'eventuale presenza di un disturbo mentale in chi trasgredisce la legge. In tale confronto, che muove fra vertiginose ambiguità, non vi è nulla di scontato. Già ad una semplice e superficiale osservazione appare infatti evidente come il confronto in parola si ponga fra due ordini di sapere diversi: da una parte la psichiatria, che è una branca della medicina, e dall'altra il diritto con le sue regole e con le sue opportunità sociali storicamente mutevoli. Il fondamento del diritto, in effetti, non è stabile. Basti pensare che reati come l'eresia e la magia che sostanziavano ampiamente la giurisprudenza del passato sono oggi estranei ad ogni moderna normativa. Si noti, inoltre, che non sembra possibile avanzare una definizione naturalisticamente data ed oggettiva, né del criminale né del crimine, prescindendo dal contesto sociale e dall'intenzionalità di chi agisce: altra cosa, infatti, è uccidere in guerra nell'adempimento di un dovere civile ed altra cosa, invece, è uccidere a scopo di rapina. Comunque inadeguato è poi ogni approccio riduttivamente naturalistico alla figura del criminale. Il campo di indagine della criminologia, che è volta a rendere comprensibili le motivazioni di chi trasgredisce la legge, appare insomma più mosso ed antropologicamente più complesso rispetto al semplice studio astratto delle norme e delle trasgressioni. Si tratta, in altre parole, di mettere a fuoco le concrete possibilità che il criminale ha avuto o non ha avuto di uniformare la propria condotta alla legge. Il compito della criminologia, fra tante incertezze, è pertanto quello di illuminare l'essere-nel - mondo, l'umana presenza, l'intenzionalità di chi, nel mondo della vita, si confronta con l'altro-da-sé all'insegna della trasgressione, avendo ben presente che ogni trasgressione è sempre marcata da una sorta di sigillo, di testimonianza dello stile personale che può rivelare, o non rivelare, l'impronta della malattia. L'essere-nel-mondo si declina con il corpo che non va però considerato come mera struttura naturalistica anche se la naturalità costituisce l'a-priori di ogni umana presenza. Nel mondo dell'uomo, che è storicità incarnata, il corpo va inteso piuttosto come corpo-vissuto che si può aprire all'esistenza dell'amore e dell'amicizia, ma può anche smarrire ogni autentico profilo nel banale commercio quotidiano, o esplodere, addirittura, nelle forme trasgressive dell'aggressività incontrollata. L'esistenza autentica, che è sempre co-esistenza, implica, in ogni caso, un fondamentale rapporto di familiarità e di rassicurante intesa con quanto circonda e sostanzia il proprio mondo. Questa familiarità è garantita dall'ordinamento dell'abitare e da quello del rango. L'ordinamento dell'abitare delimita lo spazio dove si organizza la vita offrendo garanzie e sicurezza nei confronti di ciò che è estraneo; in questo spazio si organizza poi l'ordinamento gerarchico del rango che orienta e modula i rapporti familiari e sociali. L'esistenza che si apre al tu dell'amore e dell'amicizia presuppone, appunto, la sicurezza entro il proprio ordinamento. Quando invece esplode l'aggressività trasgressiva, mentre il mondo diventa opaco e il tu decade ad oggetto, si configura l'intrusione nell'ordinamento degli altri; in questo caso il dis-ordine dell'abitare e del rango frantumano ogni familiarità provocando la rottura di quell'equilibrio relazionale che rende possibile la convivenza civile (1). Per cogliere le cause di questo dis-ordine, che talora si impone con radicalità inaudita come nel parricidio o nel matricidio, sono state avanzate, fin dall'esordio della medicina scientifica, differenti teorie biologiche che, per lo più, tradiscono l'intento di presentare il criminale in prospettiva ontologica, quasi fosse determinato da esclusive ed immodificabili cogenze immanenti alla natura. Le moderne teorie biologiche che correlano la plasticità dell'encefalo all'ambiente superano peraltro il solco apodittico del determinismo valorizzando, nello sviluppo della personalità, la storia psicologica e sociale e, ad un tempo, l'evoluzione biologica (2). In ogni caso, è certo consono alla realtà umana il tentativo di cogliere il significato che riveste il crimine nella biografia di una personalità, quella del criminale, che non di rado, quando si abbandona alla trasgressione, risulta travolta dalla paurosa percezione di un pericolo incontrollabile. In questo contesto la fatalità della malattia e la fragilità personologica vanno sempre ipotizzate in quanto possono sostanziare il turbamento psichico. Ma si sa come le teorie scientifiche, con le quali si spiegano le malattie, siano caduche almeno quanto sono mutevoli il diritto e la cultura che lo esprime. Nella storia della psichiatria criminologica una catena di teorie diverse deve, in effetti, confrontarsi con le convenzioni giuridiche di culture altrettanto diverse. Per quanto, in particolare, riguarda la storia dell'Occidente è poi indispensabile seguire due motivi, quello classico e quello giudaico-cristiano, che hanno avuto pari risonanza. In realtà la sola storia di ciò che è lecito e di quanto non è lecito conosce questa duplice radice; la storia dell'approccio scientifico alla malattia, anche alla malattia mentale, esordisce invece con la sola cultura greca quando, abbandonando il pensiero magico grazie alle argomentazioni scientifiche dell'umoralismo, la malattia si differenzia dall'universo del male che sostanzia la condizione umana. Ma la complessità culturale e la ricchezza dell'Occidente permettono anche di individuare itinerari scientifici e giuridici particolari che, pur aperti ad ogni reciproca influenza e suggestione, rivelano una sostanziale continuità ed originalità. La tradizione francese, germanica, italiana etc. non sono di certo estranee l'un l'altra, ma rivelano, nel contempo, aspetti singolari, geograficamente e storicamente connotati. Proprio per non appiattire questa ricchezza e vivacità della tradizione europea, risultano pertanto ben motivate anche analisi relativamente circoscritte, come la presente che resta tendenzialmente ferma alla sola cultura italiana. Dopo il Mille è, del resto, possibile individuare forti motivi che, lungo la penisola, si tramandano coordinatamente: la comune parlata in volgare, la religione cattolica e il ricordo della tradizione classica sono, appunto, il filo conduttore che permette di tentare un racconto abbastanza unitario nonostante la frammentarietà delle vicende economiche e politiche che caratterizzano i numerosi stati italiani. Un simile percorso storico muovendo fra modelli scientifici caduchi e regole giuridiche mutevoli, sullo sfondo di una cultura in costante movimento come quella italiana, vuole testimoniare, innanzi tutto, la consapevolezza della precarietà del sapere; questa storia, tuttavia, intende anche porsi come traccia luminosa che - grazie all'analogia, alla metafora e all'ambiguità dell'allusione - permette di correlare mondi umani diversi e lontani, ma mai radicalmente estranei. © POL.it 2000 All Rights Reserved |