Tavola rotonda promossa dallAssociazione «Laura Saiani Consolati» in collaborazione con «Psychiatry on line», Fondazione della Comunità bresciana e Sol.Co
La «Legge 180» tra applicazione e cambiamento
A confronto sui servizi psichiatrici
dal Giornale di Brescia di venerdì 24 gennaio 2003
«Non cè alcun motivo di cambiare la Legge 180 sulla salute mentale. Bisogna applicare i piani attuativi, che sono di competenza regionale». Così Bruno Norcio, psichiatra al Dipartimento di salute mentale di Trieste. A Norcio risponde Maria Pia Maglia, rappresentante dellAssociazione per la riforma dellassistenza psichiatrica che da anni si batte per una nuova legge sulla psichiatria, in grado di correggere mancanze e limiti dellattuale situazione legislativa. «Non capisco perché ci si deve ostinare a ritenere la 180 una buona legge: sono trascorsi 25 anni, e solo dal 1999 sono stati chiusi ufficialmente i manicomi, anche se di fatto la realtà manicomiale esiste ancora, basta visitare i Servizi psichiatrici di diagnosi e cura o alcune realtà territoriali».
Lalternarsi di pareri a favore o contro la «180» si è susseguita per una mattinata, alla tavola rotonda promossa dallAssociazione «Laura Saiani Consolati» in collaborazione con «Psychiatry on line», Fondazione della Comunità bresciana e Sol.Co. La parlamentare Maura Cossutta, ha parlato di «applicazione o controriforma». «Le proposte di legge in dicussione nelle Commissioni parlamentari nellultimo anno sono state scritte in un contesto politico e culturale di restaurazione: si ritorna al concetto di cronicità, violenza, alla priorità della garanzia dellobbligatorietà della cura. Del resto, credo che la storia della psichiatria segua di pari passo la storia del nostro Paese: attaccare la 180 e quello che ne è seguito, significa attaccare lidea di welfare. Le proposte di legge presentate, peraltro nemmeno finanziate con la Finanziaria, pongono laccento sullobbligatorietà della società a curare, un modo per sottolineare il diritto della società a controllare le persone.
Cè bisogno di una nuova legge? Certo che no. Sulla psichiatria è già stato detto tutto quanto fosse possibile dire, il problema è che non è stato attuato quanto era previsto. Nostro compito è, dunque, non quello di rifare la legge, quanto quello di denunciare i punti critici esistenti e di favorire la stesura di progetti-obiettivo che concretizzino i principi generali della legge stessa». Progetti-obiettivo che, secondo la parlamentare bresciana Chiara Moroni (Nuovo Psi), che lo scorso luglio ha presentato una sua proposta di legge, « non hanno finora dato alcuna garanzia di applicazione». «Condivido alcuni principi della 180 - ha detto lon. Moroni - . Il mio spirito non è quello della controriforma, perché mi sento legata alla 180 e alla profonda rivoluzione da essa stimolata. Non condivido lidea di controllo sociale svolto dalla legge, così come non condivido il ricovero coatto per presunta pericolosità della persona. Penso tuttavia che gli attuali progetti-obiettivo, almeno nelle regioni in cui esistono, abbiano delle lacune, perché non garantiscono al malato un percorso sanitario protetto. Tra Servizi psichiatrici di diagnosi e cura e assistenza territoriali spesso non esiste dialogo: si crea uno stato di abbandono dei malati e delle famiglie che non era certo nelle finalità della 180».
Tutto da rifare, dunque? Dopo 9 riunioni della Commissione affari sociali della Camera, la proposta di legge «Burani Procaccini» anzichè passare allesame dellAula, è stata riposta nel cassetto. In vista del nuovo assetto federale dello Stato e del varo della devolution, allo Stato resterà il compito di fissare le linee di principio, poi saranno le Regioni a doverle applicare. Ma non era già previsto anche dalla «180»? La voce del genitore di un ragazzo con problemi di salute mentale, al termine dei lunghi e articolati interventi della tavola rotonda, ha riportato tutti con i piedi in terra: «Perché fare una nuova legge, se i servizi ora esistenti non funzionano in gran parte perché mancano fondi per assumere personale medico e non solo? Perché una nuova legge, quando non ci sono prospettive di aiuto concreto ai malati e alle famiglie, anche in termini previdenziali?». I problemi non si risolvono creandone altri. (a. d. m.)
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